Non sarà l’emergenza coronavirus, ma una tragedia è sempre una tragedia. Come il terremoto del 23 novembre del 1980, una data che da queste parti è impossibile da dimenticare. Anche per chi, come Pasquale Viscido, in quei giorni indossava la maglia della Salernitana, tentando l’assalto alla vetta della classifica di serie C. "Era un’annata particolarmente positiva fino a quel momento si era creato un grande entusiasmo con mister Lamberto Leonardi in panchina, avevamo battuto in casa la Cavese, che era la grande favorita del torneo e poi vinse il campionato".


Che ricordi ha di quel pomeriggio terribile?
"Si giocò Salernitana-Turris al Vestuti. Faceva un caldo incredibile per essere novembre. Fu una gara stregata, che riuscimmo a pareggiare solo in extremis grazie a Zaccaro. La scossa avvenne quando già eravamo tornati a casa, ricordo che stavo guardando la partita che la Rai mandava in chiaro…".
C’è qualche analogia con l’emergenza attuale?
"Noi siamo rimasti fermi due settimane. In quei frangenti non si pensava al calcio, non abbiamo proprio fatto allenamento per oltre dieci giorni. Era difficile pensare al calcio giocato in quei momenti. È comunque un gioco e per forza di cose finisce in secondo piano rispetto a quello che succede intorno a te, chiunque pensava ad altro".
Come si riprende dopo una sosta così lunga?
"Dal punto di vista mentale si può solo cercare di ripartire. Bisogna provare a cancellare quello che è successo e guardare al futuro. Noi accusammo il contraccolpo alla ripresa, quella tragedia ci tarpò un po’ le ali, eravamo a ridosso delle primissime posizioni del campionato e finimmo per salvarci".
Che idea si era fatto della Salernitana di Ventura?
"Tecnicamente mi stava convincendo. Quello che non mi convince è sempre la strategia societaria, sembra sempre di assistere allo stesso finale. Si dice di puntare a qualcosa, noi tifosi ci illudiamo di poter ambire a qualche traguardo importante e puntualmente svanisce tutto. Credo che al momento non ci sia volontà da parte della società di puntare alla serie A. Spesso mi hanno accusato di non essere tifoso, ma non è così. Vorrei che la Salernitana calcasse i campi di serie A, sarei tra i più felici…".
Della sua esperienza al settore giovanile, invece, che ricordi ha?
"Sono stato il primo allenatore del settore giovanile quando sono subentrati Lotito e Mezzaroma: mi hanno assegnato la Juniores del Salerno Calcio e non è stata un’esperienza indimenticabile. Mi fu detto giustamente che il primo anno sarebbe stato di sacrificio, di assestamento. Ma poi ho visto che anche in seguito le cose non sono migliorate particolarmente. I professionisti che vengono ingaggiati vanno valorizzati, invece temo che su quest’aspetto ci siano ancora lacune importanti. Diciamo che ci vorrebbe maggiora attenzione, la società dovrebbe curare maggiormente il settore giovanile, sotto tanti aspetti".
Eppure prima la Salernitana sfornava diversi giovani del vivaio…
"Sono stato nelle giovanili granata anche durante la presidenza Aliberti. C’era innanzitutto grande attenzione sul territorio, il responsabile del settore giovanile Enrico Coscia girava tutta la Campania e la provincia di Salerno per cercare ragazzi promettenti, atleti come Cardinale o Molinaro sono stati presi da ragazzini, arrivando poi anche in prima squadra. Penso anche a giocatori come Piccolo, D’Ambrosio, Rispoli, Zoro, gente che ha giocato stabilmente in serie A o in B. Queste sono le vittorie di un settore giovanile, riuscire a sfornare giovani su giovani, non vincere i campionato. Quanti giocatori ha lanciato la Salernitana negli ultimi anni? Se non è un campanello d’allarme questo…".

Sezione: News / Data: Gio 26 marzo 2020 alle 12:30 / Fonte: La Città
Autore: TS Redazione
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