16-6-16. Le grandi contraddizioni dei trustee sono tutte contenute nei comunicati emessi in queste date. Partiamo dal 16 novembre, quando la piazza aspettava la fatidica fumata bianca ma si ritrovò - suo malgrado - a commentare una situazione obiettivamente disastrosa. "Nessuna offerta è stata accettata", e poi uno sproloqui ricco di termini arcaici che alimentarono soltanto confusione e nervosismo. Come si poteva liquidare una tifoseria in trepidante attesa con una nota di quel tipo? Inaccettabile trattare una società di calcio come fosse un'azienda che vende computer o frigoriferi: da mesi, troppi mesi, decine di migliaia di persone convivono con la paura di scomparire dal professionismo dopo anni di sacrifici, sostegno incondizionato e passione smisurata. Non è un problema di categoria, sia chiaro: erano in 11mila (gli stessi di Salernitana-Verona in A, per intenderci) anche quando un branco di ragazzini in maglia rossoblu batteva il Monterotondo e dava un calcio alla serie D. Ma nessuno poteva aspettarsi che il grande sogno si trasformasse in un calvario, tale da spingere la curva quasi a chiedere di staccare la spina pur di non prolungare l'agonia. Qualcuno, in verità, provò a gettare acqua sul fuoco, invitando tutti a ragionare a mente fredda senza farsi prendere dal panico: "Non ci sono riferimenti a problemi di natura economica, evidentemente le cordate interessate devono solo sistemare le carte e firmare qualche documento in più. Problema formale e burocratico, ce la faremo". Le cose non sono andate proprio così.
Il 6 dicembre, sollecitati dal Centro di Coordinamento Salernitana Club, i trustee provarono quantomeno a dare rassicurazioni parlando di "offerte da valutare" e "10 giorni per assumere le determinazioni". Sembrava fatta, davvero. Anche perchè alcune cordate concretamente interessate furono contattate telefonicamente e liquidate con un "Grazie lo stesso, stiamo chiudendo un'altra trattativa". Il 16, poi, la fumata nerissima. Nessuna cessione, nessuna trattativa in stato avanzato, nessuna offerta vincolante, nessuna caparra del 5% e, poi, nessuna proroga da parte della FIGC. Critica con Lotito e i trustee (forse per quei famosi "paletti" da tutti ritenuti ostativi), pronta a far rispettare "accordi sanciti dalle parti interessate, contenuti in atto notarile inoppugnabile", ma ironica nell'affermare che "portiamo tutti a cena, scommettiamo che entro il 31 ci sarà la cessione o, comunque, la firma del preliminare che permetterebbe di guadagnare altri 45 giorni". Uno stillicidio, anche più mortificante dello spettacolo inguardabile offerto da una squadra che, casualmente (?) è crollata progressivamente proprio dopo il primo comunicato di metà novembre. Per la serie "già in molti erano scarsi, poi hanno anche smesso di combattere e gli 0-5 in casa sono solo logica conseguenza". Mister Colantuono (cui ritorno non ha portato nulla, pur con tutti gli alibi del caso) ha lanciato il grido d'allarme in diretta tv nazionale: "Abbiamo provato a mascherare tutto, a parlare solo di calcio. Ma la situazione pesa e non vediamo nulla all'orizzonte". Da lì si è capito che si andasse verso una direzione pericolosa.
L'ultima nota dei trustee ha scatenato reazioni anche prevedibili. Il gruppo lussemburghese guidato dall'italiano Di Silvio assicura di aver proposto 40 milioni di euro, Implenia si è fatta avanti ma le uniche dichiarazioni ufficiali provengono da "collaboratori esterni" che sono ben informati ma non fanno parte dell'azienda, la Platinum Square esce allo scoperto e giura che entro il 29 ci sarà un bel regalo per la città di Salerno (ma su quali basi sono a conoscenza di trattative teoricamente segrete?), la dirigenza palesa pessimismo per la prima volta in questi sette mesi convulsi, molti giocatori hanno già la valigia pronta e la mente altrove e qualcuno tenta di salvare il salvabile o coinvolgendo imprenditori che hanno già fallito la scalata nel grande calcio o che non hanno risorse sufficienti e propongono una soluzione tampone per guadagnare tempo. Tutto mentre i tifosi, dando lezioni di dignità, si dicono anche pronti a ripartire dalla Promozione pur di non assistere a questo scempio che fa ridere e indignare l'Italia pallonara. Ripetiamo, i tifosi: lo sfogo dei frustrati sui social non è minimamente accostabile al popolo di fede granata, quello che soffre, gioisce, ama e versa lacrime amare senza necessariamente alimentare il tutti contro tutti sfruttando la visibilità della Salernitana. Chi vuol bene alla squadra non fa dietrologia, non se la prende con giornalisti, opinionisti o persone che ci mettono la faccia la sera di Natale e meritano rispetto, non ripropongono video preistorici o foto modificate con appositi programmi: sono spariti per mesi, ricompaiono ora con il solo intento di diffamare e, dietro la tastiera con nickname spesso fasulli, si confermano soltanto degli anti Salernitana a caccia di like.
Ma i veri responsabili, ovviamente, sono altri. C'è chi se la prende con il direttore sportivo Fabiani e i suoi collaboratori per alcune scelte di mercato bocciate inesorabilmente dal campo, chi con Castori per aver pensato di salvare la categoria semplicemente con grinta, muscoli e buona volontà, chi con un'amministrazione comunale clamorosamente assente dopo le passerelle in occasione di centenario, promozione e trasferte decisive. Quella che ha ultimato i lavori con sette mesi di ritardo e che, a distanza di quasi 16 anni, non ha saputo mettere a norma la curva Nord. Ma i nomi e cognomi sono principalmente due: Claudio Lotito e Gabriele Gravina. Dal primo ci aspettiamo ancora le scuse. Non le ha fatte quando un manipolo di teppisti laziali ha aggredito i salernitani, non le ha fatte pochi giorni fa quando non è stata approvata la proroga. Improvvisamente ha perso la lingua dopo anni di rinfacci, attacchi e atteggiamenti ritenuti provocatori, al punto da essere il più contestato della storia al netto di 4 campionati vinti in tempo record. La sua uscita di scena cancella un decennio positivo e soprattutto chi ha creduto nella vecchia società oggi si sente tradito, arrabbiato e pronto a contestare. Altro che "lecchini" e "collusi"!. I palloni gli sono stati restituiti, può tornare definitivamente da dove è venuto. Il passo indietro da parte nostra è ora doveroso: evidentemente qualche offerta estiva c'era (non una trattativa chiusa, sia chiaro), ma ha prevalso la voglia di guadagnare il più possibile o, comunque, di "sfidare" la FIGC ipotizzando rimborsi milionari post esclusione. A scapito di una tifoseria immensa come quella granata, maledetto dio denaro.
Ma anche Gravina ha le sue colpe, perchè iscrivere squadre che realizzano plusvalenze fittizie o hanno centinaia di milioni di euro di debiti condannando una società sana alla cancellazione è davvero clamoroso. Così come è clamoroso che un presidente, dopo anni di investimenti, non possa restare alla guida di un club di sua proprietà perchè parente o affine di Lotito. Assurdo, specialmente in tempi di crisi economica. Ma siamo in Italia. Laddove il presidente della Lega Pro Ghirelli guida una categoria che registra fallimenti ogni anno ma punta il dito sulla Salernitana che, evidentemente, garantisce più popolarità a livello mediatico. Ad ogni modo siamo certi di una cosa: comunque vada a finire...non finirà il primo gennaio. Facciano quello che vogliono, costoro. Siamo stanchi ed impotenti rispetto a questo teatro che mette in scena un dramma sportivo con attori e comparse colpevoli in egual misura ed un pubblico che non ha più nemmeno la forza di fischiare. Ma, come previsto dal bando pubblico, restituissero oggi stesso il marchio al Comune. La squadra, intesa come società sportiva, sarà pure di loro proprietà, ma il cavalluccio, il nome e la maglia granata sono la storia della città e va salvaguardata. Che sia Salernitana-Venezia il 6 gennaio 2022 o derby con il Pomigliano.
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