Intervistato in esclusiva dalla redazione di TuttoSalernitana, l'ex difensore granata Carlo Mammarella ha ripercorso le fasi salienti della breve, ma intensa esperienza all'ombra dell'Arechi ripartendo dalla festa promozione col Pescara, dal rigore sbagliato con il Sassuolo di Allegri e da un addio abbastanza tormentato. Ecco le sue dichiarazioni:
Arrivò abbastanza giovane su indicazione di Agostinelli. Che impatto ebbe con la piazza?
“Mi ritengo fortunato ad essere stato un piccolo pezzo di quella squadra. Mi resi immediatamente conto del blasone dei calciatori della rosa e della tifoseria. Nel giorno della prima amichevole a Roccaporena c’erano 2000 persone, era la prima volta che mi potevo confrontare con una piazza straordinariamente legata alla maglia e che ti trasmette adrenalina e un forte senso di responsabilità”.
Titolare in avvio, poi divenne una riserva. Cosa accadde?
“Arrivai fondamentalmente non come l’acquisto del secolo, ma come ragazzo umile che si era costruito piano piano la sua carriera. Ho avuto l’occasione di far parte di quel gruppo,nelle prime partite ho avuto il mio spazio ed ero felice. Quella Salernitana doveva vincere il campionato a tutti i costi, quando si crea l’occasione di prendere un terzino come Milanese- a fine carriera ma un ragazzino di 18 anni biologicamente- diventa complicatissimo rubargli il posto. Personalmente potevo fare qualcosa in più, ma la concorrenza era agguerrita e la squadra era forte: se hai compagni di valore, devi accettare le decisioni del mister. Le presenze furono circa 14, ricordo ancora la beffa del pareggio interno col Gallipoli maturato al 94’. Poteva essere un’annata diversa, condita da qualche assist e gol: fare la differenza a Salerno avrebbe garantito il grande salto. Ma resto orgoglioso di aver indossato la maglia granata”.
Tra le sue migliori prestazioni ricordiamo quella di Crotone, sfida pareggiata nonostante l'assedio degli avversari...
“Quella serie C era difficile, con valori tecnici diversi. Oggi non c’è in giro l’Arturo Di Napoli di turno che scende in Lega Pro. Il Crotone stava iniziando a creare qualcosa di importante, facemmo una partita di grande sofferenza. Quando, però, torni a casa con un risultato positivo dimostrando di saper soffrire in 10 contro 11 è inevitabile acquisire consapevolezza nei propri mezzi. Ricordo bene i loro pali e i miei salvataggi sulla linea: quello 0-0 diede il via alla nostra cavalcata”.
Lei ha parlato dell'importanza della piazza: Di Napoli ha detto che, nello scontro diretto con l'Ancona, foste voi a scrivere un messaggio ai capi ultras nell'intervallo...
“Ho vissuto sulla mia pelle, quando arrivi a Salerno capisci subito dove stai giocando. Sia in casa, sia in trasferta la gente ti segue e ti dà una grossa mano, come fai a dimenticare i 32mila col Pescara? Non entrava uno spillo in curva, bellissimo! Quanto alla gara con l’Ancona, se c’è sciopero del tifo è inevitabile che conquisti punti in meno. E’vero, nell’intervallo la squadra chiese agli ultras di spingerci e darci una mano. Il cambio di passo fu palese, correvamo il doppio e la sbloccammo grazie ad Arturo Di Napoli”.
Caso Potenza. Salernitana penalizzata e partita sotto inchiesta. C'è rammarico?
“Chi capisce di calcio sa bene che quella partita è stata vera, non è successo assolutamente nulla di strano. Gara combattuta fino all’ultimo secondo, soffrimmo molto e la sbloccammo soltanto a 4 minuti dalla fine. Il clima all’interno del campo era di battaglia, sportivamente parlando. Preferisco ricordare il ritorno a Salerno, quando ci accolsero in 5000. Sembrava quasi che avessimo vinto lo scudetto, la gente ci aspettava per esplodere tutta la propria gioia. Una cosa unica, che mi rende orgoglioso di aver indossato quella maglia. Vincere a Salerno in C ti emoziona più di una salvezza in B con un’altra squadra. La città è divisa in quartieri, era obbligatorio riconoscere meriti ai tifosi e fu bello festeggiare insieme a loro. Ricordo anche la festa finale allo stadio, un qualcosa di straordinario”.
C'è rimpianto per la finale di Supercoppa persa in casa?
“Era il Sassuolo di Allegri. La gente mi ricorda ancora per quel rigore sbagliato. Me la cavo sulle palle inattive, ma rigorista non sono mai stato. Mi ritrovai in lista, tra l’altro per ultimo. Solitamente il quinto è il più bravo, posso dire che per me fu un impatto forte avere 10mila persone che mi osservavano dalla curva. Era strapiena, come sempre. Mi crollò il mondo addosso, Fabiani venne immediatamente ad abbracciarmi per rincuorarmi. Ero sotto terra, ma negli anni ho capito che queste piccole cose ti aiutano a crescere. Rigorista ci si nasce, paradossalmente è più semplice battere una punizione”.
Come mai a fine stagione andò via?
“C’era la possibilità, tramite la Salernitana, di andare a Cassino. Era una società satellite e avevano puntato su di me per vincere il campionato.Potevo rinnovare e andare in prestito, ebbi un confronto con i presidenti Murolo e Lombardi. Non mi sono sentito tradito, sia chiaro, ancora oggi ho un ottimo rapporto con Fabiani e ricordo quando mi chiamò per chiedere informazioni su Sprocati ai tempi della Pro Vercelli. In quel caso, però, devo dire che ci sono rimasto male. Era una bocciatura, diciamo le cose come stanno”.
Il suo nome è stato spesso accostato alla Salernitana negli ultimi anni.C'era qualcosa di vero?
"Assolutamente sì. Due volte sono stato ad un passo dalla firma, anche in virtù dei buoni rapporti con Fabiani. Sarebbe stata una bella occasione tornare in quello stadio e con una maturità diversa. E' andata diversamete, va bene così".
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