In un contesto in cui si era abituati alle interviste in stile "copia e incolla" sul sito ufficiale, agli allenamenti a porte chiuse, ad una gestione tremendamente fredda e distaccata e al dover chiedere il permesso a dieci persone prima di poter far rilasciare una dichiarazione ad un tesserato finanche ad eventi di beneficenza, sentir parlare Danilo Iervolino faceva stropicciare gli occhi. Per la serie "Sogno o son desto?". La straordinaria normalità proposta dal nuovo presidente sembrava un qualcosa di miracoloso se rapportata a ciò che accadeva fino a poco tempo fa, quando inutilmente si faceva notare agli ex presidenti che una città passionale come quella salernitana andasse incentivata e alimentata 365 giorni all'anno e non solo quando si doveva pagare un biglietto per assistere alla partita. Iervolino ha giurato di aver detto sì alla Salernitana soltanto in concomitanza del gong, ma il modus operandi certificava una conoscenza profonda dei problemi di casa granata. Nessuna promessa, nessuna demagogia, ma una consapevolezza che vale più di un colpo di mercato: Salerno non vuole necessariamente vittorie, promozioni o coppe in bacheca ma pretende rispetto, senso d'appartenenza e un approccio emotivo basato su sentimenti autentici e non solo sul mero denaro. Perchè gestire una società di calcio come un'azienda che vende elettrodomestici è autogol imperdonabile. Ci stropicciavamo gli occhi, dicevamo. Perchè le conferenze in stile Lotito, in romanesco e con qualche gaffe sulla storia, non erano mai state contraddistinte da complimenti ai giornalisti, ringraziamenti ai tifosi e un'illustrazione così precisa dei progetti in cantiere. Con un lessico ricco di termini che denotano classe, profonda cultura e uno stile di cui avevamo bisogno. Al punto che "Sinallagma" è già hashtag ricorrente.
E così il giornalista non è più "a professò" ma "un professionista competente, che stimo e rispetto. Farò in modo di mettere tutti nelle condizioni migliori per lavorare". Il pubblico non è quello che deve garantire abbonamenti "altrimenti non compro nessuno" ma "quella componente che mi ha spinto ad investire, che ha mostrato dignità camminando a testa alta anche quando tutto sembrava finito". E al nuovo direttore sportivo non si chiede di scovare talenti utili anche alla Lazio ma di "mettere a disposizione del gruppo tutti gli strumenti per rendere al massimo, onorando una tifoseria con cui voglio nasca un rapporto d'osmosi". La tiratina d'orecchie a tutta la precedente gestione (anche a chi è ancora attualmente a lavoro) ha strappato applausi e consensi, ricordando ai protagonisti della vicenda che "il presidente non è quello che sta seduto dietro ad una scrivania, hanno vinto campionati e vanno applauditi ma non è questo il modo di porsi nei confronti della stampa e del pubblico. Anche per questo ho deciso di non riconfermare il direttore generale Fabiani, l'ho rimproverato anche in un colloquio telefonico. Quando c'è una spaccatura con la stragrande maggioranza dell'ambiente è obbligatorio intervenire e cambiare". Sia chiaro: nei primi approcci sembrano tutti belli, biondi e con gli occhi azzurri, persino il ciclone Cala aveva lasciato una parvenza di credibilità. Ovviamente non c'è paragone tra i due, non mischiamo la lana con la seta. Ma Iervolino, così come Sabatini, andrà giudicato esclusivamente per i fatti, per i risultati e per la capacità di mantenere le promesse, con premesse che sembrano eccellenti e che fanno sognare ad occhi aperti.
Sono stati toccati un po' tutti i punti, e non entrare nel dettaglio rispetto al futuro del mister e del mercato è un altro segnale di grande stile e rispetto dei ruoli. Dal marketing alla comunicazione, da iniziative riservate dedicate alla storia agli investimenti in infrastrutture per formare un grande vivaio seguendo il modello dell'Atalanta. "Magari vincendo a Napoli e, chissà, lavorando bene per un centro classifica o un piazzamento in zona Uefa". Sana ambizione mista ad umiltà, voglia di emergere accompagnata dalla "consapevolezza di essere l'ultimo arrivato e di aver tanto da imparare". Siamo a cospetto di un professionista eccellente, uno che dal nulla ha formato un impero e che oggi si è spogliato dei panni di proprietario parlando a migliaia di persone come un amico, uno di noi. Aprendosi anche sulla sfera intima, come la dedica quasi in lacrime al fratello scomparso prematuramente e il simpatico retroscena sulla chiacchierata con i figli. Spaesati perchè "erano abituati al San Paolo mentre ora vedono il padre profondamente innamorato della maglia granata. Qui ci sono tutti i sentimenti che mi fanno sentire vivo, mi sento travolto dalla passione per la Salernitana". Sia chiaro: nessuna voglia di sparare a zero contro la vecchia gestione, sarebbe anche poco credibile da parte di chi, come noi, spesso ha elogiato la "triade romana" creandosi inimicizie sul web. Restano artefici di una risalita che resterà nella storia, della terza promozione in A dal 1919 ad oggi, del ritorno del marchio sulle maglie, di una gestione oculata che ha incentivato un imprenditore serio. E questo sarà loro riconosciuto anche dai detrattori più accaniti.
Ma resterà imperdonabile aver lavorato in quella modalità "divide et impera" che ha creato spaccature tra club, tifosi e giornalisti, chiamati ora a fare tutti un passo indietro per il bene comune ricordando che una Salerno unita è incentivo straordinario per squadra, società e dirigenza. Oggi la tifoseria si sta riappropriando della sua squadra di calcio, nel pieno rispetto dei ruoli e senza invadenza o cadute di stile che sdegnerebbero un uomo di cultura come Iervolino. Tradotto: assodato che i social sono una cosa e i tifosi un'altra è comunque pessimo bigliettino da visita tappezzare la città di manifesti di dubbio gusto, ad opera di qualche sconsiderato che rischia di gettare fango su un pubblico sempre molto corretto e civile anche nei momenti più bui. Chi oggi, con un presidente del genere al timone e una serie A da difendere, pensa ancora a "collusi", "traghetti per Messina", "trenini" e "Lecchini" non è tifoso della Salernitana, ma un frustrato che spara le ultime cartucce non avendo, a breve, altri argomenti su cui sfogarsi. Gli stessi che, statene certi, romperanno le scatole pure a Iervolino e Sabatini al primo acquisto sbagliato o dopo due pareggi interni consecutivi. E' forse l'ultima, irripetibile occasione per una crescita collettiva che potrebbe aprire scenari ad oggi inimmaginabili, ma che Salerno merita e ha sempre sognato. E' l'alba di una nuova era, senza palloni regalati, cavallucci a dondolo, talpe che spifferano, silenzi stampa prolungati, trattative tramite Lazio e ironie sulla storia. Dimostriamo, tutti, di essere all'altezza. Macte animo, presidente!
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