Come un segno del destino. Quando Mattia Ravanelli, cognome pesante e figlio d’arte, ha chiamato papà Fabrizio per dirgli che avrebbe giocato con la Gelbison, nel campionato di serie D, al mitico “penna bianca”, oggi allenatore dell’Arsenal Kiev, è (ri)passata davanti una vita. Vallo della Lucania, la provincia di Salerno. "Una terra di calcio, cui mi legano ricordi incancellabili", parola d’un 50enne che da bomber ha vinto tutto con la Juventus, scalando l’Everest del successo con l’umiltà di chi ha “fame” di diventar grande. Partiamo da quest’amarcord salernitano, Ravanelli. "All’Arechi ho esordito con gol nella Nazionale azzurra. Italia-Estonia. Impossibile dimenticarlo". È storia del 25 marzo del 1995, d’un match di qualificazione a Euro ’96. E però pure allora le “rinfacciarono” quel rifiuto al club granata nel 1990, vero? "Quando ricevetti la proposta dalla Salernitana ero già d’accordo con la Reggiana. Vengo da una famiglia modesta ma con sani principi: per me una parola data vale più di dieci contratti firmati. Così a Salerno ci ho giocato poi solo da avversario. Una grande piazza, uno stadio da serie A". Sa che, ovviamente, il sogno dei tifosi è di tornarci, nel massimo campionato. "Possono fidarsi del tecnico scelto. Stefano Colantuono è stato mio allenatore a Perugia, quand’ero già a fine carriera. Un professionista esemplare, che sa imporre le sue idee con personalità. Spero raggiunga tutti gli obiettivi fissati con la società, perché lo merita la passione dei salernitani, una piazza che per me non rappresenta soltanto quel debutto in Nazionale".

Sezione: News / Data: Gio 13 settembre 2018 alle 22:30 / Fonte: La Città
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
vedi letture
Print