Chi legge i miei editoriali sa perfettamente che non guardo in faccia a nessuno quando si tratta di criticare, anche a costo di esprimere giudizi che possono sembrare impopolari. Non sarà sfuggito ai tifosi più attenti, per esempio, che anche dopo le prime cinque vittorie consecutive invitavo tutti a tenere i piedi per terra perchè la rosa era palesemente inferiore a quella di Catania, Benevento e - forse - anche Cosenza. Fatta questa doverosa premessa, oggi non mi trovo assolutamente d'accordo con la scelta del pubblico di fischiare sonoramente i calciatori e lo staff tecnico. Guai a sminuire il malcontento popolare dopo due clamorose e mortificanti retrocessioni consecutive, ma chi oggi rappresenta i colori granata non può pagare l'insofferenza che scaturisce da un recente passato fatto di sconfitte, promesse non mantenute ed errori di ogni genere.

Se si decide di non contestare la proprietà capitanata da Danilo Iervolino, il presidente Maurizio Milan e l'amministratore delegato Pagano, non si può sfogare la frustrazione sportiva contro chi, al netto di ogni limite tecnico (ricordiamoci sempre che siamo in serie C e che i tempi di Ochoa, Candreva, Ribery e Dia sono finiti), sta comunque sudando la maglia raccogliendo meno di quanto meriterebbe. Prendiamo come riferimento la gara col Trapani, club che ha investito milioni e milioni di euro e che, senza penalizzazione, sarebbe in lotta per la promozione diretta.

La Salernitana ha subito un solo tiro in porta, ha mostrato carattere pareggiandola con una magia di Anastasio e ha provato fino alla fine a vincerla con cuore, spirito battagliero e qualche lodevole azione corale. Siamo tutti d'accordo: Inglese irriconoscibile, Capomaggio lento, De Boer macchinoso e difesa che sembra andare in apnea ogni volta che subisce un contropiede. Ma non si può accettare che venga criticato e offeso un gruppo col quale gli ultras ballavano e cantavano fino a poche settimane fa. Gente che ha accettato la sfida dopo due retrocessioni di fila, in un contesto ambientale ostile, con una società in grossa difficoltà e con la pressione di dover vincere a tutti i costi senza potersi concedere mezzo passo falso.

Faggiano, che ha avuto il coraggio di metterci la faccia riorganizzando un contesto nel quale troppi uomini "di mondo e non di calcio" entravano in decisioni tecniche commettendo una marea di errori anche sul piano della comunicazione, ha esperienza e competenza per rimettere le cose al proprio posto, risollevando il morale di un gruppo che ha ora due partite abbordabili per chiudere il girone d'andata e un anno molto molto complesso con sei punti dal sapore di speranza.

In fondo il primo posto dista cinque punti e, con gli scontri diretti tutti in casa nel prossimo semestre (a patto che lo stadio torni a essere trainante come un tempo, da qualche gara clima stranamente freddo), non bisogna affatto accantonare quel sogno che inizia con la seconda lettera dell'alfabeto. Fiducia piena nel ds, nella squadra, nel mercato, nel mister, in chi per tre mesi ha guardato tutti dall'alto verso il basso. E' finita si dice alla fine.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 08 dicembre 2025 alle 00:00
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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Luca Esposito
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Direttore Responsabile dal 2017
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