È il 28 gennaio 2015, una telefonata sconquassa il mondo del calcio. A un capo della cornetta c’è Pino Iodice, all’epoca direttore generale dell’Ischia Isolaverde; all’altro, Claudio Lotito. È una telefonata che tutti gli appassionati ricordano, quella del Carpi e del Frosinone che non aiutano la Serie A, perché Iodice (che qualche giorno prima ne aveva anticipato, senza rivelarlo, il tono proprio sulle nostre colonne) la registra. È una telefonata che cambia molte cose, soprattutto la carriera di Iodice. Che oggi non lavora nel mondo del calcio e su quella vicenda torna oggi, per raccontare un clamoroso retroscena: “Oggi vivo all’estero, in Svizzera - dice Iodice a TuttoC e TMW - faccio tutt’altro: purtroppo sono diventato un appestato per il mondo del calcio, col quale ho chiuso da quando ci fu la famosa querelle con Claudio Lotito. Ho fatto quel che ho fatto perché ci credevo, ma soprattutto perché credo nei rapporti di amicizia. Quando diventi amico di una persona e condividi determinate cose, io credo che sia giusto, se qualcuno con cui ha condiviso tante battaglie ti fa una richiesta, assecondarla. In questo caso fu Francesco Ghirelli (che abbiamo provato a contattare prima della pubblicazione di questa intervista e del quale restiamo a disposizione per eventuali repliche, ndr), con il quale io avevo all’epoca un bellissimo rapporto”.
Sta dicendo che fu Ghirelli a proporle di registrare quella telefonata?
“Sì, esatto. Francesco mi chiamò e mi chiese se me la sentivo. Con lui avevo un rapporto di amicizia molto stretta, ritenni fosse giusto farlo. Fu lui a propormi di fare una cosa del genere, di chiamare Lotito e registrare la telefonata. Non avrei mai immaginato che così mi stavo scavando la fossa: quella telefonata ha determinato la mia fuoriuscita dal mondo del calcio”.
Perché fece quella telefonata?
“Perché era l’unico strumento che ci permetteva, in quel momento storico con Macalli presidente della Lega Pro, di determinare un cambiamento epocale per aprire spiragli diversi. Volevamo arrivare a rivoluzionare quello che negli anni non si era mai riuscito a fare. All’epoca, Lotito appoggiava strenuamente le presidenze di Tavecchio in FIGC e di Macalli in Lega Pro. Della sua carriera non posso parlare: ha avuto il coraggio di affrontare frange di tifosi e anche di mettersi contro poteri forti, e i fatti nel tempo gli hanno dato ragione su questo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, non posso dire cose che non esistono. Però in quel momento Lotito, forte di determinati rapporti, faceva pressioni su tanti presidenti della Lega Pro affinché votassero Macalli come presidente”.
Che ruolo aveva Ghirelli all’epoca?
“Era il direttore generale di Lega Pro, ma era in conflitto con Mario Macalli, perché lo aveva licenziato. Aveva anche una causa di lavoro in corso con la Lega, e aveva tutto l’interesse affinché determinate situazioni mutassero. Mi utilizzò come strumento, come braccio armato se vogliamo, perché poi si andassero a determinare certe cose. E quella telefonata registrata, in qualche maniera, cambiò determinati equilibri. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutto, anche se la Procura della Repubblica ha archiviato tutto. Su quel fronte, Iodice-Lotito 0-0: lui mi aveva denunciato per diffamazioni, poi ha ritirato le querele. Io non ho mai denunciato, ho solo registrato la telefonata, cosa per cui fui chiamato dalla Procura come persona informata sui fatti”.
Lei dice che Ghirelli le chiese di fare e registrare la telefonata. Ha modo di provarlo?
“No, perché me lo chiese verbalmente. Come dicevo avevamo un ottimo rapporto, mi fidavo. Ma materialmente consegnammo insieme la registrazione di quella chiamata al giornalista che poi la pubblicò”.
In ogni caso, fu comunque una sua libera scelta.
“Certo, lo feci perché ero convinto di poter rideterminare una linearità all’interno della struttura calcistica della Lega, che potesse portare vantaggi a tutti in termini di riforme. Pensavo che in qualche maniera si potessero aprire spiragli che giovassero alle società. Prima le assemblee avvenivano alla bulgara: non c’era la possibilità di replicare e di parlare durante le assemblee. Era una situazione diventata pesante per le società, ma nessuno aveva il coraggio di denunciare. Io lo feci perché me lo propose Ghirelli, ma anche perché ero convinto di poter arrivare a un obiettivo importante per le società e per la stessa Lega”.
Negli anni, molte cose sono cambiate.
“Certo, dopo quella telefonata è accaduto quello che ci aspettavamo. Macalli non è stato più rieletto (si dimise il 3 luglio 2015, dopo la mancata approvazione del bilancio della Lega, ndr), a dicembre venne eletto Gabriele Gravina, che poi è andato in FIGC e dopo di lui la carica è andata proprio a Ghirelli. Quella vicenda ha portato un cambiamento, che ha portato vantaggi ad altri, non certo a me. Anzi, io come dicevo mi sono scavato la fossa e sono dovuto uscire dal mondo del calcio. Ne parlo con dispiacere, perché il mondo del calcio è stato per anni il mio motivo di vita. Mi rammarica essere stato l’unico a pagare perché mi sono schierato e ho denunciato qualcosa che forse di legale non aveva niente. Ma quello che mi dispiace è di essere stato scaricato dallo stesso Ghirelli e da Gravina, persone con le quali abbiamo condiviso tante battaglie, ma che non mi sono state riconoscenti. Anzi: hanno portato Lotito nel comitato di presidenza della Federcalcio, una cosa che mi ha turbato e lasciato ancora più deluso di altre cose. Insieme abbiamo combattuto, poi tutto è andato a carte quarantotto. Io ci ho rimesso la mia attività, tant’è che sono fuori Italia per poter lavorare e mangiare. Altri invece sono culo e camicia. Questo mi rammarica più di altro”.
Gravina ebbe qualcosa a che fare con questa richiesta?
“No, mi arrivò da Francesco Ghirelli. Gravina con questa vicenda non c’entrava nulla. Lui per certi versi ne ha tratto vantaggio, per via degli equilibri che si sono rideterminati. Lotito all’epoca si sedeva in panchina con la tuta dell’Italia, poco prima della famosa telefonata. Poi ha dovuto tenere un basso profilo per un po’. Chi ne ha tratto vantaggio, in termini politici, è stata l’attuale governance: Ghirelli è rientrato in Lega, è stato eletto Gravina, che poi ha lasciato il testimone a Ghirelli. Io ho aperto una strada, perché mi è stato chiesto di farlo, che ha aperto spiragli importanti per le presidenze di Ghirelli e di Gravina. Però loro non mi sono stati riconoscenti: sono andato a chiedere aiuto più volte, ma hanno fatto sempre orecchie da mercante”.
E oggi?
“Lavoro nella ristorazione. Eppure, ho fatto tanti anni nel calcio: Napoli, Salerno, Nocera, Gallipoli, tanti anni in C. Dopo le esperienze a Matera e Siracusa non mi è stato più possibile continuare, alcuni presidenti non mi hanno assunto per quello che era successo e me l’hanno detto chiaramente. Parliamo di un mondo omertoso: prendendo Iodice, magari si mettono contro Lotito. E allora meglio evitare”.
Per essere chiari: qualcuno le ha mai esplicitamente detto che non avrebbe potuto lavorare per quella vicenda?
“Sì, e posso fare anche nomi e cognomi. Mauro Ferretti, all’epoca presidente dell’Arezzo, per esempio, mi disse chiaramente che non poteva assumermi perché, essendomi messo contro Lotito, questo gli avrebbe creato dei problemi negli affari. A Matera non arrivò un ragazzo della Primavera della Lazio, quando ero lì col presidente Columella, perché Lotito disse espressamente all’allora consulente di mercato del club lucano, Simone Spadafora, che non ci dava quel calciatore perché c’ero io e che l’avrebbe dato soltanto se fossi andato via. Mi dispiace che chi ha combattuto con me per cambiare questo stato di cose oggi mi abbiano voltato le spalle e sia invece culo e camicia con Lotito”.
Matera, però, è stata un’esperienza successiva a quella telefonata. E anche a Siracusa ha potuto lavorare.
“Sì, ho potuto farlo a Matera perché Columella, un presidente di impeto, aveva piacere che avessi fatto quella cosa, non temeva ritorsioni. Poi sono andato a Siracusa per i rapporti che avevo coltivato nel tempo col presidente Cutrufo. Dopodiché basta, non ho trovato più alcuna possibilità. E ho dovuto capire cosa potessi fare, ho cercato di capire se c’era ancora posto per me nel mondo del calcio, ma mi hanno sbattuto tutti le porte in faccia. Sono dovuto andare all’estero, la situazione è mutata in modo pazzesco. Non avrei mai immaginato di potermi trovare in queste condizioni, perché ho sempre ritenuto che gli amici, o anche solo le persone con cui avevo condiviso determinate battaglie, mi avrebbero dato una mano. E invece mi hanno voltato le spalle”.
Ghirelli le aveva promesso una copertura, diciamo, politica?
“Sì, mi aveva detto di stare tranquillo. Ma non parliamo di tempi lontani: lo ha fatto fino a sei-sette mesi fa, mi ha garantito che mi avrebbe dato una mano a lavorare nel mondo del calcio. Se avesse voluto ricambiare la cortesia che gli ho fatto, per il rapporto di amicizia che ci legava, da presidente della Lega avrebbe potuto farlo. Tante volte gli ho detto che non potevo mettere il piatto in tavola: se avesse avuto un minimo di riconoscenza, mi avrebbe potuto affidare un incarico. Non è mai successo: evidentemente non riteneva che fossi meritevole della sua considerazione”.
Si è mai chiesto perché?
“Perché nel mondo del calcio c’è tanto arrivismo e c’è tanta voglia di potere, di poltrone e di danaro. Iodice oggi è scomodo anche per Ghirelli: se mi portasse all’interno della struttura Lega, sarei un personaggio che gli potrebbe creare qualche problema, perché anche lui ha ambito al ruolo di presidente. Oggi è preferibile avere rapporti con Claudio Lotito, presidente della Lazio e a breve senatore, piuttosto che con Iodice che non è nessuno”.
I rapporti tra gli attuali vertici e Lotito, negli anni, sembrano essere cambiati. Si è mai domandato come mai?
“Gli interessi in ballo sono troppo importanti, così come la salvaguardia di determinati equilibri che ti fanno gestire il potere e le cariche istituzionali. Non avrei mai pensato che Ghirelli o Gravina potessero legarsi tanto a delle cariche istituzionali: le persone che avevo conosciuto io non avevano mai ragionato così. Avevano sempre pensato in maniera diversa, nel momento in cui sono arrivati al potere forse hanno cambiato idea. E allora hanno dovuto mettere alla porta chi forse non ha mai goduto della loro stima o, avendo fatto quello, un domani l’avrebbe potuto fare contro di loro”.
Si è sentito usato?
“Certo. Io sono stato usato, non è così che ci si comporta. Questo è il terzo campionato che sono fuori dal mio mondo. Cos’altro dovevo aspettare? Ricevo sempre rassicurazioni sulla possibilità di tornare a lavorare nel mondo del calcio, ma si sono dimenticati tutti di me. E vale lo stesso anche per gli stessi colleghi, le persone con cui in passato ho condiviso esperienze e rapporti”.
Ha mai pensato di rivolgersi alle associazioni di categoria?
“Assolutamente no. Ho sempre ritenuto che potessero fare ben poco. Quando si lavora ognuno pensa ai cazzi propri, ma poi siamo i primi a non darci una mano. Siamo i primi a farci le scarpe l’uno con l’altro: figuriamoci se qualcuno può preoccuparsi delle mie difficoltà. Ecco perché mi sono allontanato, mi sono reso conto di aver fatto parte di un mondo dove l’omertà la fa da padrona. E ho preferito farmi da parte”.
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