Abbiamo rimarcato più volte che attribuire a Paulo Sousa responsabilità per questa stagione disastrosa significasse spostare (in alcuni casi volutamente) l'attenzione rispetto alle reali problematiche. Perchè in estate il tecnico portoghese, artefice di un miracolo sportivo con una squadra che rendeva al massimo pur avendo diversi limiti, aveva alzato la voce chiedendo rinforzi e lasciando intendere che ci fosse un ridimensionamento rispetto a quanto prospettato dalla proprietà.
Del resto, dopo aver parlato di "lotta per la zona sinistra nel giro di 3-5 anni", quale occasione migliore per trasformare le parole in fatti? Staff tecnico di altissimo livello, gruppo granitico, 25mila spettatori all'Arechi, 3000 in campo esterno, un'ossatura da rinforzare con pochi ritocchi ma di categoria e di qualità e la festa a Piazza della Concordia che sanciva un patto di ferro tra quella Salernitana e la sua gente.
Ai più attenti, però, non sarà sfuggito un dettaglio risalente proprio a quella serata. Di fatto ultima con le varie componenti che ragionavano in un clima di armonia e apparente unità d'intenti. L'amministratore delegato, nell'inedita veste di presentatore, si diceva "emozionato e felice per i risultati sportivi che abbiamo conseguito, l'auspicio è che questo bagno di folla possa essere elemento ulteriore che spinga il mister a restare con noi".
Nessuna conferma ufficiale, dunque. Poi prese parola Sousa, ancora più esplicito: "Ringrazio questo gruppo, abbiamo fatto un percorso straordinario regalando una gioia alla tifoseria. Avremo bisogno di voi, soprattutto in quei momenti difficili che senza dubbio ci saranno. Sono uomo di calcio e devo mantenere i piedi per terra: l'obiettivo è la salvezza, dobbiamo garantire la serie A a questo pubblico meraviglioso che ci segue dappertutto".
Poche ore dopo, ecco il famoso incontro in un noto locale della provincia di Salerno. Di discuteva - appunto - di rinnovo e di mercato, con il trainer portoghese che fece un elenco di calciatori funzionali al suo sistema di gioco e di reparti da rinforzare. Possibilmente trattenendo i migliori. Non ci fu un accordo, sotto questo aspetto, visto che - per il club - Dia e altri potevano essere sacrificabili in caso di offerte interessanti. E, soprattutto, prevaleva la volontà di acquistare giovani di prospettiva e non solo nomi di spessore che potessero alzare da subito il livello tecnico.
E chi pensa che Sousa abbia lanciato il campanello d'allarme a Rivisondoli, era forse distratto nel giorno della conferenza pre Cremonese. L'ultima prima della fine della stagione: "Io sono ambizioso, ma sono anche consapevole di ciò che può offrire il club oggi. La Salernitana si appresta a fare il terzo anno di fila in serie A. Io sono per i processi e non per i progetti. Perchè un processo non finisce mai, il progetto ha un inizio e una fine.
Ci sono calciatori forti che vorrei restassero, però bisognerà capire quali sono le esigenze del club. Io ho le idee chiare, qui ho lavorato bene e c'è una tifoseria fantastica. Dovremo affidarci alle capacità del direttore sportivo e alla disponibilità economica del presidente". Tra le righe già traspariva una divergenza rispetto alle prospettive future, del resto non si va ad incontrare altre società se c'è la certezza di restare in granata e di essere fulcro di un progetto che doveva assolutamente ripartire da chi aveva regalato un trimestre da sogno alla tifoseria e che poteva fungere da manager a 360°
Proprio queste divergenze spinsero Sousa a far valere quanto previsto dalla clausola e ad incontrare altri presidenti, con quattro squadre italiane interessate (Napoli, Roma, Genoa, Bologna), altre all'estero e un sondaggio economicamente rilevante dall'Arabia. Tutto il resto è storia nota: il summit in segreto con De Laurentiis, De Sanctis che sotto traccia lavorava per sostituire il trainer portoghese (sondando, tra gli altri, Farioli e Benitez), una tifoseria spaccata e la PEC inviata per depositare il contratto automaticamente rinnovato alla scadenza della famosa finestra di dieci giorni
Di fatto, i presupposti per preoccuparsi si erano creati proprio quando Salerno si stava godendo forse il periodo calcistico più bello della propria storia. E Sousa, visto come il destabilizzatore di un gruppo tuttora spaccato, partito in ritiro senza volti nuovi e con tanti giocatori "normali" che sono diventati super grazie a lui, pur con umane tentazioni in direzione Napoli avrebbe proseguito volentieri la sua avventura in granata.
Appelli inascoltati, con annesse tabelle improponibili su una presunta preparazione sbagliata. Avesse ogni componente capito prima certe cose, forse tutto questo si poteva evitare. Per due estati di fila c'era la tavola apparecchiata per costruire una grande Salernitana e cavalcare l'onda del trainante entusiasmo del pubblico. Perchè, improvvisamente, si è passati dai 25 milioni per Pinamonti a Stewart a Ferragosto?
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