Doppio ex della sfida tra Juve Stabia e Salernitana, Maurizio Lanzaro ha risposto alle domande dei tifosi e dei giornalisti durante la trasmissione "TuttoGranata" in onda su Radio Mpa ieri pomeriggio. Ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni:
Partiamo dal gesto di Gondo, in campo dopo la morte del papà. Lei fece un qualcosa di molto simile nel 2015...
"Gondo ha fatto un gesto da uomo vero e Salerno deve apprezzarlo, il calcio ha bisogno di queste persone che nonostante la giovane età mostrano rispetto per la professione e per la maglia che indossano. Quanto a me, ero in ospedale da mio padre ed era contento che le cose stessero andando bene. Ci stavamo avvicinando alla fine della stagione, il Benevento aveva pareggiato 0-0 e vincendo li avremmo nuovamente scavalcati. Fu lui a dirmi di andare a giocare: ho iniziato la mia attività calcistica con lui, l'ho finita con lui. Fu una domenica indimenticabile, chiusa come poi tutti ricordate".
Il malore a Mendicino, il suo gesto a Catanzaro. Le due fotografie che fanno capire perchè avete vinto quel campionato..
"E' vero, sono stati due momenti importanti. In generale, però, abbiamo vinto il campionato perchè eravamo un grandissimo gruppo. Amici dentro e fuori il rettangolo di gioco. Per fortuna i risultati erano positivi ed avemmo modo di frequentarci con le nostre famiglie anche al di fuori del campo, una coesione che ci aiutò a superare i momenti di difficoltà".
Peccato però che l'anno dopo la sua storia d'amore con Salerno si sia interrotta...
"Non è dipeso da me. Improvvisamente ho sentito che per la società e per la dirigenza non ero più una parte importante del progetto. Ci furono diverse riunioni nelle quali discutemmo di rinnovo e della possibilità di spalmare lo stipendio per più stagioni, sarei potuto rimanere fino all'anno scorso vista la mia situazione contrattuale ma ho preferito salutare tutti perchè non aveva senso restare. Il mio rapporto speciale con la piazza imponeva una scelta altamente professionale che andasse anche contro i miei stessi interessi. Dissi anche no alla Casertana in segno di rispetto nei confronti di Salerno: un professionista non dovrebbe ragionare in questo modo, ma ho agito con il cuore e andai a Foggia. Lì ho subito un brutto infortunio e sono stato sette mesi fermo: la rescissione fu logica conseguenza"
L'Arechi è arma a doppio taglio per una squadra?
"Sicuramente non è per tutti giocare in quello stadio, un giovane può avvertire le pressioni. C'è una voglia incredibile di vincere sempre, questo porta un pochino d'ansia quando il risultato non arriva. Per me, però, l'Arechi è sempre un vantaggio: la spinta del dodicesimo uomo conta tanto, incide, spesso fa la differenza. Non a caso segnammo molti gol fondamentali attaccando sotto la curva"
Può raccontare qualche aneddoto che risale ai tempi di Salerno?
"Ribadisco che mi sono trovato bene con tutti, la tifoseria è splendida e la città bellissima. Al Ruggi sono nati i miei due figli, sono salernitani a tutti gli effetti e questo mi legherò per sempre alla vostra Salerno".
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