In casa Salernitana si sta ripetendo un copione già visto, quando arrivano difficoltà e risultati (o addirittura solo prestazioni) deludenti, il primo bersaglio diventa l’allenatore. Oggi tocca a Giuseppe Raffaele, finito al centro delle critiche come se fosse l’unico responsabile dell’attuale rallentamento. I pareggi contro Crotone, Potenza e Trapani e la sconfitta di Benevento, hanno evidenziato limiti evidenti nella produzione offensiva e nelle letture difensive, ma non bastano a spiegare una contestazione così feroce.

La verità è che, come accaduto un anno fa con Martusciello (ma anche negli anni passati per i vari Inzaghi, Sousa e Nicola), il problema non può essere ridotto alla sola guida tecnica. Il progetto messo in piedi dalla società non è mai stato realmente solido, investimenti ridotti, rosa ricostruita in fretta, mancanza di una linea strutturata. Il risultato è una squadra che alterna buoni momenti a blackout inspiegabili, incapace di trovare continuità perché fondata su basi fragili.

Il confronto con chi sta davanti parla chiaro, Benevento e Catania hanno investito in modo mirato, allestendo organici più profondi e completi e hanno una base costruita da più anni. I loro risultati non sono un caso. La Salernitana, con una rosa ancora in cerca di equilibrio, paga invece lacune strutturali che nessun allenatore potrebbe risolvere nel breve periodo.

Prima di puntare il dito contro Raffaele sarebbe più onesto interrogarsi sulle scelte societarie di questi ultimi due anni. La piazza è stanca, e comprensibilmente chiede risposte. Ma indirizzare la rabbia solo verso panchina e campo rischia di nascondere il vero nodo, una squadra costruita per competere per le prime posizioni ma non per il primo posto. La fiducia a Raffaele rest anche se il tempo per dimostrare che può invertire la rotta è sempre meno. 

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 09 dicembre 2025 alle 13:00
Autore: Lorenzo Portanova
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Caporedattore dal 2023
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