Considerando l'enorme divario tecnico tra Milan e Salernitana (acuito anche dalle numerose assenze), i tifosi sono già mentalmente proiettati alla partita più importante. Quella che non si gioca sul rettangolo verde e che tante energie ha sottratto ad una squadra che, mai come ora, avrebbe bisogno di una guida, di un punto di riferimento e di una figura istituzionale con competenze calcistiche e non bancarie ed amministrative. Il prossimo 5 dicembre scadrà la nuova proroga concessa dai trustee il 15 novembre scorso, con altri dieci giorni a disposizione per ulteriori valutazioni ed approfondimenti. Ormai la deadline è arrivata, non c'è più un minuto da perdere. Chi, anche domani, garantirà una presenza di 4000 persone in campo esterno non merita di vivere questa lenta agonia fino alla mezzanotte del primo gennaio. Lotito, legittimamente, ha tutelato i propri interessi preferendo affidarsi al trust piuttosto che cedere ad uno sprovveduto o, comunque, accontentarsi di una cifra nettamente inferiore rispetto a quella preventivata. E, assodato anche dalla FIGC che in estate non ci fossero offerte concrete (altrimenti il trust non sarebbe stato approvato nè consentito, per stessa ammissione dei legali della Federazione), si sperava in un buon campionato della Salernitana per chiudere un affare da 40-50 milioni di euro.
Oggi, però, è andata male all'ex patron e non sorprenda che le potenziali cordate interessate all'acquisto della società offrano meno prospettando investimenti onerosi nel mercato di gennaio. Lotito ha giocato le sue carte, a rischio e pericolo. Esponendo una piazza estremamente passionale ad un'attenzione mediatica fuori dal comune, nonché a difficoltà oggettive sul campo. Ora è tempo di dire basta, di evitare le divisioni tra guelfi e ghibellini che, indirettamente, hanno agevolato un modus operandi al solito freddo, scarsamente emotivo e che non tiene conto del fatto che una squadra di calcio non può essere trattata come un'azienda che vende computer o televisori. Ora i signori trustee, che hanno preferito mantenere il totale silenzio in virtù di accordi contrattuali molto chiari, hanno l'obbligo morale di indire una conferenza stampa, di assumersi le proprie responsabilità assieme all'amministratore unico Marchetti e di trattare, eventualmente, anche al ribasso per tutelare il patrimonio sportivo. Parallelamente, solo dopo aver assicurato un futuro alla Salernitana e alla sua gente, i disponenti saranno liberi di fare le proprie rimostranze nelle sedi opportune rispetto ad un regolamento che presenta, come detto da tanti eminenti legali, larghi tratti di incostituzionalità.
Le norme, però, erano chiare dal 2011 e la tifoseria merita di pensare esclusivamente al campo senza tremare all'idea di una nuova, incredibile esclusione che farebbe parlare il mondo intero e segnerebbe la fine del calcio a Salerno. Non è un problema di categoria, sia chiaro. Gli "innamorati a prescindere" andrebbero a Budoni e Selargius con lo stesso entusiasmo che domani li vedrà giganteggiare nella "Scala del Calcio". Ma chi è tornato in A dopo 22 anni ripartendo dal nulla non avrebbe mai potuto immaginare che la tanto agognata massima serie si sarebbe trasformata in un calvario. Con colpe di tutti. Della FIGC, che doveva intervenire molto prima e rivedere cavilli regolamentari incomprensibili (in fondo bastava abolire l'estensione del divieto ad affini e parenti), di Lotito, di chi ha allestito la squadra, di chi l'ha allenata e di chi, in estate, ha spinto tanti (non tutti, c'è chi ancora ragiona senza cadere nella trappola degli slogan social) ad abbassare la guardia dando ampie rassicurazioni rispetto a trattative inesistenti spacciate per "vicine alla conclusione". In fondo se la piazza avesse capito da subito che Della Valle e compagnia cantante fossero voci prive di fondamento (come dimostrato dai fatti) e che si andava verso il trust, ci sarebbe stato anche tempo per una presa di posizione collettiva, netta e unilaterale basata sulle certezze e non sul chiacchiericcio degli anonimi che, tuttora, spinti da manie di protagonismo si improvvisano demagoghi con iniziative inutili e che fanno sorridere.
Ma ora le digressioni non servono a nulla: a mente fredda, quando tutto sarà finito e la verità sarà palesata, Salerno prenderà - si spera - definitivamente le distanze da questa gente. Ora c'è da fare fronte comune e pretendere, a tutti i livelli, una cessione rapida, immediata, alle giuste condizioni e che metta il nuovo presidente (del tutto slegato dai vecchi proprietari) nelle condizioni di rinforzare notevolmente una rosa competitiva nell'undici titolare, ma con una panchina purtroppo non altrettanto all'altezza. La tifoseria ha raggiunto un livello di maturità tale da accettare anche una malaugurata retrocessione, a patto che ci siano rispetto, trasparenza e coerenza. Magari evitando pure countdown su facebook che alimentano confusione e aspettative: in questo momento storico si poteva evitare, francamente. Domani vada come vada, il futuro sarà scritto in altre sedi. Come troppo spesso è accaduto nella storia della Salernitana. Che questa sia l'ultima.
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