Si è chiusa - finalmente - una sessione di mercato quanto mai anomala per la Salernitana. Al punto che, per la prima volta, dare un giudizio unico sull'operato del direttore sportivo diventa problematico. E così dobbiamo fare una distinzione netta, partendo dal Petrachi aziendalista. Sotto questo aspetto ci sentiamo di attribuire un voto molto alto al ds granata che, in due mesi, con budget pari a zero, uno spogliatoio spaccato, una marea di calciatori da collocare altrove e un presidente dimissionario che trattava con i fondi la cessione dell'intero pacchetto azionario del club, è riuscito ad abbassare del 70% il monte ingaggi, a garantire introiti superiori ai 20 milioni di euro e a vendere tanti elementi che non erano più degni di indossare la maglia granata. Considerando che Iervolino non ha nessuna intenzione di rimetterci un solo euro e che, con un saldo negativo di quella portata, si rischiava davvero grosso, possiamo dire che Petrachi ha reso più appetibile e sostenibile la Salernitana operando con pazienza infinita e trattando con i procuratori per completare quella che ha ribattezzato "opera di bonifica". Dunque a mai più rivederci, e senza rimpianti, ai vari Costil, Lassana Coulibaly, Kastanos, Pirola, Lovato, Ikwuemesi, Stewart, Daniliuc, Bradaric, Bonazzoli e tanti altri. Dispiace solo per Gyomber, ragazzo serissimo che in B avrebbe fatto la differenza senza occupare posti in lista. Per quanto riguarda il giudizio sul mercato in entrata, tutto è rimandato quantomeno alla fine del girone d'andata. E guai a non tener conto che il Ruggeri e il Gentile di turno sono arrivati per poter risparmiare soldi e permettersi, in un secondo momento, Ferrari e Stojanovic che saranno titolari quasi inamovibili nello scacchiere tattico di un Martusciello sin qui altalenante, ma a cui va concesso l'alibi di aver lavorato in ritiro in una situazione che sarebbe eufemistico definire paradossale.
Impossibile stabilire anche quale possa essere l'obiettivo realistico della Salernitana, passata da sogni europei alla salvaguardia del bilancio per evitare un tracollo finanziario e un ridimensionamento ancora più importante. Iervolino, lo abbiamo detto in tempi non sospetti, ha commesso una miriade di errori e, a caldo, viene davvero da augurarsi possa cedere quanto prima e spiegare come mai non abbia mantenuto le promesse fatte alla piazza. Una piazza alla quale sta facendo "pagare" i suoi errori, con il no categorico ad ogni tipo di dialogo e le mancate scuse a retrocessione aritmetica avvenuta. Oggi, però, spezziamo una lancia a favore del patron, quantomeno per allargare l'orizzonte della discussione. Mettiamoci nei panni di un imprenditore di successo che entra nel calcio, prende la Salernitana per una cifra assolutamente bassa rispetto al reale valore e si salva in quel modo diventando beniamino di una tifoseria in grado di portare 25mila persone in casa e anche 6000 in trasferta, con annesse intitolazioni di club e i cuori sotto la curva. Il famoso sinallagma. L'anno dopo, pur con le otto sberle di Bergamo e il Nicolacheva-Nicolacheviene, ecco un'altra salvezza, fermando tutte le grandi, con il calcio spettacolare proposto da Sousa, una festa da brividi a Piazza della Concordia e l'1-1 contro il Napoli che rappresenta uno dei punti più alti della nostra storia, quella festa rimandata che resterà sempre indigesta per quanto vogliano dire il contrario. Ecco, improvvisamente si ritrova ultimo in classifica, deve cambiare quattro allenatori e richiamare a furor di popolo un dirigente che aveva mandato via con dichiarazioni al veleno sui giornali, con tifosi critici sui social e uno stadio che si è svuotato progressivamente. Iervolino, in due anni, ha conosciuto la faccia bella e quella peggiore del calcio, non aveva messo in preventivo il passaggio dalle stelle alle stalle in un contesto che ti porta in alto e in un secondo ti rimette sotto terra. Parentesi: non si parli però di contestazione, si chieda a Soglia, Aliberti e Lotito il vero significato di questa parola.
Ad ogni modo Iervolino si è disamorato, si è forse reso conto che essere Re Mida nell'imprenditoria non garantisce successi nello sport, ha capito che il calcio è un mondo a parte e che circondarsi di collaboratori sbagliati equivale ad un bagno di sangue economico. Diciamocela tutta: Sabatini e De Sanctis hanno fatto errori clamorosi. Tecnici, finanziari, di gestione. Con Petrachi è tutta un'altra storia e, grazie a lui, oggi la cessione è possibile e la Salernitana può giocare con una squadra discreta e senza assilli di bilancio. E poi, in fondo, mica è tanto male Sepe, Stojanovic, Ferrari, Bronn, Jaroszynski, Amatucci, Maggiore, Soriano, Verde, Braaf e Torregrossa per la B? Senza torti arbitrali il team di Martusciello sarebbe addirittura primo in classifica! E chissà che la presenza nell'organigramma di un dirigente aziendalista e di tale spessore non possa far fare al proprietario un ragionamento diverso: guadagnerebbe di più cedendo l'azienda Salernitana o riportandola in A con il re delle plusvalenze e dei parametro zero? Che a nostra insaputa si stia aprendo una parentesi felice per la storia calcistica granata? Vedere il bicchiere mezzo pieno dopo un anno straziante è quasi d'obbligo, in fondo avete visto quanto poco sia bastato per ammirare di nuovo un Arechi in festa e che ha inciso e non poco su due vittorie al cardiopalma? Ecco, caro Iervolino: sarebbe bastato, dopo l'1-3 con l'Empoli, uscire allo scoperto, assumersi le responsabilità e presentare subito Petrachi per trasformare in un secondo scetticismo in fiducia. Non è mai troppo tardi. C'è tutto per tornare ad essere protagonisti, la palla passa al proprietario.
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