E' stato uno dei calciatori più forti della storia della Salernitana, quello che in gergo si puà definire prima un grandissimo uomo e poi un professionista esemplare. Il suo entusiasmo contagioso e la capacità di calarsi nella realtà della C dopo aver fatto ammattire i difensori della A riuscirono a destare dal torpore in poco tempo una piazza che, per colpa di altri, si era distaccata da lui ma che ha saputo capire nel tempo quanto avesse dato alla maglia. Gol, assist, un ruolo da leader all'interno dello spogliatoio, l'amicizia con il capitano Luca Fusco, l'inchino sotto la Sud e il coro "Re Arturo fa gol" nel giorno della festa del 2016. Lacrime e brividi, ma il minimo sindacale per un atleta di livello assoluto e che ha incantato l'intera Italia calcistica a suon di prodezze. Arturo Di Napoli è stato graditissimo ospite del consueto appuntamento di TuttoSalernitana su Instagram e centinaia di tifosi hanno colto l'occasione per ricordare i momenti più belli della sua cavalcata all'ombra dell'Arechi. La vittoria sull'Ancona, la punizione col Taranto, ma anche la carica trasmessa ai compagni di reparto che forse rischiavano di subire psicologicamente la presenza in rosa di un fuoriclasse assoluto. Ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni, estremamente sincere e ricche di contenuti:

Partiamo dal Coronavirus. Lei vive in Lombardia e ha giocato in Veneto, probabilmente soffre più di altri colleghi sul piano emotivo. Come sta, da uomo e da padre, Arturo Di Napoli?

"Indubbiamente è un qualcosa di molto brutto e di molto triste, non c'è giorno in cui non rinnovo l'appello a tutti affinchè si resti a casa e si provi a debellare tutti quanti insieme questo maledetto virus. In tanti all'inizio hanno sottovalutato questa cosa associandola ad una comune influenza, ma purtroppo i bollettini medici parlano chiaro e chi ha la possibilità deve sentirsi obbligato moralmente ad aiutare i bisognosi. So che molte famiglie che abitano vicino casa mia stanno faticando, non mi costa nulla comprare due pacchi di pasta in più. La vita è una ruota che gira, non dobbiamo mai pensare che le cose capitino solo agli altri. Aiutare il prossimo deve essere una sorta di missione giornaliera, l'unico modo per andare a dormire con la coscienza pulita. Non vedo mia madre da tanto tempo, fa male ovviamente. Ma restare a casa oggi tutela noi stessi e chi amiamo".

Tanta retorica sul mondo del calcio, ma molti dimenticano che i guadagni spesso sono irrisori. Lei, ai tempi del Riccione, fu il primo a denunciare pubblicamente le condizioni precarie di molti atleti delle categorie inferiori...

"E' vero. Ci sono i calciatori super pagati delle squadre più importanti e sarebbe da ipocriti non dire che apparteniamo anche noi ad una categoria di privilegiati. Ad ogni modo, però, vorrei ricordare che esistono realtà come l'Eccellenza, la serie D e la Lega Pro che andranno incontro a difficoltà incredibili. Buona parte degli atleti guadagna il minimo federale che si attesta intorno ai 1200 euro, forse ci si dimentica che anche loro hanno affitti da pagare, famiglie da mantenere e un piatto da mettere a tavola. Il calcio, inoltre, è una delle aziende più produttive in Italia e converrebbe a tutti far tornare a rotolare il pallone non appena sarà possibile. Mi rendo conto che le priorità sono altre, la salute indubbiamente viene prima di tutto. Ma, a costo di tenere le porte chiuse degli stadi a tempo indeterminato, sono assolutamente convinto che lo sport possa essere un veicolo socio-economico determinante per la ripresa del Paese e per respirare un clima di normalità".

Proviamo a parlare di cose belle e torniamo all'estate del 2007, quando in città si sognava l'arrivo di Re Artù...

"Ero a Messina, in serie A. Posso dirvi che Lombardi e Fabiani mi hanno telefonato anche alle due di notte mettendo in sottofondo i cori della curva Sud e bombardandomi di messaggi. Mi misero in mezzo, non potevo rifiutare. Scherzi a parte, mi vennero incontro sotto tutti i punti di vista e conoscevo benissimo le potenzialità della piazza. La trattativa non fu breve nè semplice, ma alla fine venni a Salerno con un entusiasmo devastante e con la voglia di riportare quei tifosi in categorie più consone al loro blasone". 

Sorprese moltissimo l'umiltà con cui si calò nella realtà di Salerno, con quelle dichiarazioni strategiche per caricare il compagno di reparto Ferraro e i discorsi nello spogliatoio...

"Il capitano naturalmente era Luca Fusco, ma i compagni di squadra mi riconoscevano comunque un ruolo importante nello spogliatoio. Con Emanuele ho stretto subito un ottimo rapporto, quando senti di essere amato a prescindere dalla piazza sai bene che nessun acquisto può metterti in ombra. Fu bravo a formare con me una coppia ben assortita, soprattutto nelle prime partite segnavamo tanto entrambi. Quanto ai miei discorsi, posso svelarvi un aneddoto. Dopo una partita negativa ci fu una contestazione del pubblico, cercai di tranquillizzare tutti ricordando che quella curva non era un nemico, ma una componente fondamentale. Esortai la squadra a guardare la Sud nelle difficoltà, grazie a loro avremmo trovato nelle gambe la forza necessaria per ritrovare energie e gettare il cuore oltre l'ostacolo. Salerno è un qualcosa di incredibile, quasi riduttivo parlare solo di dodicesimo uomo".

Il bagno di folla a Piazza della Concordia, 5000 abbonamenti in una settimana, in 400 a Roccaporena per il suo primo allenamento. Contro l'Ancona in casa forse avete capito quanto conti davvero la spinta dell'Arechi, è d'accordo?

"Da avversario avevo potuto apprezzare le potenzialità della tifoseria granata, una roba impressionante. C'è gente che guadagna pochi euro al giorno e mette da parte la metà per venire a vedere le partite. E' per loro che bisogna combattere, meritano assoluto rispetto. Mi hanno accolto benissimo, mi hanno fatto sentire importante e anche nelle contestazioni trasparivano rispetto, intelligenza e attaccamento alla maglia. Hai detto tutto esattamente: contro l'Ancona l'ambiente fece la differenza. Posso raccontarvi un retroscena, una cosa che nella mia carriera non avevo mai fatto. Nel primo tempo c'era lo sciopero del tifo ed eravamo in difficoltà, chiesi a Luca Fusco di mandare un messaggio al capo ultras affinché ci spingessero e ci dessero una mano. Mi disse di stare tranquillo, che l'Arechi avrebbe fatto l'Arechi per i restanti 45 minuti. Il silenzio fu squarciato da un boato, lo sentimmo nello spogliatoio e ancora oggi mi vengono i brividi. Segnammo subito: Arturo Di Napoli sotto la Sud. Quella sera abbiamo vinto il campionato, l'atteggiamento del pubblico nel secondo tempo ha rappresentato il punto di svolta. Insieme non abbiamo mai più lasciato il primo posto al netto di qualche difficoltà".

Se fosse rimasto Agostinelli avreste vinto lo stesso il campionato?

"Quella squadra, obiettivamente, non giocava bene. C'era una difesa fortissima: Pinna fece un grande campionato, ringrazio ancora oggi Troise, Cardinale, Fusco, Ambrogioni e Milanese che erano la nostra vera risorsa. Non passava nulla, poi la palla arrivava a me e provavo a togliere le castagne dal fuoco. Quanto ad Agostinelli, posso dire che probabilmente sono successe cose che resero inevitabile quell'avvicendamento. Fabiani mi disse che era necessario l'esonero e non avrebbe accettato nessun tipo di ingerenza da parte nostra, in quel momento ho capito la serietà della situazione. Anche il  mister mi bombardò di chiamate in estate per convincermi ad accettare Salerno".

Brini riuscì a darvi qualcosa o la squadra era troppo forte e avrebbe vinto a prescindere?

"Posso dirvi che inizialmente il mio rapporto con Brini non era buono. Ogni volta che iniziava il secondo tempo venivo sostituito, questa cosa dopo 3-4 settimane iniziò a pesarmi e a darmi fastidio. Chiesi alla società e alla dirigenza se potevo avere un confronto con il mister, mi autorizzarono dicendo che avevo età ed esperienza per cavarmela da solo. Da quel momento in poi non mi ha più tolto dal campo, credo che anche i gol e le prestazioni fossero dalla mia parte. Ti dico la verità: tatticamente non è cambiato granchè e la squadra continuava a non esprimere un bel gioco. Ma Brini, in quel momento, era il personaggio ideale per chiudere al meglio il campionato. Un sergente di ferro che non guardava in faccia a nessuno, per fare una battuta posso dire che ho visto per la prima volta i suoi denti soltanto dopo la partita col Pescara".

Cosa ricorda di quel magico pomeriggio del 27 aprile 2008?

"Una roba impressionante. Sin dalle prime ore del mattino si respirava un clima straordinario in città, un coinvolgimento emotivo di decine di migliaia di persone. Vincere a Salerno è un qualcosa di meraviglioso. Forse nemmeno voi immaginate quanto faccia la differenza uno stadio del genere. Era tutto pieno, il gol sotto la Sud con tanto di corona è stato uno dei giorni più belli della mia carriera".

Purtroppo, però, quel trionfo fu in parte oscurato dal caso Potenza. Una vicenda che ha visto danneggiata l'immagine della Salernitana senza alcun motivo, è d'accordo?

"A distanza di anni non avrebbe senso mentire. Posso assicurarvi che è stata la partita più vera di tutto il campionato. Fummo accolti in modo ostile, non ci permisero di fare riscaldamento e in campo fu una gara agonisticamente tiratissima. Se accomodi un match a tavolino certamente non lo vinci a 5 minuti dalla fine. Preferisco ricordare l'accoglienza del pubblico quando tornammo a Salerno, dall'Arechi al Grand Hotel ci scortarono a passo d'uomo e conservo ancora gelosamente i video dei cori e della folla in festa. Ho i brividi mentre ve lo racconto, come si fa a non amare la Salernitana?".

Lei scese in campo poche ore dopo un lutto, ci conferma?

"Sì. Era morto mio nonno, ma si giocava ad Ancona e c'erano 2000 persone in partenza per le Marche da Salerno. Non potevo deluderli, c'era un campionato da vincere".

Andiamo alle note dolenti. In B il suo rapporto con la società e con la piazza si incrinò per i famosi motivi "che non si possono dire pubblicamente". Tutto sfociato in una vile aggressione in presenza di sua madre. Cosa ricorda di quei giorni difficilissimi?

"Invito Antonio Lombardi a fare una intervista doppia, faccia a faccia. Ma so che ci vogliono gli attributi per dire le cose come stanno. Non ho mai capito il senso delle sue esternazioni. Mi possono dire che sono scarso, che ho la pancia, che non corro o ho un brutto carattere, ma quando toccano l'uomo mi girano le scatole. Divenni capro espiatorio di ogni problema che riguardava la Salernitana, alla fine la gente mi vedeva come un idolo e cadde nella trappola senza saper valutare con lucidità quanto stava accadendo. Sono andato via e la mia carriera è finita praticamente lì: ho lasciato tanti soldi sul tavolo, ma ho dimostrato che persona sono a cospetto di accuse infamanti di chi stava per rovinare il rapporto con la gente e con un fraterno amico".

Si riferisce a Luca Fusco, giusto?

"Esatto. Per fortuna nel tempo ci siamo chiariti. All'epoca mi aspettavo una sua presa di posizione in virtù del rapporto che ci legava da anni, ma da persona più grande dovevo capire che era stato condizionato da fattori esterni e da una società che mi stava screditando. Ho recuperato il rapporto nel tempo e ne sono felicissimo, è un ragazzo d'oro con cui ho avuto il piacere di vincere due campionati. A Messina ha sempre mostrato grande professionalità e attaccamento alla maglia, ma quando giocava per la Salernitana era tutt'altra persona. La sua tensione, il suo amore per Salerno e per i colori erano un qualcosa di impressionante, tiene visceralmente alla città e alla squadra di calcio e questo ce lo trasmetteva facendoci capire che non erano ammessi cali di tensione. Una persona vera, Lombardi evidentemente non è riuscito nel suo intento nemmeno stavolta".

Però alla fine i fatti le hanno dato ragione: quella Salernitana è fallita, lei è amato dai tifosi...

"Non poteva esserci altro epilogo, già ai tempi della serie C c'erano problemi economici e qualche volta non andavo a fare allenamento pretendendo un chiarimento immediato con la proprietà. Anche in B le grane erano quotidiane, sin dal ritiro di Roccaporena ci furono dei confronti abbastanza duri per i ritardi nei pagamenti. Ci può stare che un imprenditore o un presidente si ritrovi in difficoltà, ma un vero uomo chiama Di Napoli e cerca di ridiscutere il suo contratto oneroso mettendoci la faccia e dicendo alla città le cose come stanno. Preferirono invece attuare la tattica dell'infamia ritrovandosi, poi, con una squadra prima retrocessa e poi fallita tra mille contestazioni. Vi assicuro che c'erano problemi anche quando tutto sembrava rose e fiori, fummo bravi noi a non far trasparire nulla all'esterno. Arrivò una proposta del Mantova, dissi a Fabiani di cedermi perchè Lombardi era arrivato al limite e non poteva onorare gli impegni. Non mi diedero ascolto".

Di Napoli fu accusato anche dell'esonero di Mutti...

"Una delle tante sciocchezze dette sul mio conto in quel periodo. Anzi, fu proprio il sottoscritto a indicare in Mutti un valido successore di Castori e a telefonarlo. Potevo mai avere acredine nei confronti di un allenatore con cui avevo vinto il campionato di B a Messina a suon di gol e prestazioni? L'episodio di Modena fu chiaro e le immagini televisive ben interpretarono il mio labiale: stavamo perdendo 1-0 e decise di sostituirmi inserendo un centrocampista, rimasi spiazzato e gli ricordai che non era una partita di coppa Italia e non c'era un match di ritorno a cui appellarci. Non mi diede ascolto, ma è assolutamente folle immaginare che un calciatore possa determinare un ribaltone tecnico. Tuttora abbiamo un buon rapporto e resto convinto che poteva dare un grosso contributo alla causa della Salernitana".

Forse il primato a novembre illuse la piazza e portò a sopravvalutare un organico obiettivamente modesto in alcuni reparti...

"Ci ritrovammo primi, ma non sapevamo nemmeno come. Anche in questo caso fui lungimirante e parlai con la società ribadendo che, per mantenere il patto con la città ed essere ambiziosi, serviva ben altra campagna acquisti. Salvarsi fu faticosissimo, tutto sommato ho dato anche io il mio contributo con 13 gol. Mi avevano chiamato per quello, invece ero il capro espiatorio di tutto".

Ricordiamo il suo sguardo triste dopo i gol con Grosseto e Bari che, tuttavia, hanno fatto la differenza...

"Non potevo essere felice, avevo un magone dentro che non potete immaginare. Per me era meraviglioso essere il beniamino di una tifoseria come quella di Salerno e ritrovarmi contestato ogni giorno senza aver mai fatto nulla di grave era insopportabile. Col Grosseto feci un bel gol, quello contro il Bari invece garantì la vittoria salvezza. Ormai, però, l'incantesimo si era rotto; non ero libero di commettere un errore davanti alla porta che c'erano accuse di ogni genere, anche abbastanza gravi. Dopo Rimini mi dissero che volevo favorire la salvezza del Pisa, roba delirante. A fine stagione, nonostante un altro anno di contratto, capii che il mio tempo a Salerno era finito".

Ironia della sorte lei non ha mai potuto indossare la maglia col cavalluccio e la ricordiamo a bordo campo in quel di Eboli ad allenarsi completamente da solo senza nemmeno le divise ufficiali a disposizione...

"A stento mi permettevano di fare la doccia. Ed è in quel momento che mi aspettavo un intervento deciso di Fusco. Come amico e come capitano. Solo dopo ho capito tante cose. Mi allenavo da solo, senza un preparatore e lontano dalla squadra. Chi veniva a seguire gli allenamenti mi riempiva di insulti. La mia carriera è finita lì, dovetti accettare il salto all'indietro tra i dilettanti ma ormai avevo schifato il mondo del calcio. Una carriera di 20 anni si stava chiudendo nel peggiore dei modi per colpa di altri personaggi che, ripeto, spero abbiano un giorno il coraggio di affrontare un discorso faccia a faccia da uomini. Ma so che non accadrà mai".

Anche in quell'anno, però, tanti bei gol...

"In C sono molto legato alle reti contro Taranto e Ancona, naturalmente l'apoteosi fu a Potenza. In B ci fu la punizione all'incrocio dei pali sempre ad Ancona che, tuttavia, non ci permise di portare a casa punti. Nonostante tutto sono affezionato al gol in casa col Bari: c'erano 25mila persone e mi ritrovai osannato dai tifosi avversari e fischiato da quelli granata". 

Alla lunga, però, lo strappo si è ricucito e ancora oggi è uno dei più amati. Dicono che prima della festa promozione del 2016 lei fosse teso come quando giocava...

"La società decise di invitare alcune vecchie glorie della Salernitana, quando mi arrivò la telefonata mi mostrai titubante. Non temevo alcuna aggressione fisica, ci mancherebbe, ma avevo paura di rovinare la festa e di alimentare un clima negativo in un giorno speciale. Il mio garante fu Salvatore Avallone. "Vieni a Salerno e goditi l'abbraccio di tutta la città" mi disse con un pizzico di emozione, ero veramente curioso e allo stesso tempo agitato. Fu una standing ovation, cantarono per me come se stessi giocando. Quando il giorno dopo sono ripartito, mi sembrava di camminare sulle nuvole. Una gioia infinita, un qualcosa che porterò sempre dentro di me".

Anche nel giorno del centenario il più gettonato era Re Artù...

"E anche in quel caso ho avuto un po' di tensione. Ogni tifoso ha un proprio idolo, essere accostato ai grandi della storia granata come Pisano, Di Bartolomei, Di Vaio e tanti altri è un onore inimmaginabile. Sono stati due giorni meravigliosi, ma Salerno non mi ha stupito: ero convinto che sarebbe stata una polveriera granata, in ogni angolo della città si respirava un attaccamento alla maglia unico in Italia. E immaginiamo cosa potrebbe accadere se la Salernitana tornasse in serie A. Glielo auguro di cuore, ve lo meritate".

Parliamo di attualità. Cosa ne pensa di Ventura?

"L'ho avuto ai tempi del Messina e vi confesso che non c'era un buon rapporto. Nonostante tutto, però, si vedeva fosse un allenatore preparato, credo che attualmente in serie B non ci sia di meglio. E se prendi Ventura vuol dire che punti in alto dopo qualche campionato di sofferenza. La squadra si stava esprimendo bene prima della sosta e ha tutte le carte in regola per disputare i play off da protagonista. Temo, purtroppo, a porte chiuse. Ma Ventura è una garanzia, fatta eccezione per la parentesi con la Nazionale ha fatto grandi cose dappertutto".

Facciamo un gioco: ricorda se ha mai segnato contro la Salernitana?

"Sono stato all'Arechi giovanissimo, quando indossavo la maglia del Napoli e giocammo un'amichevole. Sono sicuro di aver fatto gol in un Venezia-Salernitana, la vostra tifoseria mi ha dato sempre ottime sensazioni anche da avversario".

Ricordiamo noi un altro episodio: Salernitana-Palermo, punizione dal limite per i rosanero e allenatore che la fa entrare immediatamente in campo per calciarla. Di Napoli gol e ospiti in vantaggio...

"E' vero, mi state facendo ripercorrere tappe della mia carriera indimenticabili. Era una Salernitana accreditata per la vittoria finale, con Zeman in panchina e tanti giocatori forti. Perdemmo 3-1, mi fecero entrare apposta per battere quella punizione sotto quella che sarebbe diventata la mia curva. Alla fine noi sfiorammo la promozione e i granata retrocessero".

Ha rimpianti per una carriera che poteva essere ancora più prestigiosa?

"Sì. Il problema era la testa, ho più presenze in discoteca che in serie A. All'epoca mi godevo i vantaggi di questa professione, dopo le partite andavo a ballare e in estate mi divertivo mettendo su 4-5 chili. In ritiro, oltre al lavoro ordinario, dovevo concentrarmi anche sulla dieta e le cure dimagranti. Una cosa anche stimolante per me, a dire il vero. Ora ho famiglia, sono diventato una persona migliore e molto equilibrata e ripenso spesso a cosa poteva essere la mia carriera se avessi avuto il carattere di oggi. Quando sei padre e non sei più un ragazzino vedi la vita in modo completamente diverso e impari a dare il giusto peso ad ogni cosa".

Le piacerebbe tornare a Salerno sotto un'altra veste? In fondo i rapporti con Fabiani sono buoni...

"Oggi mi ha chiamato una radio e mi hanno chiesto dove mi piacerebbe allenare in futuro: ho risposto Salerno senza ombra di dubbio. I rapporti con Fabiani? Faccio un discorso generale: calciatori e direttori sono ruoli e mestieri che passano, quello che resta è l'uomo. Il difetto del calcio di oggi è sotto gli occhi di tutti: chi ne fa parte usa le persone solo quando ne ha bisogno, poi ti mettono di nuovo nel dimenticatoio. E' successo anche a me, ma cammino a testa alta. Ciò non toglie che reputo Fabiani un dirigente adatto per una piazza calda come Salerno, un professionista che riesce a farsi scivolare addosso tutte le polemiche senza battere ciglio. Guai a chi mi tocca Sasà Avallone, invece: persona meravigliosa a cui voglio molto bene".

Vogliamo chiudere con un saluto alla città e alla tifoseria?

"Certo! Anzitutto è stato bello trascorrere un po' di tempo con voi parlando di Salernitana, mi sono aperto come non mi era mai successo. Colgo l'occasione per fare i complimenti al mondo ultras e ai ragazzi del Centro Storico che sono in prima linea per aiutare chi soffre. In camera ho un quadretto con la mia maglietta, quella della partita contro il Pescara che valse la promozione. La darò loro molto volentieri affinché venga messa all'asta: il ricavato andrà in beneficenza, il minimo che potessi fare. Dobbiamo restare a casa e aiutare chi ha bisogno, 24 ore su 24. Ognuno nelle proprie possibilità. E' la partita più importante da vincere e Salerno è un esempio a livello nazionale. Appena possibile sarò con voi e ci abbracceremo forte. Vi voglio bene. forza Salernitana!".

Sezione: Esclusive TS / Data: Sab 11 aprile 2020 alle 23:00
Autore: Gaetano Ferraiuolo
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