L'addio al calcio di Antonio Candreva ha spinto ciascuno di noi a spulciare il web per apprezzare di nuovo quelle autentiche perle che ha regalato ad un pubblico che, al posto di tributargli un grosso applauso in occasione dell'ultima apparizione all'Arechi, pensò bene di fischiarlo, offenderlo e finanche sputarlo come se fosse stato lui l'artefice della retrocessione più vergognosa della storia della serie A italiana. Un'altra occasione persa per mostrare maturità, insomma, la fotografia perfetta del perchè una piazza teoricamente grande e appassionata abbia visto la serie A così poco dal 1919 ad oggi. Tornando al tema principale, però, possiamo dire che rivedere i gol siglati all'Olimpico, allo Stadium o al Maradona oppure i capolavori all'Arechi contro Lazio, Inter e Atalanta aumenta esponenzialmente quel senso di rabbia, incredulità e tristezza per essere passati dalle stelle alle stalle nel giro di un anno e mezzo. Se poi aggiungiamo l'elogio pubblico di Sousa, forse il miglior allenatore di sempre in granata, vien davvero da chiedersi cosa abbia spinto Iervolino a fare dieci passi indietro proprio quando, in tempi record, si erano creati i presupposti per realizzare quanto promesso nella sua prima conferenza stampa.
Un rammarico enorme, un treno che forse non passerà mai più nella nostra vita calcistica. Ochoa recordman di parate decisive, Gyomber che giganteggia a San Siro, Dia che sbeffeggia Oshimen rinviando la festa, Candreva che disegna traiettorie meravigliose, Coulibaly che ringhia sulle caviglie degli avversari, Sousa che a Milano pareggia e inserisce Piatek per un mediano di rottura per provare a vincerla e 5000 salernitani che girano per tutt'Italia godendosi il 2-2 con la Juventus o il successo sulla Lazio. Senza dimenticare che, oltre Candreva, anche altri campioni del passato come Fazio, Perotti e Ribery hanno dato l'addio al calcio indossando la maglia granata. Oggi, grazie a questa società, nella migliore delle ipotesi festeggeremo l'aver evitato i derby con Cavese e Giugliano, sfottuti calcisticamente anche dai tifosi della Nocerina e con una rivale storica come l'Avellino ad un passo dalla promozione in cadetteria. Dai 30mila che aspettavano trepidanti la fine di Venezia-Cagliari a dover gufare - con tutto il rispetto - Sudtirol, Carrarese e Cittadella. C'è da aggiungere altro?
Nel mentre c'è un allenatore che, tra mille difficoltà e dopo aver commesso qualche errore grave, forse ha capito che la rosa ha dei limiti enormi e che giocarsela significa esporsi a sconfitte certe. Da qui la scelta di accontentarsi dello 0-0 a Bari dopo un'ora comunque discreta. Qualche statistica inizia a dare ragione al mister: 10 punti su 12 in casa, 4 partite senza subire gol nelle ultime otto, salvezza da -5 a -2, 6 risultati positivi su 10, al punto che nel 2025 la Salernitana risulterebbe a metà classifica valutando soltanto il girone di ritorno. Se poi la dirigenza gli mette a disposizione alcuni elementi (non facciamo nomi, a voi la libera scelta) non può mica fare miracoli? Per ora pensiamo a sostenere la squadra, ricordando che anche arrivare ai playout con ritorno in casa può essere un obiettivo. A fine campionato nessuno dimentichi lo strazio a cui abbiamo assistito in questi due anni. E i responsabili decidano: o investono e ci riportano dove ci hanno preso o si facciano da parte quanto prima.
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