Nel momento in cui chi vi scrive ha deciso di pubblicare quest'articolo, c'è piena consapevolezza dei soliti commenti (spesso stupidi e ricchi di pregiudizi) che arriveranno sul nostro sito. Manna dal cielo per gli anonimi del web che vivono di slogan e hanno periodicamente bisogno di trovare un bersaglio contro il quale sfogarsi. Dato che, però, noi facciamo i giornalisti e abbiamo l'obbligo di raccontare i fatti senza farci condizionare da facebook, non possiamo non ricordare che Salernitana-Lazio sarà una partita importante e particolare anche per il direttore generale biancoceleste Angelo Fabiani.
Ricordando una frase di Catullo, potremmo dire che tra Fabiani e Salerno sia stata una sorta di "odi et amo". Perchè da un lato c'è parte della piazza che ha contestato spesso contestandogli qualunque cosa, dall'altra c'è una tifoseria che sa riconoscere i meriti e che non può che partire dai fatti oggettivi: la Salernitana, con lui al timone, ha vinto tre campionati, una coppa Italia e conquistato salvezze importanti.
E se qualcuno, sempre sul web, si diverte spesso a elencare calciatori che qui non hanno certo avuto fortuna (i vari Grillo, Svonja, Tagliavacche, Roberto, Joao Silva, tanto per fare qualche esempio), in tanti preferiscono argomentare diversamente. Perchè convincere gente del calibro di Calil, Gabionetta, Moro, Di Napoli, Fusco, Lanzaro, Milanese o Ciarcià a scendere in C1 non era facile. Perchè in B il quartetto offensivo era formato da Coda, Sprocati, Rosina e Donnarumma, la miglior risposta a chi insegue ancora teorie fantascientifiche nettamente smentite dai fatti. E perchè in A non ci vai se non porti in granata Mantovani, Belec, Gyomber, Tutino, Di Tacchio, Djuric, Gondo, Cicerelli, Kiyine, Bogdan e altri elementi di assoluto livello.
Certo, anche l'ex ds ha commesso degli errori, ci sono stati campionati che lui stesso ha definito fallimentari (la salvezza stentata a ridosso del centenario è macchia indelebile per quella società, con quella rosa che però a giugno da tutti era considerata tra quelle candidate al grande salto), operazioni di mercato sbagliate e qualche allenatore di troppo esonerato. Ma nel calcio contano i fatti e la Salernitana targata Lotito è passata dal fallimento alla trasferta di San Siro.
Si può discutere il carattere, si può archiviare in modo negativo qualche presa di posizione (noi per primi abbiamo avuto il "Daspo" dalla sala stampa per anni, e c'è qualche stolto che ci accusa di cose folli), si può dire che in A ci si poteva arrivare prima e che talvolta a gennaio non c'è stato il colpo che tutti si aspettavano. Ma la Salernitana è in A anche grazie a loro e Iervolino ha investito perchè ha trovato bilanci ok e un fondo cassa tutt'altro che indifferente.
Il vero miracolo gestionale riguarda gli anni 2020 e 2021. Anzitutto l'applicazione di un rigido protocollo covid che ha permesso alla squadra di vincere la B senza intoppi particolari. Con tanto di complimenti della Lega B. In secondo luogo perchè la Salernitana, con trust e senza soldi e proprietario, riuscì a convincere calciatori come Zortea, Ranieri, Ruggeri, Strandberg, Coulibaly, Bonazzoli, Simy, Kastanos, Obi e Ribery. E se chiudi operazioni del genere con una deadline fissata al 31 dicembre vuol dire che sei bravo. Stop. E in fondo furono quelli della "vecchia guardia" a salvare la Salernitana, oltre a qualche innesto targato Sabatini.
Aggiungiamo che, dopo la bocciatura del primo trust, furono persone vicinissime a Fabiani a sbrogliare la matassa consentendo alla Salernitana di iscriversi e che quella salvezza arrivò anche per la capacità di far rinviare le gare con Udinese e Venezia che, disputate in quelle condizioni, certo non avrebbero portato in dote quei sei punti. E se poi l'avvocato Ciccone dichiara che "è stato proprio l'ex ds a chiedermi di convincere Iervolino" il quadro è completo.
La speranza è che, nel tempo, l'ambiente possa riconoscere a mente fredda anche i meriti senza soffermarsi a slogan e ritornelli diventati anche stucchevoli e anacronistici.
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