Ognuno ha il suo destino. Angelo Gregucci s’è detto «pronto a tutto» pur di tirare fuori la Salernitana da quest’anonimato che spaventa forse ancor più del pericolo (per ora non realmente materializzatosi) di lottare per non retrocedere. Il tecnico granata vive la sua vigilia più lunga: sa di giocarsi una buona fetta di futuro domani a Livorno, e non perché la società abbia voglia d’esonerarlo, anzi, ma perché potrebbe esser lui ad arrendersi dinanzi a un’altra mancata risposta d’una squadra che gli ha rinnovato “fedeltà”. La teoria, però, adesso è fuori tempo. Servono i fatti, i gol, i punti, ché senza quelli ogni buon proposito diventa cartastraccia. Il discorso sul feeling tra il trainer e la Salernitana, intesa come proprietà e dirigenza, è importante perché nessuno, né formalmente né implicitamente, ha dato i famosi “sette giorni” a Gregucci dopo la sconfitta contro il Crotone. L’allenatore è stimato, apprezzato, e anche la piazza, in una scala di responsabilità, lo lascia in coda, malgrado il rendimento nelle dodici partite della sua gestione non possa esser ritenuto soddisfacente, anzi. E però ci sono quelle parole, ad un tratto sfociate quasi in un “flusso di coscienza” al tramonto della gara persa domenica scorsa, che rimbombano nella testa: "Io sono uno ostinato, vedrete che questa squadra cambierà. Se non ne sono convinto... Me ne vado". In molti l’hanno interpretato come un ultimatum dato a se stesso, dopo essersi interrogato su «isterismi, poca lucidità, condizione psicologica totalmente da correggere perché agonisticamente non ci eccitiamo e io non so questi ragazzi quale tipo di depressione abbiano», e aver ricordato che «ho allenato squadre scarsissime ma che avevano un’identità che ora non riconosco».

Sezione: News / Data: Ven 15 marzo 2019 alle 14:00 / Fonte: La Città
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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