Una vita sulla fascia prima di saltare dietro la scrivania. Claudio Ferrarese ne ha macinati di chilometri in carriera. Ora, però, sta per dare il via a una nuova vita da direttore sportivo, con tanto di tesi preparata sulle modifiche del ruolo nel corso degli anni e pronta ad essere discussa fra meno di una settimana, il prossimo 9 dicembre, a Coverciano. "Ormai ci siamo, il grosso è fatto", ha raccontato l’ex calciatore. Sabato guarderà Cittadella-Salernitana, sfida che lo ha visto protagonista in carriera con entrambe le maglie in due avventure diversissime ma ricche di soddisfazioni.
Ferrarese, che momento sta attraversando la Salernitana?
"Non facile. Purtroppo con l’Ascoli è arrivato un pareggio amaro. Serve qualcosa in più da parte di tutti. Continuo a credere che questa è una squadra che può raggiungere tranquillamente i playoff".
Intanto nel mirino della critica ci è finito anche Ventura.
"Il mister lo conosco bene, l’ho avuto a Verona ed è uno dei migliori allenatori in circolazione. Insegna calcio, ha la qualità di saper allenare e far crescere i propri calciatori. In questo senso è una vera e propria garanzia. La squadra deve seguirlo perché con lui si farà strada".
Come si può uscire da questa situazione così complicata?
"Con il lavoro, con la cura dei dettagli e soprattutto facendo quadrato. Ora c’è bisogno di assumersi maggiori responsabilità. Nel calcio basta un risultato per scacciare via tutti i malumori".
Crede che qualche giovane abbia staccato la spina ai primi complimenti?
"Credo di no, sarò ripetitivo ma Ventura è un allenatore che pretende sempre il massimo. In allenamento si lavora con intensità, alla ricerca della perfezione quindi non credo ci sia tempo per i calciatori di rilassarsi".
Da futuro dirigente sportivo, condivide la scelta del silenzio stampa per le decisioni arbitrali?
"A volte è meglio non parlare, mordersi la lingua per evitare dichiarazioni dettate dalla rabbia. Condivido la loro scelta, sappiamo bene quanto gli episodi facciano la differenza nel corso di un campionato".
A giugno era in città respirando l’entusiasmo per il Centenario. Sei mesi dopo è ritornato il malumore.
"È tutto davvero incredibile. Credo che questa situazione sia solo una protesta contro la società e non contro una squadra che comunque sta facendo bene. È incredibile, però, che una piazza come Salerno stia urlando forte il proprio dissenso lasciando l’Arechi vuoto. Parliamo di uno stadio che tante volte ha spinto la Salernitana alla vittoria, che è il dodicesimo uomo in campo. Vederlo così permette agli avversari di avere più possibilità di fare risultato".
Un clima infuocato, diverso rispetto a quello di Cittadella...
"Ho avuto la fortuna di giocare lì con massima tranquillità. La gente va allo stadio, si gode la partita dandoti quella sensazione che non succederà niente in caso di risultato negativo. È un posto fantastico per giocare a calcio, aiutato da un progetto eccezionale che negli anni ha portato addirittura la società a sfiorare la serie A".
Un altro modo di intendere il calcio rispetto a Salerno.
"Decisamente. Sono sempre stato un sanguigno, ho giocato in piazze in cui si respirava calcio ogni ora del giorno. Amavo le pressioni, erano benzina in più per fare bene in campo. A Salerno non vedevo l’ora di giocare perché volevo sentire sulla pelle il calore della gente".

Sezione: News / Data: Gio 05 dicembre 2019 alle 09:30 / Fonte: La Città
Autore: TS Redazione
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