In questi giorni dedicati alla ipocrisia più totale, stiamo leggendo una serie di frasi che vanno più o meno in questa direzione: "Gli eroi sono i medici, non chi tira calci ad un pallone", "Perchè per i calciatori i tamponi sono immediati" e "E' vergognoso non vogliano rinunciare agli stipendi". Posto che rimarcare l'importanza di medici, infermieri, farmacisti, camionisti e forze dell'ordine è abbastanza inutile e che ognuno, nel suo mestiere, è un "eroe" se lo svolge bene (anche il giornalista, a modo suo, sta avendo il merito di lavorare senza campionati in corso offrendo un servizio gratuito che consente alla cittadinanza di distrarsi per un paio di minuti), vorremmo dire a tutti questi suonatori di mandolino che proprio questa "casta di viziati e superpagati" è l'unica ad aver messo mano alla tasca per svariati milioni di euro trasformando alberghi privati in ospedali, donando cifre da capogiro, reperendo respiratori e mascherine in giro per il mondo. Tutto con l'aiuto di quel mondo ultras etichettato come violento, ma che invece sta dando vita ad una catena di solidarietà internazionale che non conosce ostacoli, etnie e barriere. Una lezione per tutti, da parte di quel calcio che vede guadagni milionari in quegli atleti che producono il doppio di quanto percepiscono. Facile dire "Se non lo fanno loro con questi soldi" e "E' il minimo che gli spetta". No, signori. Non esiste nulla di dovuto e ciascuno, in base alle proprie possibilità, è tenuto ad aiutare il prossimo senza limitarsi a sparare sentenze che non servono assolutamente a nulla. Lo sport deve ripartire, assolutamente. Ne va della credibilità del sistema e della salute socio-economica degli italiani. Senza questo pallone che rotola la crisi sarà decisamente profonda. 

Sezione: News / Data: Mar 31 marzo 2020 alle 16:00
Autore: Gaetano Ferraiuolo
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