Argomento di discussione nelle ultime 24 ore, il comunicato emesso dal Direttivo Salerno nella giornata di ieri ha trovato ampi consensi e riscontri. I gruppi ultras e i club organizzati hanno lanciato un segnale fortissimo, condiviso dalla stragrande maggioranza delle tifoserie italiane: questo calcio post Covid non piace a nessuno, non regala emozioni e sta andando avanti esclusivamente per motivi economici senza tener conto della passione genuina della gente. L'idea di riaprire le porte ad appena mille persone in impianti da ottantamila posti, con mascherine, distanziamenti e impossibilità di gioire assieme dopo una rete decisiva, è l'ennesimo autogol di un Governo che ha consentito assembramenti di ogni genere ma che ha già dimostrato in passato di "accanirsi" nei confronti dello sport. Non è questa la sede per un dibattito politico, ci mancherebbe, ma quando la cura è peggiore del male c'è ben poco da stare allegri. Ma immaginate un big match che si gioca con qualche centinaio di persone sparpagliate tra i vari settori, con un iter burocratico infinito per accaparrarsi i pochissimi tagliandi a disposizione e con il divieto assoluto anche di sventolare una bandiera? O tutti o nessuno, gli ultras hanno ragione. Il Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora dovrebbe chiarire tre aspetti fondamentali: 

-quando il Governo ripianerà le perdite delle società sportive che, da mesi, non incassano nulla?

-quando il Governo rimborserà le decine di migliaia di abbonati?

-quando sarà possibile andare allo stadio senza distanziamenti, come accadeva fino a marzo, almeno in quelle regioni con un contagio ormai prossimo allo zero?

Tornando al comunicato, bene hanno fatto i componenti del Direttivo Salerno a scriverlo basando tutto sul tema del rispetto. Perchè un bambino che vuole andare allo stadio con il papà deve essere libero di farlo, pur consapevole che purtroppo assisterà ad una partita monca, senza la sua componente più importante. Senza ultras, senza tifosi, senza curve piene non è sport. Sono soltanto ventidue contendenti che portano avanti un'azienda che produce soldi. Stop. Certamente la salute viene prima di tutto e immaginare a stretto giro di posta 30-40mila persone che cantano o inventano coreografie è utopistico, ma a questo punto è inutile arrampicarsi sugli specchi prospettando soluzioni ridicole: o tutti o nessuno, nel più breve tempo possibile e senza dover mettere la mascherina per incitare la propria squadra del cuore. La gente ha fame di normalità, vuole accantonare un anno tremendo anche grazie allo sport e chi sottovaluta la componente sociale del calcio pecca davvero di ignoranza e superficialità. 

Sezione: News / Data: Dom 20 settembre 2020 alle 13:00
Autore: Gaetano Ferraiuolo
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