Editoriale di oggi che si apre con una sorta di racconto personale. Da storico tifoso della Salernitana e da persona che segue con amore i granata da 60 anni a prescindere dalla categoria, dai presidenti e dagli obiettivi, lunedì scorso mi sono ritrovato a spegnere il televisore dopo il primo gol del Bologna. Un mix di rabbia, frustrazione e senso di impotenza che mi ha spinto ad evitare i rimanenti 75 minuti di agonia: in fondo chi ha la mia età deve anche stare attento alla pressione e alle coronarie. Non è la serie B in sè a far male: la nostra storia insegna che siamo una piccola realtà del calcio italiano e ci può stare un anno storto. E' questa strafottenza generale (sia consentito il termine) a imporre una totale indifferenza nei confronti dei protagonisti di questo disastro sportivo. A partire dai calciatori. A memoria non ricordo un gruppo più freddo, distaccato, vuoto e disamorato come questo. Nemmeno un po' d'amor proprio - sportivamente parlando - rispetto a figuracce a livello nazionale. Non un fallo di reazione, non un aiuto emotivo ad un compagno in difficoltà, non un gesto di stizza dopo una rete subita. Eppure questi signori sono profumatamente retribuiti e hanno la fortuna di giocare in una piazza calda e, per atteggiamenti, totalmente diversa da quella del passato.
Chi ha vissuto il Vestuti capisce a cosa ci stiamo riferendo. E forse anche essere passati da un eccesso all'altro non aiuta. Ben venga aver messo da parte comportamenti non consoni a una tifoseria di spessore come la nostra, ma che messaggio passa se si canta, si balla e si esulta "oltre la categoria"?. In medio stat virtus, dicevano i latini. Una presa di posizione civile, educata e corretta rispetto a questo fallimento sportivo potrebbe essere più utile e incisiva di un coro a prescindere. Isolando cani sciolti che scadono nelle offese, ma esprimendo alla squadra, alla società e alla dirigenza il disappunto per un'annata in cui siamo stati tutti calcisticamente parlando ridicolizzati. Non stiamo esortando a contestare a tutti i costi nè è una critica nei confronti dello zoccolo duro. Anzi, ultras, abbonati, club e il partito dei sempre presenti saranno la forza della Salernitana quando, finita la passerella per le B, Arechi prima e Volpe poi accoglieranno i veri innamorati a prescindere. Tuttavia il messaggio deve essere forte e chiaro: in A è stata presa, in A deve tornare quanto prima. Possibilmente imparando dagli errori e ricordando che servono uomini di calcio, e non di mondo (anche se sono reduci da tre anni di militare a Cuneo, mi si consenta una battuta del grande Totò), che il tempo degli esperimenti è finito e che si deve partire da un direttore sportivo bravo. Anche sotto quest'aspetto, è stato un pianto greco.
Non dimenticheremo mai De Sanctis che, pubblicamente, dice no a Soulè e che afferma che "non serve un difensore" dopo aver incassato 60 gol nella stagione precedente. E se in A ti presenti con Stewart, Legowski, Ikwuemesi e Martegani, è evidente che il mercato è stato un autentico flop. Sabatini? Stesso discorso. A che serve aggiungere ad un gruppo già disunito, sfilacciato e senza mordente 10 tasselli ben retribuiti che, arrivando in prestito, se ne possono fregare altamente di sudare la maglia, di difendere la categoria e di metterci la proverbiale gamba? Liverani, poi, è stata la ciliegina sulla torta: si può affidare a lui il quartetto alla portata che avrebbe potuto riaprire il discorso salvezza? In fondo, a fine dicembre, eravamo a -2 dal Verona e, forse, si poteva ancora rimediare dopo gli sbagli estivi partiti dalla riconferma di un Sousa insofferente e di un Dia col mal di pancia cronico. Lì Sogliano ha dimostrato come si fa a far calcio in situazioni d'emergenza, conferma del fatto che il budget può essere, in parte, un alibi. D'altronde (e se ne facciano una ragione i detrattori di professione), anche qui a Salerno abbiamo esempi recenti di dirigenti che, senza soldi, senza società e con l'obbligo di dar conto a banche, trust e trustee, allestirono un undici competitivo e con gente di caratura internazionale. La storia del calcio insegna che non è necessario sperperare soldi per vincere, basta la competenza...
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