Una società di calcio va gestita secondo criteri imprenditoriali ma la stessa è tutt'altro che una azienda normale, bensì è una realtà che, prima o dopo, mostra la sua reale essenza a chi, ignaro, avrebbe deciso di investirci. Nel mondo del calcio i costi sono certi e pressoché determinati mentre le entrate, legate per lo più alla valutazione di mercato dei calciatori componenti la rosa, non lo sono altrettanto, per subire sovente rilevanti scostamenti dal punto di partenza a quello d'arrivo. Il caso Boulaye Dia, esploso, pardon "riesploso", nei minuti finali della sfida chiave di Udine, è emblematico riguardo a quanto finora affermato e il medesimo si è rivelato idoneo a fare dichiarare al patron Iervolino che l'unica componente sana e da elogiare a prescindere, sia nel calcio rappresentata dalla tifoseria, con la curva sud siberiano ad esserne il migliore emblema. Il Senegalese attaccante della Bersagliera si è reso protagonista di una parabola estrema dalle parti dell'Arechi, raggiungendo al primo anno notevoli picchi di rendimento, che hanno fruttato reti e punti pesanti per la salvezza, per poi, nella seconda ed attuale stagione sportiva, regredire fino ad imboccare un tunnel fatto di cattive performance in campo e di atteggiamenti negativi fuori dal rettangolo verde.
L'inizio della fine dell'idillio tra Salerno ed il suo bomber si consumerebbe già la scorsa estate, allorquando, a seguito dell'oneroso riscatto operato dal club campano, nessuna società ha ritenuto di versare nelle casse della Salernitana i 25 milioni di euro della clausola risolutiva espressa per assicurarsi le sue prestazioni. Primo segno di una considerazione non eccelsa della punta di colore dei granata, la quale aveva sì disputato una prolifica ed egregia annata, ma ciò giungeva dopo una serie di stagioni precedenti con prestazioni altalenanti e poche marcature all'attivo. Una continuità di rendimento mai realmente trovata da Dia prima di esplodere letteralmente sotto la sapiente guida di un maestro di calcio come Paulo Sousa, tecnico capace di motivarlo, migliorarlo e consacrarlo come bomber. La mancanza di offerte concrete nel periodo di vigenza della clausola nel contratto di Boulaye nascondeva, però, anche una precisa strategia operativa da parte di club esteri che, in combutta con il procuratore dell'attaccante, non hanno saputo fare altro che attendere gli ultimissimi giorni di calciomercato per formalizzare un'offerta non congrua, nella speranza di mettere i campani spalle al muro, grazie appunto alle pressioni di Boulaye, a sua volta sobillato dall'agente.
In questo frangente la società granata e il suo presidente, unitamente al direttore sportivo Morgan De Sanctis, hanno peccato di inesperienza, non riuscendo a gestire adeguatamente la vicenda Dia, la quale poteva essere evitata provando a giocare d'anticipo tramite un discorso franco al Senegalese e rivolto a porlo al centro di un progetto tecnico convincente per poi magari raggiungere un accordo su una futura cessione in un momento migliore. Attendere e lasciare andare la cosa ha finito per fare il gioco del Wolverhampton e dell'agente, con il risultato di trovarsi ad un bivio: lasciare partire il giocatore accontentandosi di un eventuale incasso futuro e sostituirlo subito con un attaccante forte e di garanzia oppure irrigidirsi e rischiare seriamente di compromettere il rapporto con lui. Lo scenario che si è purtroppo concretizzato è stato il secondo, aggravato da una intempestiva reazione del ds, che ha pubblicamente screditato Dia dandolo in pasto alla stampa e alla tifoseria, per di più andando a contraddire Sousa che, più accortamente, aveva coperto il ragazzo sperando di ricucire sottotraccia.
Errori e atti avventati in serie, da parte della società ma anche attenzione un comportamento gravemente immaturo e a tratti irresponsabile di un atleta strapagato e troppo idolatrato che ha tradito la Salernitana, la città e i tifosi, anteponendo i propri individuali interessi al bene della squadra. Era possibile anche capire la delusione a caldo di Dia, che sperava di partire per altri lidi, ma non altrettanto è tollerabile perpetuare un atteggiamento di distacco, un caracollare indolente per il campo e un contribuire ad avvelenare lo spogliatoio della Bersagliera. L'ex attaccante del Villareal ha le sue brave e notevoli responsabilità nella quasi certa retrocessione della Salernitana in serie B, così come aveva avuto buona parte dei meriti della salvezza anticipata della scorsa stagione.
Quest'anno la società di via Allende aveva alla fine, sbagliando, deciso di puntare forte su Boulaye e sui suoi goal, non andando a cautelarsi per tempo con un'alternativa all'altezza della categoria e non intervenendo in tale direzione neppure a gennaio con Sabatini. La scelta suddetta, unitamente all'ingaggio di punte palesemente inadeguate alla serie A, ha determinato un'atavica difficoltà a trovare la via della rete, aggravata da una difesa iper perforata e non rinforzata in estate, sebbene i numeri disastrosi alla voce reti subite imponessero il contrario. La decisione di mettere ai margini del gruppo Dia è tanto doverosa quanto incredibilmente tardiva, figlia di inutili tentativi di recuperarlo, a loro volta innescati dall'assenza di alternative credibili. In pratica la Bersagliera era finita per essere quasi schiava di Dia e delle sue bizze, culminate nell'affronto di Udine, solo l'ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso strapieno.
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