Non è finita. Anzi. Ma il coraggio e il carattere della Salernitana di Marino non si sono visti al “Picco”. Sono rimasti chiusi nello spogliatoio: quello dell’Arechi! Quasi irriconoscibile nell’atteggiamento, nella determinazione e nella vigoria la squadra granata scesa in campo a La Spezia, come se in panchina non si fosse seduto il quarto inquilino di questo straziante campionato ma ancora qualcuno dei suoi predecessori.

E, infatti, anche le scelte iniziali dell’allenatore siciliano hanno contribuito ad annacquare quello spirito aggressivo e propositivo, a tratti anche sfrontato, che aveva caratterizzato le prestazioni e le vittorie contro Sudtirol e Cosenza.

Come si legge su CorriereSalerno, è stata schierata una formazione troppo “conservativa”, più negli uomini che nel modulo, che ha subito l’avversario non solo dal punto di vista fisico e tecnico ma soprattutto mentale. Certo i liguri sono fatti di ben altra pasta rispetto alle dirette concorrenti nella lotta per non retrocedere, ma non hanno dato l’impressione di essere animati da chissà quale “animus pugnandi”.

Insomma, la Salernitana non se l’è giocata a viso aperto. Tutt’altro. Ha attuato una strategia attendista, s’è rintanata nella propria trequarti per affidarsi alle ripartenze. Questo era almeno il piano tattico confessato, a fine match in mix zone, dallo stesso Marino: contrastare la maggiore fisicità della terza forza del campionato con gente dalla gamba sciolta come Stojanovic e Tongya, preferiti nell’undici titolare a uomini dal piede educato come Verde e Soriano.

Ma specie nella prima mezz’ora, che alla fine ha indirizzato il risultato grazie all’inzuccata di Kouda (con Ruggieri a fare la bella statuina in marcatura), lo spartito tattico s’è rivelato suicida. Com’è capitato troppo di frequente, in questa stagione, lontano da casa. Baricentro basso, poca spinta sulle corsie laterali e zero sostegno a Cerri, che per la tredicesima partita di fila non ha timbrato il cartellino dei marcatori. Tanto da essere sostituito, dopo poco più di un’ora di gioco, dal “centravanti di confusione” Simy, che ha scalato le gerarchie nel reparto offensivo, più per demeriti altrui che per meriti propri. 

E le punte sono rimaste all’asciutto ancora una volta, a conferma dell’anemia realizzativa dell’attacco e più in generale della difficoltà dell’intera squadra a trovare la via del gol, che da quasi un intero girone (diciotto gare) è diventata impraticabile nei primi tempi. E siccome stavolta di fronte c’era lo Spezia, e non il Sudtirol o il Cosenza, nella ripresa la Salernitana non è riuscita a capovolgere il punteggio o quantomeno a rimetterlo in equilibrio.

Sicuramente ha avuto più verve, ha piantato le tende nella metà campo ligure, ha centrato due legni (con Ghiglione e Hrustic) che le hanno impedito di strappare un pareggio tutto sommato non iniquo, ma s’è scoperta le spalle ed è stata punita da Vignali. E di nuovo ricacciata nella zona minata.

Undicesima sconfitta in diciassette incontri esterni e la miseria di 8 punti racimolati: il peggiore rendimento in assoluto della cadetteria. Numeri che fanno a pugni con quelli realizzati all’Arechi, dove la media è quasi da playoff. Ma il calendario, in poco più di dieci giorni, costringerà i granata, dopo lo scontro diretto con il Mantova, a fare tappa a Genova contro la Samp e a Cittadella: due trasferte non agevoli ma neppure proibitive.
Non è finita. Anzi.

E a dispetto dei gufi e del catastrofismo, che hanno ricreato quella “cappa nera” nell’ambiente granata dopo lo scivolone di La Spezia. Sono tutte lì, nello spazio di quattro punti, oscillanti tra retrocessione diretta, playout e salvezza sul filo di lana. Ma per mettere la freccia e tenersi stretta la Serie B, la Salernitana di Marino, negli ultimi duecentosettanta minuti di campionato, deve gettare in campo il coraggio e il carattere che non si sono visti al “Picco”.

Sezione: News / Data: Ven 02 maggio 2025 alle 18:30
Autore: Gaetano Ferraiuolo
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