In quest’ipocrita mondo del calcio in cui il dio denaro regna sovrano a scapito della passione della gente, capita spesso di vedere calciatori che vanno sotto la curva baciando la maglia e che, 24 ore dopo, accettano proposte economicamente più interessanti tradendo la fiducia di tifosi e presidenti. C’è poi chi, dietro la scorza del sergente di ferro, cela sentimenti autentici quali rispetto e senso d’appartenenza. Professionisti veri che appartengono ad un’epoca diversa. Per tutta una serie di motivi non è riuscito a vivere in pieno la sua avventura all’ombra dell’Arechi, ma il cuore di Stefano Colantuono è ormai, in parte, dipinto di granata. “Raramente in carriera mi è capitato di emozionarmi, a Salerno invece è successo spesso. Non potrò mai dimenticare la sensazione che ho provato in Salernitana-Palermo, quando guardavo la coreografia degli ultras e avevo la pelle d’oca” ha dichiarato a più riprese, ribadendo l’affetto e il trasporto emotivo per una città e una squadra che saranno sempre parte della sua vita umana e professionale. La sua presenza in tribuna sabato scorso per Salernitana-Atalanta ha destato curiosità, in tanti hanno colto l’occasione per salutarlo e per scattare una foto ricordo ringraziandolo per il lavoro svolto a Salerno. Del resto se si evitò la retrocessione a ridosso del centenario, il merito fu dei punti totalizzati nella sua gestione. Tra questi – e sia di buon auspicio – anche l’1-0 sul Verona nel segno di Jallow dinanzi a 12mila spettatori.
E poco importa se qualcuno, con scarsa sensibilità, ha accostato la venuta a Salerno ad una sorta di “gufata” al collega e amico Fabrizio Castori. Da doppio ex e da persona sinceramente innamorata della tifoseria campana, Colantuono si è semplicemente concesso una serata speciale, dalle forti emozioni, chiusa con l’auspicio che la Salernitana possa raggiungere la salvezza e difendere quella categoria così faticosamente riconquistata dopo 22 anni. Ci avrebbe provato volentieri in prima persona quando, nella stagione 2018-19, contribuì all’allestimento di una rosa che, fino al suo addio, stazionava comunque nelle zone alte e nemmeno tanto distante dalle prime due della classe. Alcuni di quei giocatori hanno fatto parte, da protagonisti, della Salernitana di Castori, quella che ha trionfato anche grazie ai vari Anderson, Casasola, Djuric, Di Tacchio, Kiyine e Mantovani, tutti allenati da Colantuono prima che una tragedia familiare imponesse un passo indietro, anche a costo di lasciare sul tavolo tanti soldi. Un gesto da uomo, forse passato sotto traccia troppo presto. Ad ogni modo la gente è stata contenta di poterlo riabbracciare, a lungo andare tutti hanno avuto modo di giudicare diversamente il suo lavoro e di fare un passo indietro rispetto a critiche legittime, ma spesso eccessive. La “maratona” salernitana di Colantuono si è svolta al fianco di Vittorio Ruggiero e famiglia, amico fraterno da anni e tifoso granata da sempre appassionato e discreto. L’auspicio è di rivederlo quanto prima in panchina, nel frattempo l’Arechi sarà sempre casa sua. Sperando, ovviamente, che la prossima volta si possa festeggiare anche una bella vittoria.
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