Tra i grandi protagonisti di questo girone di ritorno della Salernitana figura sicuramente il portiere Alfred Gomis, giunto a gennaio e affermatosi subito come titolare scalzando, a suon di parate, Pietro Terracciano. L’ex Primavera del Torino ieri sera è stato ospite della trasmissione di Telecolore “Gol su Gol” dove si è sottoposto alle domande dei tifosi e ha raccontato la sua storia, partendo proprio dalle sue radici: “Il Senegal è la mia patria alla pari dell’Italia. Mi sento italo-senegalese, non mi sono ancora posto il problema della scelta per la Nazionale, ma se dovessi avere questa opportunità valuterei con la mia famiglia. Mio padre era giunto a Cuneo negli anni 80’, io ero piccolo quando lo raggiunsi in Italia. I nostri genitori, per permettere a me e ai miei fratelli di inserirci al meglio, volevano parlassimo italiano in casa. La scelta del ruolo? Mio padre, pur essendo stato portiere, ci ha lasciati liberi di scegliere autonomamente. È stato un caso, facevo l’attaccante ma una volta mancava il portiere della mia squadra e allora provai. Poi fui chiamato dal Torino proprio per fare proprio il portiere. Il portiere deve rimanere sempre e stare bene soprattutto mentalmente. Il Torino? È una grande squadra che ha dato a me e alla mia famiglia l’opportunità di affacciarci nel calcio che conta e va ringraziato. Il Bologna? Sono stati sei mesi molto produttivi che mi sono stati molto utili anche se non ho giocato. Mi ha aiutato ad affrontare il primo grande infortunio che mi è capitato”.
Successivamente il portiere italo-senegalese si è poi soffermato sul buon momento della squadra granata e sul suo ambientamento a Salerno: “La squadra ha preso consapevolezza nei propri mezzi e la voglia di dimostrare alla gente che la gara di Trapani è tato un caso isolato. È stata esagerata un po’ la situazione, è stata una giornata storta per tutti, anche per me. Poi abbiamo giocato con una squadra forte come la Spal che è stata più cinica di noi. È stato bravo il mister a non “affossarci” durante gli allenamenti invitandoci ad insistere sui suoi dettami e bravi anche noi a stargli dietro. È questione di equilibri, siamo stati bravi ad isolarci come squadra, perché l’umore del tifoso è diverso dal nostro. Noi possiamo lavorare serenamente in settimana per riparare l’errore precedente, mentre il tifoso continua a rimarcare l’errore anche i giorni dopo. L’appellativo di “puma”? Penso sia nato quando giocavo ad Avellino. La mia agilità? Il lavoro ha ripagato ma penso sia anche una dote naturale data dalla mia costituzione fisica. La permanenza? Mi farebbe piacere ma non dipende solo da me. I miei fratelli? Penso che quello che col tempo possa diventare più forte è Maurice che ha 19 anni. Alla sua età non ero pronto come lui. In famiglia non parliamo mai di calcio, mia mamma è proprio l’anti-calcio pur avendo una famiglia di calciatori. Mio padre giunse negli anni ’80, inizialmente asfaltava le strade a Cuneo. Poi lo raggiungemmo anche noi. Ricordo i sacrifici che ha fatto mio padre per me. Il rapporto con il preparatore Genovese? Ottimo, si è messo subito a disposizione. Parla poco ma dice le cose giuste. A Salerno ho legato con tutti, siamo un gruppo abbastanza compatto”.
In conclusione uno sguardo sul futuro e sugli obiettivi stagionali: “Play-off? Non guardo la classifica, mi concentro di partita in partita. La Serie B è molto particolare, dobbiamo continuare con questa convinzione. La corsa al primo posto? La Spal è molto forte e ha preso anche un giocatore di un’altra categoria come Floccari. Il Frosinone ha mantenuta l’ossatura dell’anno scorso, quindi sa come si ottiene la promozione, ma il Verona non è ancora tagliato fuori”.
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