Si dice che ogni allenatore di calcio per tracciare un bilancio parziale ma già attendibile del suo lavoro debba attendere i primi 100 giorni. A Gian Piero Ventura ne sono bastati 84 per (ri)prendere la Salernitana dalle macerie e ricostruire una speranza ch’è anzitutto passione e partecipazione popolare, oltre che un secondo posto in classifica su cui, un’estate fa, forse - o senza forse - neppure il più accanito tra gli ottimisti avrebbe creduto. Sì, perché il 15 luglio, mentre sotto il solleone una squadra ancora largamente incompleta cominciava il ritiro di San Gregorio Magno, sarebbe stato quantomeno azzardato anche solo prender sul serio la previsione d’una media-rendimento da due punti a partita nelle prime sette giornate, e questo al netto delle lettere d’intenti scritte a quattro mani e firmate da Claudio Lotito e Marco Mezzaroma nella primavera scorsa, prim’ancora che la situazione precipitasse e che i granata rischiassero di retrocedere in serie C. L’andamento reale della formazione del cavalluccio marino è invece la più emblematica espressione d’una svolta-lampo, favorita da una maggiore incisività della società sul mercato, almeno nella tempistica dei rinforzi. Tutto finalizzato a definire più in fretta possibile la classe chiamata a studiare la materia calcio del maestro Ventura, idea complessa, che non si mette in pratica dopo poche lezioni. È per questo che lo stesso ex ct della Nazionale azzurra, riavvolgendo il nastro di questi 84 giorni di lavoro, non perde mai occasione per sottolineare che quell’auspicato processo d’assimilazione dei concetti che sono alla base del suo gioco, della sua mentalità, sia stato più breve di quanto si potesse immaginare.

Sezione: News / Data: Mar 08 ottobre 2019 alle 22:30 / Fonte: La Città
Autore: TS Redazione
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