Barricato tra casa e centro sportivo Mary Rose a Salerno, dopo aver messo tra i primi in sicurezza squadra, dirigenti e staff tecnico, il direttore generale della Salernitana, Angelo Fabiani, ai microfoni del Corriere dello Sport, prova a riflettere da dirigente di lungo corso su eventuali soluzioni per dare un piccolo contributo che possa aiutare a uscire dall’emergenza e dai problemi che essa ha generato.
Direttore Fabiani, come vive questi tempi terribili?
“E’ una situazione straordinaria e inedita, penso principalmente al dolore della gente più colpita dal Covid-19. Ma voglio anche immaginare che potremo uscirne quanto prima e resto fiducioso che le misure adottate e i comportamenti possano essere efficaci e risolutivi. Sicuramente qualche battaglia la stiamo perdendo, ma dico che questa guerra il popolo italiano la vincerà e si potrà pensare di tornare anche a giocare”.
Cosa pensa di questo allarme dei medici sportivi sulla necessità di avere una nuova idoneità per gli atleti prima del ritorno in campo?
“Premesso che ho il rispetto necessario per i responsabili sanitari delle società, faccio notare, sommessamente, che un’ eventuale nuova rivalutazione dell’idoneità alla pratica sportiva spetta a specialisti”.
In che senso, ci spieghi meglio?
“Un calciatore ingaggiato deve superare una serie di test e visite mediche. Se un club fa giocare un atleta che non è in possesso dei requisiti di idoneità, a pagarne penalmente le conseguenze sono i presidenti e i dirigenti. Dunque, le società sono interessate più di tutti alla salute dei giocatori. L’idoneità all’attività sportiva viene rilasciata dopo visite effettuate presso centri specializzati (dopo aver fatto lastre, risonanze, test del sangue e altre indagini, n.d.r.). E, nel caso specifico, dopo i tamponi antivirus. Questo disciplinare che viene proposto con grande rilievo, in realtà, ha bisogno di tre giorni. Ma andrebbe allargato anche a tecnici e ai quei tesserati per i quali è richiesta un idoneità. E poi penso agli arbitri di cui nessuno parla. Come mai? Anche loro fanno parte del sistema”.
C’è anche un impatto psicologico da superare per un’ eventuale ripresa dell’attività agonistica, come tutti ci auguriamo, in tempi abbastanza brevi?
“Stiamo vivendo un momento d’ angoscia terribile. I morti rattristano al Nord quanto al Sud. E’ come affrontare un evento sismico devastante che genera angosce e paure profonde nella gente non solo negli atleti e nei dirigenti. Pensiamo ad Accumuli e Amatrice. Mi auguro che questo virus non si diffonda in tutta Italia. Almeno nel modo disastroso in cui è avvenuto in Lombardia e Veneto e che si possa tornare il prima possibile alla normalità. Se così fosse, noi dovremmo comunque tener conto dello shock subito nelle zone più colpite e ipotizzare, qualora si dovesse decidere una riapertura dei campionati, gare a porte chiuse e messe in sicurezza”.
A cosa pensa, Fabiani, di fatto nello specifico?
“Sarebbe bene far giocare determinate partite nelle città in cui l’epidemia non è diventata un’emergenza profonda, anche grazie alla tempestività delle misure restrittive adottate dal governo centrale e dai governatori e dai sindaci, complice un grande senso civico della popolazione. Si potrebbe lavorare intorno all’ipotesi di far giocare le squadre maggiormente interessate dalla pandemia su campi alternativi. Penso a Frosinone, Pescara, Benevento, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Ascoli, Bari, Lecce, Taranto, San Benedetto del Tronto, Palermo, Messina o in altri impianti di Serie C adeguati. Serve un grande senso di responsabilità e molta umiltà da parte di tutti. Vedo molti attori di questa vicenda che parlano a sproposito senza dire niente e senza suggerire soluzioni concrete agli enormi problemi determinati dall’ emergenza sanitaria che rischiano di travolgere ogni cosa”.
Anche perché, se i campionati non dovessero essere portati a termine, i problemi si moltiplicherebbero. Si parla di fallimenti inevitabili.
“Esattamente. Penso ai proventi degli accordi televisivi di cui il nostro calcio a qualsiasi livello non può fare a meno che verrebbero in parte meno. Immagino le migliaia e migliaia di sponsor che sparirebbero perché il contratto in essere non sarebbe onorato in quanto non ci sarebbero state le prestazioni sportive che hanno determinato a monte gli accordi. E ciò si aggiungerebbe ai mancati incassi ai botteghini. D’altra parte non sono solo quelli delle società, ma anche quelli delle piattaforme TV. Si potrebbero studiare abbonamenti dedicati per mettere insieme le due esigenze ed evitare in questo modo contenziosi giuridici interminabili e incalcolabili”.
La soluzione può essere quella della cristallizzazione delle classifiche?
”Deve essere, come ha detto il presidente federale Gravina, l’ultima ratio dopo aver verificato e valutato soluzioni meno impattanti. Nelle ultime stagioni – non solo in B per la questione del format e per i casi Palermo, Foggia, Avellino – abbiamo constatato con mano come certe contrapposizioni possono diventare devastanti. Dovremo fare di necessità virtù. Quella virtù che da sempre ha contraddistinto il popolo italiano. Io dico che ce la faremo. Senza dimenticare un particolare”.
Quale?
“Portare a termine i campionati di A, B e C, cioè il professionistico, significa salvare anche il vastissimo mondo dei dilettanti che racchiude migliaia di società dalle quali il nostro movimento non può prescindere. Ma sono certo che chi governa a livello apicale il calcio e lo sport italiano metterà in campo tutte le risorse e le intelligenze disponibili affinché il virus non vinca la guerra in atto”.
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