Salernitana, quell’emozione che ti fa tremare anche quando non fa freddo. Una storia d’amore lunga 106 anni, un percorso fatto di passione, tradizione, senso d’appartenenza, orgoglio e identità che sono sentimenti autentici che si tramandano di padre in figlio, come recita uno dei più famosi slogan della Sud.
Già, la curva. il più fedele alleato, il dodicesimo uomo, quella componente imprescindibile che spesso ha determinato le fortune della Bersagliera. Qui è nato il movimento ultras, qui sono stati esposti i primi striscioni nei settori ospiti, qui sono state realizzate scenografie da brividi tali da far impallidire anche piazze abituate a disputare competizioni internazionali. L’ultima, in ordine cronologico, ha un sapore speciale. La squadra retrocede? Nessun problema, ecco un enorme cavalluccio che spicca sulle bellezze di una città profondamente legata alla Salernitana, che certo non lega l’appartenenza alla categoria, al nome del presidente o al calciomercato.
Riassumere oltre un secolo di storia non è semplice. Si potrebbe partire da Donato Vestuti, uno dei fondatori morali dell’U.S.Salernitana 1919 che perì in guerra e non ebbe modo di godersi la sua creatura. A lui è dedicato lo stadio di Piazza Casalbore, teatro di sfide epiche, di derby incredibili, di scontri memorabili, del primo dramma all’interno di un impianto sportivo (il compianto Plaitano), del vantaggio illusorio sul Grande Torino che, punto nell’orgoglio, nella ripresa fece ne segnò quattro tornando a fare la voce grossa.
E ancora: il Vianema, la promozione degli anni Sessanta, l’avvento di Soglia, “Tobia dalla C portaci via”, “Con Esposito si vola” e la serie B targata Agostino Di Bartolomei, autore di un gol a Brindisi che scacciò via tutti i fantasmi dopo il ko interno col Palermo. Preludio allo 0-0 col Taranto e alle lacrime di gioia di Ansaloni, Carmando e di chi, nel 1994, con un gesto estremo ci colpì al cuore causando una ferita che sanguinerà per sempre. Un po’ come quando, di ritorno da Piacenza, si consumò una tragedia che ci ha cambiato per sempre. Ciro, Simone, Enzo e Peppe.
Partiti da Salerno in direzione Garilli per inseguire un sogno e mai più tornati a casa. Tutto per assistere a una partita cui esito fu forse scritto a tavolino, con protagonisti facilmente identificabili che dovrebbero far fatica ad addormentarsi la sera visti i rimorsi della coscienza. Salerno, che passò dal sogno serie A al dramma (nel mezzo una promozione non festeggiata in segno di rispetto per le vittime dell’alluvione che devastò la provincia), seppe rialzarsi. Come sempre e a testa alta, senza piangersi addosso.
Nonostante i due fallimenti targati Aliberti e Lombardi, pur ripartendo dalla D finanche senza segni distintivi, con una società contestata quanto vincente che questa storia talvolta l’ha sminuita pur riportando il cavalluccio da Budoni a San Siro in barba a qualsivoglia delirante teoria di galleggiamento. E, in questo percorso ultras ecolare, c’è spazio anche per una vigilia di Capodanno senza cenone e con decine di migliaia di tifosi incollati agli smartphone.
Quelli che legittimamente temevano l’estromissione da tutti i campionati in virtù di regolamenti folli che consentono agli indebitati di iscriversi e poi ostacolano imprenditori facoltosi per motivi di affinità. Eppure, alle 23:59, ci fu un motivo in più per stappare lo spumante. “E’ arrivata la PEC. La Salernitana è nostra, festeggiate” e via con l’era Iervolino, partita dal sinallagma d’amore e chiusa con la retrocessione forse più amara di sempre.
Nel mezzo, però, la salvezza del 7%, i dieci risultati utili di fila targati Sousa, Dia che rende indigesta la festa dei rivali napoletani affiancando Lazzaro nella storia degli eroi del derby, Candreva che impazzisce di gioia sotto il diluvio vendicando le otto sberle dell’Atalanta e la festa a Piazza della Concordia, quando si respirava nell’aria il profumo illusorio di una nuova era.
Ma Salerno, oggi, si emoziona a prescindere. Perchè Salerno è niente senza la Salernitana. E allora auguri. A tutti i tifosi. Ai 40 di Selargius. Ai 3000 di Salernitana-Hinterreggio. Ai 15 di via Papio. A chi colorò l’italia di granata in attesa del cavalluccio e dell’acquisto dei beni immateriali. A chi popola la curva del Paradiso e ha lasciato un vuoto incolmabile.
Ai gruppi ultras, ai club organizzati, a chi non la lascia mai sola e abbina passione a solidarietà, alla signora Celeste, al Vikingo, a Paolo Sessa che esce dalla sala operatoria e chiede “ma che ha fatto la Salernitana?”, alla famiglia Lodato che vive per la Salernitana, che aspettava i calciatori all’esterno del Volpe per incoraggiarli e che è parte di un fenomeno sociale come la cena granata composta da Alessandro, Alberto, Raffaele, Michele, Antonio, Daniele e Manuel.
L'anno scorso fu un compleanno triste. Per la morte di Armando, per la tragedia di Gerardo, per le lacrime che ancora stiamo versando per il nostro amico fraterno Gianni Novella. Il pensiero, a mezzanotte, è rivolto inevitabilmente e obbligatoriamente a loro. In fondo, però, se la Salernitana esiste lo deve anche e soprattutto a persone come loro. Che la squadra domenica, sia degna di loro e dei 20mila presenti. Quelli che proveranno a spingere i granata verso un miracolo sportivo che non cancellerebbe l'annata pessima, ma che almeno eviterebbero l'onta di derby che speravamo di aver messo definitivamente alle spalle.
Stavolta non ci sarà nessuna iniziativa. Tanta, troppa la delusione per il biennio peggiore della storia, per i torti di Gravina (un tempo però osannato per aver mandato via quei monelloni dei romani, visto che autogol?), per il 2-0 di Marassi, per gli errori arbitrali, per le promesse non mantenute da Iervolino. Ma la Salernitana andrà oltre ogni categoria, vivrà ogni giorno nei nostri cuori, continuerà ad essere un'emozione per sempre. Che vinca o che perda. In ogni categoria. Che importta se! E allora...106 volte Auguri Bersagliera!
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