C'è un filo rosso che lega le vicende dei direttori sportivi della Salernitana degli ultimi anni. Un filo fatto di aspettative deluse, diktat societari e carriere che si spezzano contro i paletti imposti da una gestione che sembra seguire sempre lo stesso spartito: mercato fatto di svincolati, prestiti gratuiti o calciatori reduci da infortuni e cessioni obbligate dei giocatori con gli stipendi più alti.
Daniele Faggiano, nuovo direttore sportivo granata con un contratto biennale fino al 2027, dovrebbe guardare con attenzione alle vicende dei suoi predecessori per trarne i dovuti insegnamenti. Perché la storia e gli errori, alla Salernitana, sembrano ripetersi con una costanza impressionante.
Il valzer dei direttori: quando il talento si schianta sui vincoli
L'ultimo capitolo di questa saga si è chiuso lo scorso gennaio con l'esonero di Gianluca Petrachi, l'ennesimo dirigente di esperienza che ha dovuto arrendersi di fronte alle difficoltà strutturali del club campano, nonostante la disponibilità di un ricco paracadute. Prima di lui, Morgan De Sanctis aveva vissuto la stessa sorte: l'ex portiere, durante la sua seconda campagna acquisti (nella prima aveva scialato con un budget consistente grazie alla svendita di Ederson), si è trovato intrappolato negli stessi meccanismi e aveva fatto infuriare il bravo Sousa.
E anche il secondo Sabatini, colui che aveva compiuto il miracolo salvezza nella stagione 2021-2022, rappresenta forse l'esempio più emblematico di come anche i profili più qualificati possano "bruciarsi le penne" quando si scontrano con una filosofia di mercato troppo rigida.
Il diktat prima vendere: una strategia che logora
Il problema è sempre lo stesso: operare sul mercato principalmente con giocatori svincolati e prestiti e solo dopo aver ceduto i calciatori con gli stipendi più elevati. Una strategia comprensibile dal punto di vista economico per una società che deve fare i conti con bilanci in rosso, ma che mette i direttori sportivi in una posizione impossibile.
Come può un dirigente costruire una squadra competitiva quando deve prima smantellare l'ossatura della rosa precedente e poi ricostruire con i rimasugli del mercato? È un po' come chiedere a un architetto di costruire una cattedrale avendo a disposizione solo mattoni di scarto e un budget risicato.
"Usi obbedir tacendo e tacendo morir": Un motto che non dovrebbe appartenere al calcio
Il vecchio motto dell'Arma dei Carabinieri "Usi obbedir tacendo e tacendo morir", poi sostituito con il più moderno "Nei secoli fedeli", sembra essere diventato il non scritto codice comportamentale dei direttori sportivi della Salernitana. Un'adesione silenziosa a diktat che spesso vanno contro ogni logica sportiva, fino al punto di rottura.
Ma il calcio non è una caserma e i direttori sportivi non sono soldati. Sono professionisti che dovrebbero avere la libertà di operare secondo le proprie competenze e visioni, ovviamente nel rispetto dei budget assegnati, ma senza subire vincoli che rendono quasi impossibile svolgere il proprio lavoro.
Il monito per Faggiano: imparare dal passato
Daniele Faggiano è arrivato a Salerno con un curriculum di tutto rispetto: ha lavorato con Siena, Trapani, Palermo, Parma, Genoa, Sampdoria e Catania. Sa cosa significa costruire squadre in contesti difficili. Ma la Salernitana, con la sua retrocessione in Serie C e i suoi vincoli economici, rappresenta una sfida ardua.
Il Presidente Milan ha dichiarato ieri che hai carta bianca, non c'è budget, decide tutto il ds. E pochè il dr. Milan è un uomo d'onore non possiamo dubitare della veridicità delle sue affermazioni. E allora usala questa carta bianca Daniele!
Altrimenti il rischio è quello di accettare silenti un meccanismo perverso dove ogni direttore sportivo è chiamato a fare il matrimonio con i fichi secchi, per poi essere sacrificato quando i risultati non arrivano. Un copione che abbiamo visto troppe volte e che ha già bruciato dirigenti di qualità.
La necessità di un cambio di rotta
Se la Salernitana vuole davvero ripartire dalla Serie C con ambizioni di risalita, dovrà necessariamente rivedere questo approccio. Non si può continuare a chiedere a professionisti qualificati di operare sempre in condizioni di emergenza, con il mercato degli svincolati come unica risorsa e la spada di Damocle delle cessioni obbligate sempre puntata sulla testa.
Faggiano ha firmato un biennale, ma la storia recente del club insegna che i contratti, in questo ambiente, sembrano scritti sulla sabbia quando le cose non vanno come previsto.
L'augurio è che il nuovo direttore sportivo granata riesca a spezzare questa catena, ma per farlo avrà bisogno di condizioni di lavoro diverse rispetto a quelle offerte ai suoi predecessori. Altrimenti, rischia di diventare l'ennesimo nome da aggiungere alla lista dei direttori sportivi che alla Salernitana hanno visto "bruciarsi le penne".
Il calcio ha bisogno di programmazione, stabilità e fiducia reciproca. Ingredienti che, almeno negli ultimi anni, sono mancati nelle stanze del potere granata. Staremo a vedere se dopo la brutta esclusione dalla Coppa Italia di serie C le cose cambieranno davvero o se ci troveremo, tra qualche mese, a raccontare l'ennesimo capitolo di una storia già vista.
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