Una bruttissima sconfitta, una prestazione pessima dal primo all'ultimo minuto e senza alcuna attenuante. La Salernitana ha gettato alle ortiche i minimi progressi intravisti nell'interregno Colantuono prestando il fianco ad una Sampdoria che, in palese difficoltà, con un tiro e mezzo in porta ha aggiunto tre punti alla classifica. E' finita qui? Può darsi, anche perchè ora il calendario proporrà quasi tutte le big e una tripla trasferta da brividi. Che questa rosa necessitasse di altri giocatori di categoria lo abbiamo sempre rimarcato: a destra Zortea e Kechrida non sono da serie A, in mediana è bastato perdere Mamadou Coulibaly per riscoprire le lacune di chi ha vinto il campionato di B o, come Obi, è in involuzione costante, mentre in attacco le coppie stanno cambiando di continuo ma il dato resta allarmante. Sette gare senza segnare, appena tre tiri nello specchio della porta: un disastro. Nei numeri Colantuono ha fatto peggio del suo predecessore, con quattro sconfitte su cinque (a Venezia vittoria in extremis al 95' in 11 contro 10 e su papera del portiere), tre ko su tre in casa e qualche scelta che non ha convinto. E ora a Cagliari l'ultima occasione non per pensare alla salvezza, ma per sperare di chiudere il successivo ciclo tremendo con un distacco non eccessivo dalla quartultima. Non inganni la classifica dei sardi. Cragno, Godin, Caceres, Strootman, Nandez, Joao Pedro, Pavoletti, Keita: altro livello rispetto a Gagliolo, Schiavone, Obi, Djuric, Gyomber e Kechrida. Soprattutto se Kastanos, generosissimo, e Ribery non dovessero recuperare.
Sul francese è necessaria una riflessione. Oggi i calciatori accettavano passivamente l'atteggiamento della Sampdoria, abbassavano la testa dopo ogni errore, non hanno saputo reagire dopo lo svantaggio e andavano per conto proprio, anche perchè l'allenatore era seduto in panchina quasi rassegnato ufficialmente per "non trasmettere pressione". Ebbene,da un fuoriclasse non ci aspettiamo gesti di stizza, una "autosostituzione" senza attendere l'ingresso di un compagno o l'insofferenza quando sbaglia un passaggio. Quando ha accettato sapeva benissimo ci fosse una squadra costruita in poco tempo, senza proprietà, ultima con 0 punti e purtroppo accreditata per la retrocessione. Manca coesione nello spogliatoio? Possibile, quell'alchimia che fu determinante l'anno scorso è un lontano ricordo e la gestione non è delle migliori. Aya davvero meritava di finire ai margini visto il rendimento dei colleghi? Jaroszynski, perfetto in cadetteria, non può fare nemmeno un minuto? Bonazzoli può davvero restare sempre a guardare?
E' chiaro che le vittime principali di questo avvio da incubo sono i tifosi che, oggi, hanno contestato (con tono non propriamente acceso, in verità) il direttore sportivo Fabiani, il capitano Di Tacchio e un impalpabile Simy. La maturità della piazza, capace di cantare in seimila unità a Roma sullo 0-3, è tale da poter fare un ragionamento ad ampio raggio. Oggi tutti, tra rassegnati ed inguaribili sognatori, accoglierebbero con serenità una retrocessione con un nuovo presidente che, in conferenza stampa, fa un discorso di questo tipo: "E' andata così, proveremo a chiudere dignitosamente ma sarà comunque una Salernitana competitiva in futuro a prescindere". E' l'unico modo per non vivere il campionato come una lenta ed inesorabile agonia. Se a Cagliari andasse male la B sarebbe davvero dietro l'angolo. Ma intanto trust, trustee, banche e amministratori escano allo scoperto. Una squadra di calcio con decine di migliaia di tifosi in tutt'Italia non può essere venduta come fosse una lavastoviglie. Ci sono in gioco sentimenti, emozioni e tradizioni. Retrocedere ci sta, fa parte del gioco. Ma non così, soprattutto dopo aver proposto prezzi da Champions League in tempi di crisi economica.
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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