Ogni tifoso della Salernitana, alzandosi questa mattina, non ha potuto non pensare a quel magico pomeriggio di 7 anni fa, quando la meravigliosa Salernitana degli eroi riuscì nell'impresa di espugnare il "Moccagatta" al termine di una prestazione straordinaria per intensità, carattere e qualità. Dopo l'1-1 casalingo dell'andata (un pareggio beffardo e maturato in doppia superiorità numerica), i granata avevano un solo risultato utile a disposizione e si recarono in Piemonte con la consapevolezza che solo conquistando la serie B si sarebbe potuto evitare il fallimento di una società sempre più assente e che non pagava gli stipendi da mesi. La "notte prima dell'esame" si rivelò abbastanza lunga, con il direttore sportivo Nicola Salerno e il tecnico Roberto Breda che non riuscirono a chiudere occhio per la tensione, stesso discorso per tanti calciatori rimasti a Salerno gratuitamente pur di onorare la maglia. Un clima molto ostile accolse la Salernitana durante il riscaldamento, ma ci pensarono oltre 1200 persone a trasformare l'impianto piemontese in una succursale dell'Arechi, un uragano tutto granata che spinse gli ospiti soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà.
Quando l'arbitrò fischiò l'inizio del match, in città regnava un silenzio tombale: strade deserte, bar e ristoranti presi d'assalto, tutta la provincia concentrata sulla partita della vita e che poteva valere ben più della finale play off contro il Verona. Il primo tempo si rivelò intenso ed equilibrato, con i due portieri assoluti protagonisti e la sensazione che lo 0-0 potesse sbloccarsi da un momento all'altro. Nella ripresa le emozioni più forti, i classici 45 minuti vietati ai deboli di cuore. All'ottavo, servito splendidamente da Montervino, Fabinho si presentò a tu per tu con Servili calciando incredibilmente alle stelle da posizione favorevolissima e con Ragusa smarcato e libero di calciare a porta vuota, sul ribaltamento di fronte Martini approfittò di una dormita di Jefferson infilando il pallone alle spalle dell'incolpevole Caglioni per l'1-0. In quel momento qualunque squadra avrebbe alzato bandiera bianca, non quella meravigliosa, commovente e devastante Salernitana, forte del vantaggio di attaccare sotto una curva che non aveva smesso per un attimo di crederci. L'1-1 del neo entrato Carrus su rigore fu soltanto la logica conseguenza dell'assedio alla porta di Servili: forse il penalty non c'era (il fallo sembrava fuori area), ma nella gara d'andata il signor Di Paolo ne negò uno netto su Ragusa e Sarri aveva ben poco da lamentarsi, ricordando soprattutto gli innumerevoli episodi arbitrali favorevoli durante la regular season.
A facilitare il compito dei granata anche la follia di Romeo che, con una gomitata, colpì al volto Fabinho meritando il cartellino rosso e i fischi del pubblico locale. Sugli sviluppi della stessa punizione fu Carrus a inventare la magia della domenica ribaltando completamente il risultato: 1-2, tripudio di bandiere granata e boato impressionante a Salerno, un urlo liberatorio preludio a un quarto d'ora finale da brividi e ricco di tensione. Super Caglioni evitò il 2-2 immolandosi sul neo entrato Artico (contestata la scelta di Sarri di togliere Martini, fino a quel momento il migliore in campo), Servili mantenne in vita l'Alessandria volando all'incrocio sul tiro di Fava, al 93' però calò il sipario ancora grazie a Fabinho, bravo a saltare due difensori di casa e a far passare il pallone sotto le gambe del portiere. Bellissima l'esultanza della Sud, straordinario l'abbraccio a centrocampo tra tutti i giocatori, indimenticabili le lacrime del ds Salerno e le emozioni di Breda che, in preda alla tensione, preferì vivere quel momento da solo e seduto sulla panchina, un po' come fece il suo mentore Delio Rossi 13 anni prima quando la Salernitana vinse col Cagliari conquistando virtualmente la promozione. Peccato che il sogno si infranse in finale, ma nulla potrà cancellare le emozioni di un pomeriggio di festa e che riconciliò con i veri valori dello sport: a quella Salernitana bisognerà dire soltanto e sempre grazie...
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