La partita di domenica 15 settembre è entrata nella storia. Il ritardo di due ore e mezzo con cui è iniziato il match, provocato dal blackout del software che collegava le telecamere puntate sul campo dell'Arechi con la Sala Vari posizionata a Lissone (Monza), rappresenta un evento unico. Non soltanto per quello che è accaduto sul terreno di gioco, ma anche per la decisione presa dai gruppi organizzati del tifo pisano che avevano raggiunto il capoluogo campano per seguire dal vivo la gara.
Al termine di un'attesa infinita, dopo il fischio d'inizio del match gli ultras della Curva Nord 'Maurizio Alberti' hanno riposto tutto il loro materiale e hanno ripreso la via di casa. Abbandonando così gli spalti dell'Arechi per lanciare un segnale forte alle istituzioni del calcio italiano.
"La nostra protesta messa in atto la scorsa domenica a Salerno, come scritto erroneamente da molti nei giorni seguenti, non è stata assolutamente una presa di posizione contro il Var, anche se questo fa parte di un calcio sempre più distante da noi, un calcio 'moderno' contro il quale abbiamo sempre combattuto e combattiamo ancora oggi, cercando di poter esprimere, fino a che sarà possibile, il nostro pensiero".
"Rispetto. Questo è quello che è mancato - spiegano - E la mancanza di rispetto, non solo nei nostri confronti, è stata il solo ed unico motivo per cui abbiamo deciso di abbandonare lo stadio Arechi. Che questo rispetto verso il tifoso, soprattutto verso chi segue la propria squadra dagli spalti, non ci sia quasi più, è sotto l’occhio di tutti. Giorni e orari improponibili, prezzi dei biglietti sempre più alti…ed è solo per fare qualche esempio".
I gruppi della Nord proseguono: "Circa 600 persone provenienti da Pisa si sono aggiunte ad altre 15.000 persone del posto. Abbiamo fatto il nostro ingresso sugli spalti alle 14.30, con la squadra che stava facendo il consueto riscaldamento prepartita. Alle 15, orario ufficiale di inizio, ci è stato comunicato, a mezzo altoparlante, che la gara sarebbe iniziata con mezz’ora di ritardo, quindi alle 15.30, per problemi dovuti al Var".
"Dopo un po’ di attesa è arrivata una seconda comunicazione: il problema era in via di risoluzione ma l’inizio sarebbe slittato ulteriormente. Solamente poco dopo le 16 è stato comunicato dallo speaker che la partita sarebbe iniziata alle 17.30. Durante quelle ore è iniziato il classico tam tam per avere notizie più certe e veritiere. Dalla ricerca sui vari siti sportivi, dagli amici degli amici, dal passaparola".
I gruppi organizzati spiegano: "Non sapevamo nemmeno se il non poter giocare una partita senza Var (come sempre successo fino a pochissimi anni fa), fosse una regola della Lega oppure una richiesta da parte di una o di entrambe le società. Tutte cose che abbiamo saputo perché ci siamo dovuti documentare. Collegandoci ai vari siti, cercando le varie news, tramite i nostri telefonini".
"Nessuno si è preoccupato che qualcuno potesse avere delle difficoltà per rientrare a Pisa con lo slittamento dell’orario di 2 ore e mezzo. Nessuno si è avvicinato a noi dandoci una spiegazione, anche solo per chiedere 'tutto bene?'. Eppure, eravamo lì, a due passi. Gente in viaggio dalla mattina, di varia età ed estrazione, come sempre, a pochi metri da chi gestiva o sapeva le cose".
'Il Var non va e quindi al momento non si gioca'. "La comunicazione, fredda e distante, ci arrivava da una voce di qualcuno che parlava dall’alto. Ci siamo sentiti burattini, un elemento di contorno. Una cornice di un quadro che dimentichi quando esamini il 'contenuto'. Siamo sicuri che le nostre esigenze non siano mai entrate nelle discussioni sul da farsi".
"Vogliamo ricordare - sottolineano gli ultras nerazzurri - a tutte le componenti che ci hanno mancato di rispetto, che sia il singolo ultras che qualsiasi altro spettatore pagante è, in primis, una persona. In grado di avere una propria idea e magari di fare una scelta. Quindi un essere pensante. Qualsiasi decisione altrui può condividerla oppure no. Perlomeno metteteci in grado di poter 'sapere', perché ognuno poi si comporterà come ritiene giusto. Siamo stati lasciati lì come bambini a un compleanno mentre i genitori parlano tra grandi e decidono a che ora si mangia la torta. Le uniche notizie, lo ripetiamo, sono arrivate dallo speaker dello stadio".
"Come ultras non chiediamo vantaggi né per noi né per i semplici tifosi. Ma non è nemmeno giusto che non si sia più guardati come un elemento da considerare quando si parla di calcio o situazioni collegate. Siamo diventati l’ultimissima ruota del carro. Anzi, del carrozzone. Abbiamo voluto semplicemente ricordare che dal carrozzone si può anche scendere. Il rispetto per noi conta più di una partita o di un risultato".
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