Lunga chiacchierata con l'ex direttore generale della Salernitana Antonio Imborgia che, dalla lontana Svizzera, continua a seguire con grande affetto le sorti dei granata sperando di poter festeggiare assieme ai tifosi l'agognato traguardo della promozione in A. Tutto sommato, nel 2004-05, aveva posto le basi con l'allestimento di una corazzata purtroppo penalizzata da una falsa partenza e da alcune problematiche societarie poi sfociate nel fallimento. Riconfermato anche da Lombardi in C1, Imborgia riuscì a costruire un gruppo solido e una rosa altamente competitiva che sfiorò l'impresa imbattendosi in un avversario inaspettato che rispondeva la nome di Velotto, arbitro toscano che indirizzò la semifinale contro il Genoa concedendo ai liguri un rigore assolutamente inesistente. Ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni:
Direttore, come giudica il cammino della Salernitana?
"Ci sono tante chiacchiere in giro e posso capire anche l'amarezza e il malumore della piazza rispetto ad alcune situazioni. Ma, in fondo, se uno dei due rigori fosse stato realizzato staremmo parlando di un secondo posto in solitaria. Certo, sono cose che possono succedere e che magari capiteranno anche alle avversarie. Devo dire che a me questa Salernitana convince e mi lascia essere fiducioso per il futuro, c'è un allenatore che ha grandissima esperienza e che ha vinto un campionato di B più o meno alla stessa maniera. Questa squadra a me ricorda quel Carpi organizzato e cinico che sapeva aspettare l'avversario e poi lo colpiva al momento giusto senza dare il tempo di rimontare. Ora si sta vivendo un periodo di calo fisiologico, ma questo è un campionato del tutto anomalo in cui giocare senza pubblico e ogni tre giorni ha una sua valenza. Vorrei dare un consiglio ai tifosi e alla stampa, però..."
Prego, direttore...
"Leggo alcune analisi sugli arbitraggi. A me nella vita hanno insegnato due cose: non dare le dimissioni e non concedere alibi alla squadra. I calciatori non devono mai avere impressione d'aver perso per questo o quell'episodio, alla lunga tutto si compensa e non bisogna trovare alcun tipo di giustificazione. La Salernitana deve essere più forte di qualunque componente per meritare davvero il salto di categoria. Con gli stadi vuoti è il giornalista che può determinare l'umore e orientare l'atteggiamento di un ambiente, ci vuole sempre grande equilibrio e consapevolezza di rivestire ruoli di responsabilità".
Ha pensato la stessa cosa degli arbitri quando la Salernitana perse quella sfida playoff col Genoa in modo clamoroso? Rivedendo certe immagini si fa fatica a pensare alla buona fede dell'arbitro, almeno questo è il parare di tantissimi tifosi...
"E' vero, posso dire che non ho ancora digerito quella doppia partita. Non solo per quel famoso calcio di rigore concesso a Marco Rossi all'Arechi, ma in generale per tanti episodi che, complessivamente, hanno inciso in modo significativo sulla nostra eliminazione. Sarebbe stata una grande impresa, una squadra costruita in 15 giorni stava tenendo testa ad una corazzata ricca di nomi e di valori. Un conto, però, è valutare l'operato arbitrale nel corso di una intera stagione, un altro è soffermarsi su quelle sfide "dentro o fuori" in cui tutto fa la differenza".
Come giudica l'operato della società e della dirigenza sul mercato? Non c'è un clima molto positivo a Salerno...
"E' un discorso veramente lungo e complesso. Non sono amico di Fabiani, ma devo dire che è l'unica persona che può lavorare per anni con Lotito in una piazza come Salerno. Ho anche stima, perchè so quanto può essere complicato operare in certe situazioni non semplici. Bisogna anche smetterla con tanti luoghi comuni e ricordare che Lotito, in quanto proprietario di un'altra squadra che affronta competizioni europee, può tranquillamente decidere di dirottare a Salerno in prestito quei 2-3 elementi di qualità, ma che non troverebbero spazio. Accade in tutte le realtà calcistiche italiane. Ricordo ancora che se un dirigente chiude una trattativa o propone il famoso attaccante da doppia cifra ma poi la proprietà è di un'altra opinione c'è ben poco da fare. A Fabiani invidio la lunga militanza, io la chiamo "immortalità sportiva". Anche a me avrebbe fatto grande piacere restare lì per tanti anni e avere la possibilità di aprire un ciclo".
Va detto, però, che Fabiani non va valutato solo come operatore di mercato, ma anche come dirigente che si occupa praticamente di ogni aspetto, che ha le spalle larghe per vivere Salerno in un contesto del genere...
"E' grossomodo quello che stavo dicendo. Non è uno stupido, come non lo è Lotito. Se agiscono con queste strategie sanno dove vogliono arrivare e quali possono essere gli obiettivi. Ribadisco: è l'unico dirigente che può lavorare con Lotito a Salerno. Non può essere simpatico a tutti, ma è furbo e intelligente. 16 anni fa mi ha tolto la serie B ed è una ferita ancora aperta, ma so che non è semplicissimo operare con una proprietà che decide in prima persona e che si muove anche da solo. Lotito non sceglie un direttore portato ad andare via, ma un professionista che sposa le sue idee e il modus operandi".
Se avesse chiuso delle trattative e poi la società metteva un freno come si sarebbe comportato Imborgia?
"Probabilmente me ne sarei andato, ma ognuno ha il suo carattere. Fabiani è parte della società da tanto tempo, se è rimasto dal 2014 evidentemente significa che la proprietà è soddisfatta del suo operato e lui si trova bene a Salerno. Ho detto prima che non bisogna mai dare le dimissioni, ma a Salerno mi è capitato due volte. Nel primo caso dopo una sconfitta contro il Perugia per 2-0: i tifosi, quelli veri, vennero nello spogliatoio e mi chiesero di andare via insieme all'allenatore. La mia risposta fu semplice: "Se i soldi che faccio risparmiare alla Salernitana dimettendomi servono a comprare di giocatori che mancano mi faccio immediatamente da parte. Altrimenti resto". Alla fine con Aliberti ci fu un chiarimento e conclusi regolarmente la stagione. Nella seconda occasione mi dimisi con "quell'altro", di cui preferisco non fare nemmeno il nome. Perdemmo 4-0 contro lo Spezia, inaccettabile! Dopo due mesi fui richiamato da tutta la squadra, c'era un confusione enorme e avevano bisogno di riferimenti importanti".
A Salerno clima davvero pesante, ma anche lei ha vissuto delle contestazioni durissime...
"Vi faccio un esempio molto semplice. Presentammo la squadra allo stadio Vestuti, il presidente era piuttosto contestato ma riuscì a ricucire lo strappo con la curva in una serata intensa come poche. Mi chiesero a gran voce di fare un ulteriore sforzo e di acquistare Borgobello. Promisi alla gente che lo avrei fatto, lo prendemmo dalla Ternana il giorno dopo. Sempre dopo la famosa partita col Perugia, le stesse persone mi volevano spingere alle dimissioni... perchè avevo preso Borgobello. "Ma me lo avete chiesto voi!" fu la mia risposta, "Ma noi siamo tifosi, tu fai il direttore di mestiere" la replica immediata. E avevano ragione. Su questo credo che tutte le società facciano bene a non farsi influenzare dalla gente: ognuno deve fare il suo lavoro e con la consapevolezza che verrai giudicato solo in base ai risultati".
Cosa manca a questa Salernitana?
"Voi dite che c'era bisogno di un attaccante, ma la classifica è ottima anche senza questo famoso bomber. Tante volte proprietà e direttore sportivo fanno scelte conservative, ognuno in casa propria sa cosa succede e come bisogna muoversi per non commettere errori. Se l'attaccante non è arrivato forse l'allenatore non lo aveva chiesto. Oppure Lotito, la figura forte di questa Salernitana, ha ritenuto validi i giocatori a disposizione. Nel complesso questo gruppo è competitivo, può senza dubbio posizionarsi tra le prime della classe e disputare i playoff da protagonista senza perdere di vista un secondo posto che, ad oggi, è distante appena un punto. Tornare sempre sul mercato invernale associandolo ai passi falsi di questi ultimi tempi mi sembra riduttivo, ricordo a tutti che il direttore sportivo non è il proprietario e opera in base al budget che ha a disposizione. Non è la B di una volta, pur con avversarie più accreditate che stanno disputando un grande campionato. L'Empoli è prima non per caso, lo ha dimostrato prendendo Sabelli come alternativa a Fiamozzi. Poi si sono fermati lì, anche quando ho proposto un calciatore e mi hanno detto no perchè non volevano fare confusione".
E' un mercato legato alle idee di Castori?
"Assolutamente sì. Io lo definisco allenatore "pane e provolone", ed è un grande complimento. Significa che sa sempre tirare fuori il massimo da una squadra teoricamente non accreditata. Ora sento tanto parlare di squadra più propositiva, di un cambio di atteggiamento tattico e tutte queste cose che si scrivono sui giornali. Una sola volta ho visto una Salernitana che ha provato a snaturarsi. E' capitato ad Empoli, ha perso 5-0. Ormai, a metà febbraio, ci sono meccanismi e mentalità consolidate e non ha senso stravolgerle. Ancor di più perchè la classifica ti dà ragione".
Che ricordo ha di quella doppia esperienza con due società diverse?
"Obiettivamente la società di Aliberti aveva già qualche problemino, ma tutto sommato allestimmo una rosa di grande spessore. Brunner, miglior portiere della B per tanto tempo, sbagliò l'unico campionato della sua carriera. L'allenatore, Ammazzalorso, non era una mia scelta. A centrocampo c'erano giovani di grandissima personalità come Shala e Coppola, guidati da un Longo che faceva la differenza anche con una gamba sola. Polenghi e Molinaro erano perfetti per giocare sulle fasce, scovammo Brellier dal Venezia nel mercato di gennaio e non dimenticherei l'acquisto di un centravanti di spessore come Zaniolo. Poi, nelle difficoltà, bastava dare il pallone a Bombardini e Palladino per risolvere i problemi. Con quell'altro dovemmo ripartire in meno di tre settimane, senza nulla e con tante incognite. Andai via, poi tornai per mettere a posto le cose e dare una organizzazione diversa. Proprio il Genoa di Fabiani ci tolse qualcosa che avevamo meritato e conquistato".
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