Il caso Brescia ha assunto i contorni di una vicenda kafkiana che rischia di trascinare nell'assurdo l'intero sistema. Da una parte una retrocessione d'ufficio che appare scontata, dall'altra una serie di ricorsi che potrebbero ribaltare tutto proprio quando sembrava tutto definito. E nel mezzo? La Salernitana, sospesa tra terra e cielo, con i propri nazionali pre-convocati e un'intera piazza che attende risposte.
Il paradosso della giustizia a geometria variabile
Le recenti decisioni sui casi Trapani e Brescia hanno evidenziato una giustizia sportiva che applica metri di giudizio differenti per situazioni praticamente identiche. Il principio dell'"afflittività" della pena viene brandito come una clava quando fa comodo, ignorato quando risulta scomodo. Se questo è il sistema, allora è il momento di mettere in discussione il sistema stesso.
La Salernitana ha sempre dimostrato correttezza nei rapporti con la Federazione. Ha rispettato ogni regola, ogni scadenza, ogni procedura. Eppure questa irreprensibilità non è mai stata adeguatamente riconosciuta dal "Palazzo". Anzi, sembra quasi che la linearità di comportamento venga penalizzata rispetto a chi sa navigare meglio nelle acque torbide della burocrazia sportiva.
L'esempio del TAR e la strada da percorrere
I precedenti del TAR del Lazio offrono spiragli concreti per chi sa come muoversi nella giustizia amministrativa. Non sono episodi isolati, ma segnali di un orientamento che privilegia la sostanza sulla forma, il merito sulla procedura. Quando la giustizia sportiva si impantana nelle proprie contraddizioni, quella ordinaria può offrire vie d'uscita inaspettate.
Il patron granata non può limitarsi ad aspettare l'esito dei ricorsi del Brescia. Sarebbe come affidare il proprio futuro alle decisioni altrui, rinunciando alla propria agency in una partita troppo importante per essere delegata. Come ha giustamente sottolineato l'avvocato Fimmanò, "esistono delle regole di diritto che vanno a prescindere dalle regole sportive".
Difendere l'indifendibile o rivendicare il giusto?
La situazione attuale presenta contorni surreali: una squadra che dovrebbe giocare i playout contro un avversario già matematicamente retrocesso, in attesa che la giustizia decida se questo avversario debba effettivamente retrocedere. È come trovarsi in una partita di scacchi dove le regole cambiano ad ogni mossa.
Ma proprio questa assurdità rappresenta il punto di forza della posizione granata. Non si tratta di difendere l'indifendibile, ma di rivendicare il rispetto delle regole basilari della competizione sportiva. Quando un campionato viene concluso con una classifica, quella classifica dovrebbe avere valore definitivo fino a prova contraria. Non può essere messa in discussione da decisioni che arrivano a giochi fatti.
Il momento della scelta
Questo è il momento in cui si misura la leadership. Un patron che si rispetti non può accontentarsi di subire gli eventi, deve orientarli. La Salernitana ha tutti gli strumenti legali per far valere le proprie ragioni in ogni grado di giudizio. Ha precedenti favorevoli, ha una posizione di diritto solida, ha la forza economica per sostenere una battaglia legale che potrebbe fare giurisprudenza.
I tifosi granata non meritano di rimanere "in balìa dei tribunali" aspettando decisioni che altri prenderanno per loro. Meritano una società che combatte, che non si arrende, che usa tutti gli strumenti a disposizione per tutelare i propri diritti.
L'ora delle decisioni coraggiose
Il calcio italiano ha bisogno di società che abbiano il coraggio di sfidare lo status quo quando questo si rivela ingiusto. La Salernitana può essere quella società. Può trasformare quella che sembra una disgrazia in un precedente positivo per tutto il movimento.
Non si tratta di cercare scorciatoie o di aggirare le regole. Si tratta di pretendere che le regole vengano applicate con coerenza e trasparenza. Si tratta di non accettare che la correttezza venga punita e l'incertezza giuridica premiata.
Il 12 giugno si avvicina rapidamente. Ma prima di quella data cruciale, c'è ancora tempo per agire. C'è ancora tempo per dimostrare che la Salernitana non è solo una spettatrice della propria storia, ma la protagonista di una battaglia per la giustizia che va oltre il calcio.
La palla, ora, è nel campo della proprietà granata. Il momento di giocarla è adesso.
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