Era il 12 gennaio 2014 quando Angelo Mariano Fabiani tornò alla direzione generale della Salernitana. Esattamente quattro anni e sei mesi, nel calcio un’eternità. Vi era già stato prima, stagione 2007/2008, vittoria granata in terza serie. Insomma cinque anni tondi. Ma il vero calcolo della sua era granata si fa appunto da quel 12 gennaio 2014 ad oggi. Quando ritornò, ebbe il compito di aggiustare la squadra col mercato, per renderla idonea ad un’altra scalata verso la B: doveva sfoltire e migliorare, verbi che conosceva e conosce a memoria. Oggi la missione è un’altra: nella stagione del centenario, costruire una squadra ambiziosa, in grado di lottare per i piani alti della classifica, da zona playoff insomma.

Discusso mille volte, indicato come responsabile di cose che spesso erano imputabili ad altri, Fabiani è riuscito sempre a mostrarsi uomo di calcio di caratura notevole, rimediando ad errori, avendo buone idee, adeguandosi sempre alla linea Lotito, cioè andare avanti senza rompersi le tasche e la testa. Le intuizioni non sono mancate. Il mercato, da buon allievo di Moggi, è il suo regno. La recentissima cessione d’oro di Sprocati è l’attualità. Ma c’è stato molto altro da segnalare: da Coda a Empereur, valorizzando e cedendo al miglior offerente. Vittorie di campionato in C, salvezze miracolose e discreti campionati. Manca la ciliegina sulla torta sua e della Salernitana da lui modellata: si chiama Serie A.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 12 luglio 2018 alle 14:00
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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