Soprattutto adesso, in un momento così difficile per la “Bersagliera”, viene spontaneo ricordarsi di loro, dei vecchi Ultras degli anni 80. Il salvataggio del 7%  sembrò il preludio di un lungo periodo di gioia. Invece pare voglia tornare la tempesta, quando improvvisamente dalla vecchia curva sud del Vestuti, una magica eco soffia nell’aria canti mai dimenticati. “Non mollare mai”, “Undici leoni” e sugli spalti una marea di vessilli granata sventolano dietro gli striscioni.

GRANATA SOUTH FORCE, FEDELISSIMI ANTICA SALERNO, TOI FIPAO, ULTRAS PLAITANO ed infine nel loro posto, a metà della curva defilati a sinistra, ci sono i PANTHERS. Il ricordo di Adolfo Gravagnuolo, con il suo berrettino di lana che sventola la bandiera granata si fa largo nei ricordi. Lo chiamo al telefono e la sua fibra di ferro è quella di sempre, poi diventa subito d’acciaio appena si tocca il tasto “Salernitana”. “Era l’undici settembre del 77“, egli ricorda con emozione, “ed insieme ad Enrico Fasano raccogliemmo l’entusiasmo di un gruppo di liceali, oggi tutti professionisti di alto rango, formando i Panthers.

Cominciava la mitica era della “Torcida Granata”, quando andavamo in giro per l’Italia a sventolare i nostri vessilli. Questo, con tanti sacrifici, anche da parte delle nostre famiglie, che rimanevano in trepida attesa del rientro dei pullman, a tarda notte, o addirittura la mattina dopo la partita, quando si posavano bandiere e striscioni e si correva, chi al lavoro e chi a scuola. Tanti di questi tifosi non ci sono più ed è anche per loro che non possiamo mollare.

Loro non lo hanno fatto mai e, quando sui campi ostili partivano le scazzottate, erano sempre i primi a difendere l’onore di Salerno. Correvano i tempi in cui i gruppi Ultras delle squadre di calcio erano molto agguerriti, ma si scontravano in modo leale, fiero, mai con violenza vile. Erano tempi in cui, quando negli scontri uno cadeva a terra, nessuno si sognava di infierire. Si aspettava che l’avversario si rialzasse, per avere la possibilità di difendersi.

Noi Panthers eravamo molto giovani, poco avvezzi agli scontri fisici e ci facevamo scudo dei Fedelissimi. Questi erano uomini maturi, sempre in prima linea, con personaggi imbattibili come Ciro De Caro, Ciruzzo Mullechella, Vincenzo Pandolfi e tanti altri.” Sembra un amarcord da libro Cuore, l’appassionato ricordo di Adolfo che riprende con enfasi il suo racconto telefonico. “Al ritorno, il papà di Ciccio Rocco l’indimenticato dottor Nicola (che seguendo il figlio per la preoccupazione, era diventato tifoso anche lui) medicava a bordo dei pullman le ferite dei più 'ammaccati'. Mai sentito un lamento, mai vista una lacrima, imprecazioni quelle si, non mancavano, ma venivano dal cuore di tifosi sani, innamorati di un mitico 'Cavalluccio'".

Adolfo conclude dicendomi che quel cappellino di lana con la scritta Panthers lo conserva ancora in un cassetto, tra le cose più care. Ricordando quei ragazzi, come si fa a pensare di mollare. Mai potremmo farlo: chi allo stadio, chi a casa per acciacchi di età, chi lontano da Salerno, ma tutti uniti da un unico, grande cuore granata fino alla fine.

Sezione: Primo Piano / Data: Gio 22 febbraio 2024 alle 17:00
Autore: TS Redazione
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