E' quasi superfluo sottolineare che la Salernitana targata Castori sarà completamente diversa da quella di mister Ventura. Dal fraseggio spasmodico anche nella propria area di rigore alla concretezza del lancio lungo, dalle sovrapposizioni continue degli esterni ad un 3-5-2 vecchio stile poco incline allo spettacolo, ma che consente di chiudere con efficacia gli spazi in fase di non possesso. Figuriamoci, poi, se la squadra di Castori esordisce senza un regista, con un terzetto difensivo completamente inedito, due mezzali adattate ed un attaccante in coppia con Djuric arrivato 24 ore prima, giusto il tempo per presentarsi e firmare il contratto. In estrema sintesi: più di questo non si poteva pretendere. Ancor di più perchè l'avversario di turno ha avuto diversi mesi a disposizione per programmare ritiro, lavoro tattico e ripartenza, con una base di lavoro alle spalle, lo stesso allenatore, il medesimo sistema di gioco e qualche innesto di spessore dal mercato che ha inciso immediatamente.
La Salernitana, come ampiamente prevedibile, è scesa in campo con il 3-5-2: dinanzi a Belec (preferito a Micai e Guerrieri) hanno giocato Veseli, Aya e Lopez. I più si aspettavano Migliorini, ma durante tutto il ritiro il mister ha schierato Lopez sul centro-sinistra ottenendo risposte confortanti. Corsie laterali occupate da Casasola e Curcio, mentre il terzetto di centrocampo era assolutamente obbligato: Schiavone a cantare e portare la croce, Kupisz e Cicerelli chiamati ad un super lavoro per supportare entrambe le fasi. In avanti ballottaggio vinto da Tutino. I primi 15 minuti erano tutti di marca granata, forse la Reggina pagava anche l'emozione del ritorno in cadetteria dopo un lungo periodo nell'anonimato. Soprattutto per vie centrali i padroni di casa riuscivano a rendersi pericolosi, merito di un Cicerelli in formato super e sempre pronto a creare la superiorità numerica. Talvolta, in fase di possesso, si intravedeva una sorta di 3-4-3, con Tutino e lo stesso Cicerelli larghissimi e Djuric come principale riferimento offensivo. Ben tre le occasioni da gol, ghiotta quella per Kupisz abile ad inserirsi senza palla con un taglio preciso e che spiazzava tutta la linea difensiva calabrese. Interessanti anche i movimenti di Tutino, lanciato in profondità a turno da Veseli e Schiavone.
Quando sei in emergenza può essere determinante sbloccarla subito, in caso contrario le lacune emergono col passare dei minuti e l'avversario prende coraggio. Proprio quello che è accaduto alla Salernitana, calata prima del previsto a centrocampo e costretta a subire il palleggio scolastico, ma molto efficace dei ragazzi di Toscano. Passata la bufera, la Reggina aveva il merito di riorganizzarsi senza rischiare più nulla. Anche perchè le mezzali erano brave ad eludere la marcatura e a guadagnare campo con puntuali verticalizzazioni e una manovra in ampiezza favorita dalla qualità di Crisetig. Sulla sua sinistra la Salernitana soffriva tanto, tatticamente era evidente la distanza tra i reparti con annessa impossibilità di trasformare l'azione da difensiva ad offensiva. Per ben quattro volte la Reggina beffava i campani con un lancio da metà campo, demerito di Aya che restava troppo basso senza far scattare la tattica del fuorigioco. Nessun pericolo in particolare, sia chiaro, ma con cinque difensori statici e Schiavone e Kupisz a ridosso della propria area di rigore era praticamente impossibile innescare le punte. Eppure Tutino e Djuric hanno fatto di tutto per capirsi, il lavoro tattico del bosniaco (tuttavia apparso troppo lontano dalla porta) è stato encomiabile ma le poche maglie granata nella metà campo avversaria vanificavano sovente sponde precise e giocate interessanti.
Nella ripresa lo spettacolo è stato abbastanza brutto, due squadre che si sono annullate e che quasi si accontentavano del pareggio. La Reggina, inevitabilmente, aveva il pallino del gioco in mano come testimoniato dalle statistiche sul possesso palla: 70% a 30%, logica conseguenza quando non hai tra i titolari centrocampisti che sappiano impostare e far girare il pallone. Schiavone ce la metteva tutta, ma la lentezza nei passaggi consentiva agli avversari di riposizionarsi immediatamente. I cambi conferivano maggiore fisicità agli ospiti, abili ad attaccare con maggiore continuità anche sulla catena di destra. Consapevole del calo della Salernitana, Toscano cambiava modulo per tentare il colpaccio: dentro Mastour in veste di trequartista, Menez e Bellomo larghi e Denis riferimento offensivo, una sorta di 3-3-3-1 grazie al quale si creava una sorta di gabbia attorno a Cicerelli, passato in poco tempo da fulcro del gioco a pesce fuor d'acqua. La contromossa di Castori non si faceva attendere: dentro Migliorini, fuori Curcio e Lopez avanzato sulla sinistra per un 5-3-2 evidente e rinunciatario. Abbassare ulteriormente il baricentro non si rivelava mossa azzeccata, al punto che i calabresi trovavano un vantaggio tutto sommato meritato: azione personale di Menez, Lopez e Aya saltati come birilli e pallone in fondo al sacco.
Per fortuna la Salernitana ha incamerato la mentalità del suo tecnico: mai mollare, nemmeno quando le cose sembrano definitivamente compromesse. E così, con un pizzico di fortuna ma al termine di una bell'azione sull'asse Djuric-Cicerelli, Casasola pescava il jolly con un cross sbagliato, ma tremendamente efficace. L'ingresso di Gondo (impacciato, impreciso, ma sempre nel vivo della manovra) permetteva alla Salernitana di alzare i ritmi nel finale, con due occasioni da gol e il clamoroso salvataggio di Loiacono su tiro di Tutino a botta sicura. Sarebbe stato un successo immeritato, ma nessuno avrebbe storto il naso. Una Salernitana luci ed ombre. A tratti molto compatta ed equilibrata, in altre occasioni completamente da registare. Del resto è una rosa allestita in versione "work in progress", con il cartello "cantiere aperto" affisso in bella vista e qualche big ancora non in condizione. Ampi margini di miglioramento, dunque. Ma con 3-4 calciatori da acquistare quanto prima.
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