Siamo tutti d'accordo che l'attuale situazione della Salernitana sia ascrivibile principalmente a due componenti: la vecchia proprietà e i vertici della Federazione. In ogni articolo scritto in queste settimane abbiamo rimarcato che Lotito e Mezzaroma, pienamente a conoscenza dei contenuti dall'oramai famoso articolo 16 bis delle NOIF, avrebbero dovuto cedere la società nel più breve tempo possibile per non lasciare i granata in balia delle onde, costretti ad affrontare il massimo campionato italiano con un budget nettamente inferiore alla concorrenza e la spada di Damocle del 31 dicembre che rendeva impossibile qualunque tipo di programmazione a medio-lungo termine. Allo stesso tempo la Federazione non può pretendere di dettare alcuna condizione per la vendita di un bene privato, già deprezzato rispetto ad un anno fa e che, senza proroga, andrebbe incontro ad un clamoroso fallimento con annessa ripartenza dai dilettanti. In fondo bastava limitare i rapporti con la Lazio per una questione di trasparenza e abolire il divieto per affini e parenti di terzo e quarto grado per uscire in modo indolore da una vicenda che, qualsiasi sarà l'epilogo, comporterà ricorsi in sede anche da parte di realtà che speravano nel ripescaggio già un'ora dopo il successo della Salernitana a Pescara per 3-0.
Ci sono, però, delle cose che non sono accettabili. Degli errori del ds Fabiani abbiamo parlato diffusamente. Che Belec soffrisse la A lo sapevano tutti, doveva essere preso un portiere affidabile. Così come è palese che non si possa affidare la corsia di destra ad un giovane acerbo e ad un ragazzo proveniente da un campionato in cui la fase difensiva è del tutto inesistente. Impossibile, poi, giocare la A con soli muscoli e buona volontà: a centrocampo manca un regista, ma anche una mezz'ala di spinta. Senza dimenticare che in rosa non c'è nemmeno un esterno alto che salta l'uomo, il Cicerelli o l'Anderson che può entrare in corso d'opera e spaccare la partita. Seguire le indicazioni dell'ex allenatore è segno di correttezza e coerenza, ma se hai la possibilità di portare un calciatore forte in questo contesto complesso è necessario usare il pugno di ferro e imporsi con fermezza. Altrimenti ti ritrovi con Simy e Gagliolo e collezioni brutte figure sul rettangolo verde. A tal proposito riteniamo che i due calciatori, a lungo inseguiti, siano ad un passo dall'addio. L'attaccante è l'omba di sè stesso e basta dire che a Crotone avesse Messias e Ounas alle spalle: qui c'è Ribery, non proprio l'ultimo arrivato. Il difensore, invece, è forse il peggior difensore della rosa come certificato dai tantissimi gol incassati per sua responsabilità. Quasi una decina.
E questa riflessione fornisce un assist per andare al nocciolo della questione. Lotito, Mezzaroma, Gravina e Fabiani si dividono quasi tutte le percentuali di responsabilità, ognuno con le proprie ragioni, i propri alibi e i propri errori. Ma questo non giustifica che i calciatori scendano in campo per onor di firma, rassegnati, senza un minimo di mordente, attaccamento e amor proprio. Tutte le avversarie danno la sensazione di giocare una sorta di partita d'allenamento, gigioneggiano con un prolungato possesso palla consapevoli che basti un minimo affondo per trovarsi in vantaggio. L'Inter, avesse spinto al 100%, forse poteva lasciare l'Arechi con il doppio delle reti segnate. Stesso discorso per il Milan. E se pure a Firenze, dopo 70 minuti a testa altissima, finisce 4-0 e ti batte un Genoa ad oggi inguardabile è evidente che non sia affatto la tua stagione, come certificano il record di pali e di infortuni. Colantuono, lo abbiamo detto più volte, non ha dato nulla. A volte in panchina assume un comportamento discutibile, quasi rinunciatario. E se il condottiero è il primo a non crederci, come possono tirar fuori l'orgoglio giocatori probabilmente consapevoli di non essere, in buona parte, adeguati alla categoria? Un tempo vedevamo una squadra che mordeva letteralmente il pallone, capace di rimontare due reti al Verona, di dominare a Bologna con un uomo in meno e di mettere sotto Sassuolo e Atalanta. Oggi, invece, rimembriamo di un Empoli in versione Bayern Monaco e già avanti 4-0 all'Arechi dopo mezz'ora. Già lì c'era da fare una seria riflessione. Gli alibi non ci piacciono, non ci sono mai piaciuti.
Oggi il mister tira fuori il discorso societario, in passato era colpa di infortuni e calendario. La verità è che i numeri sono da esonero immediato: cinque sconfitte su cinque in casa (nessun subentrante, nella storia, aveva fatto peggio), sei gare su dieci senza buttarla dentro, media di quasi tre reti subite a partita, possesso palla al minimo e uno spogliatoio che sembra sfilacciato, già mentalizzato alla retrocessione aritmetica. Certo, non siamo tra coloro che si accaniscono con la Salernitana parlando di campionato falsato. Genoa e Cagliari, con rose e budget totalmente opposti, in proporzione stanno facendo peggio e hanno perso punti con i granata. Ma una squadra così vuota, anonima e incapace di emozionare la ricordiamo, forse, solo con Gregucci nella stagione 2018-19. Quando, ironia della sorte, il mister sostituì proprio Colantuono e arrivò l'ultima sconfitta interna con cinque reti al passivo: fu il Carpi di Castori, una serie incredibile di intrecci. A gennaio, che sia proroga o cambio di società, si riparta da zero sotto tutti i punti di vista salvando veramente pochi elementi. Perchè si può essere scarsi (e ribadiamo che l'organico, al completo e allenato in un certo modo, vale la concorrenza), inesperti, condizionati dall'assenza di un presidente e inferiori alle antagoniste: non è mica la prima volta che una neopromossa retrocede e perde 5-0 o 4-0 in casa.
Ma così no, è una offesa sportiva ai 13mila che, in media, riempiono un Arechi che ieri, contro la capolista, era avvolto in quell'assordante silenzio che ha fatto parlare l'Italia. Sia cessione in tempi record per non trasformare il sogno in una lenta agonia. Salerno non merita questo. Ma giocatori e allenatore ricordino che, nel 2011, in condizioni ancora più difficili ci furono venticinque eroi in maglia granata che onorarono la casacca entrando di diritto nella storia e nei cuori, capaci di portare 32mila persone sugli spalti a ridosso di un fallimento annunciato. Ai salernitani basta questo: chiarezza, rispetto, sudore. Ma in quest'anno così caotico stanno mancano anche queste tre componenti basilari. Cari Lotito e Mezzaroma: chi deve chiedere scusa a chi?
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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