C’erano una volta i ventimila dell’Arechi, quel muro umano che amava a prescindere la squadra del cuore e che proprio nei momenti di difficoltà si stringeva al fianco del cavalluccio marino trascinandolo verso acque meno agitate. Di partite vinte grazie all’ausilio del pubblico ne è piena la storia, quella storia che racconta di un Vestuti sempre pieno pur con 30 anni di fila in serie C, presidenti senza soldi e obbligo di raccogliere l’incasso per pagare l’arbitro e iniziare regolarmente la partita. I tempi cambiano, le società cambiano. Prima a Salerno non c’erano altre attrattive che la Salernitana, il senso di appartenenza era diverso e per strada non si parlava d’altro che di calcio. Oggi, invece, la concorrenza è spietata e le televisioni a pagamento propongono ogni giorno campionati e spettacoli sportivi di ogni genere spingendo il tifoso medio a restare a casa se si gioca un “semplice” Salernitana-Entella. E’ questo il primo motivo della fuga dagli spalti: i cambiamenti della società.

Oggi si interpretano regolamenti a piacimento anche a causa della disinformazione di chi cavalca l’onda del malcontento popolare per un click in più, due pareggi di fila sono sufficienti per coniare il neologismo del galleggiamento e si pretende la serie A dimenticando che due volte su 100 rappresentano un elemento di riflessione che va ben oltre le multiproprietà e le succursali. Il secondo motivo è riscontrabile nei social. Oggi la gente non lavora, è frustrata e spesso si aggrappa ad argomenti popolari per sfogarsi. Il clima di violenza verbale sui social, alimentato da chi rappresentava il Governo fino a poco tempo fa, si arresterà soltanto quando arriveranno provvedimenti esemplari. Se vai allo stadio, sostieni la squadra, cerchi di essere costruttivo e tuteli la Salernitana sei magicamente colluso, retribuito dalla società o passibile di minaccia. Da parte di quelle stesse persone che creano pagine Facebook anonime sparando a zero contro chiunque quasi come non aspettassero altro che una sconfitta. Ed è chiaro che il tifoso indeciso, leggendo tante cose distruttive, può quasi credere che sia tutto vero e resta a casa. Probabilmente gli stupidi ci sono sempre stati, ma non avevano modo di manifestarlo sul web. Il terzo motivo è la crisi economica. Oggi una famiglia non può permettersi di spendere 100-150 euro al mese per una partita di calcio: non si arriva a fine mese, la vita costa ed effettivamente le iniziative come il “Tutti uniti” dovrebbero essere proposte ogni giorno anche per riconquistare quelle nuove generazioni cresciute a pane e fallimenti (per colpa di presidenti oggi idolatrati) e che stentano ad affezionarsi alla prima realtà calcistica cittadina.

Chiaramente il bagno di folla per il centenario, con numeri da capogiro e un entusiasmo devastante a Salerno e provincia, conferma che la passione per i colori granata è rimasta la stessa, forse è cambiato il modo di viverla. Purtroppo molte persone non riescono ad identificarsi in questa squadra e sono scottate da un quadriennio quasi in fotocopia e che ha regalato più dolori che gioie. E’ assolutamente legittimo che dopo il girone di ritorno dell’anno scorso ci sia scetticismo e prevalga la scelta di seguire a distanza in attesa dei risultati, ma i risultati si raggiungono anche grazie ai tifosi e ci chiediamo che voce in capitolo potranno avere gli assenti che pretendono…senza dare. Onore e merito, dunque, ai 4500 che sabato pomeriggio saranno allo stadio. Non esistono tifosi di serie A o di serie B, ma una vecchia frase assai di moda ai tempi del Vestuti dice che “ogni sportivo ha il dovere di sostenere e supportare la squadra del cuore in tutti gli stadi d’Italia”. In fondo una contestazione, eventualmente, può essere fatta pur garantendo appoggio alla Salernitana nei 90 minuti. E non ci pare che Lotito, a Roma, si sia fatto spaventare o scoraggiare dalla presa di posizione di 60mila persone…

Sezione: News / Data: Gio 28 novembre 2019 alle 13:30
Autore: TS Redazione
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