La Salernitana si prepara ai playout con una strategia che va ben oltre il campo di gioco. Sembra che lo staff legale della Salernitana avrebbe già predisposto un piano di battaglia legale da attivare in caso di retrocessione, puntando al TAR per dimostrare di aver affrontato un "avversario sbagliato" negli spareggi salvezza.

L'argomento giuridico poggia sulla contestazione dell'avversario designato per i playout, sostenendo che affrontare una squadra teoricamente già retrocessa in Serie C comprometterebbe l'equità della competizione. Una tesi che, seppur suggestiva dal punto di vista dialettico, presenta diverse criticità sotto il profilo del diritto sportivo.

I rischi di una strategia legale post-retrocessione

Fonti vicine a Iervolino sostengono: "Il patron farà battaglia in ogni sede se dovessimo andare in C", convinti che esistano i presupposti legali per "ribaltare tutto tra luglio e agosto". Tuttavia, questa strategia nasconde insidie significative che meritano un'analisi approfondita.

Le criticità procedurali sono evidenti: una volta consumata la retrocessione, i contenziosi civili potrebbero protrarsi per anni senza garantire risultati concreti. Il diritto sportivo italiano, pur prevedendo forme di tutela, raramente interviene a modificare classifiche già definite, soprattutto quando i ricorsi vengono presentati dopo la conclusione dei playoff/playout.

L'aspetto temporale rappresenta un ulteriore elemento critico. Mentre la Salernitana battaglierebbe nelle aule di tribunale, il calcio proseguirebbe il suo corso: nuovi campionati, nuovi equilibri, nuove dinamiche che renderebbero di fatto impossibile un eventuale e ritardato reintegro in Serie B.

Un risarcimento danni che non lenisce le ferite

L'eventuale, ma improbabile, risarcimento danni economico non potrebbe mai compensare il danno sportivo e l'umiliazione subita da una tifoseria che "meritava ben altro epilogo dopo una retrocessione dalla A già tanto umiliante da digerire".

La dimensione emotiva e identitaria del calcio rende irreparabile il danno causato da una retrocessione, specialmente quando questa segue di appena una stagione la discesa dalla Serie A. Un risarcimento monetario, per quanto consistente, non restituirebbe alla Salernitana e ai suoi tifosi gli anni perduti in Serie C.

Se battaglia legale deve essere, meglio prima che dopo

La strategia legale post-playout della Salernitana presenta evidenti criticità, ma se battaglia legale deve esserci - e visti gli avvenimenti sarebbe auspicabile - il timing diventa cruciale. Domani 10 giugno si discuterà del ricorso granata al Collegio di Garanzia del CONI, e l'inevitabile rigetto offrirà il momento giusto per cambiare strategia.

A quel punto, anziché aspettare una eventuale retrocessione per poi intentare contenziosi civili destinati a protrarsi per anni, la Salernitana dovrebbe puntare dritti al TAR. L'obiettivo non sarebbe più quello di ribaltare una retrocessione già consumata, ma di chiedere la sospensione immediata dei playout, bloccando sul nascere una competizione ritenuta viziata.

Una mossa del genere costringerebbe la Lega B a prendere una decisione inevitabile: allargare a 21 squadre il prossimo campionato di Serie B, evitando retrocessioni che potrebbero essere giudicate illegittime dalla giustizia amministrativa. Uno scenario che, seppur eccezionale, non sarebbe privo di precedenti nel panorama calcistico europeo.

La differenza sostanziale sta nel momento dell'azione legale: agire prima dei playout con richiesta di sospensiva avrebbe maggiori possibilità di successo rispetto a un ricorso post-retrocessione. Il TAR, infatti, potrebbe più facilmente accogliere un'istanza cautelare che impedisca il compimento di atti amministrativi ritenuti viziati, piuttosto che annullare classifiche ormai definitive.

Se la Salernitana è davvero convinta della bontà delle proprie ragioni legali, il coraggio di giocarsi tutto prima dei playout potrebbe rivelarsi l'unica strategia vincente. 

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 09 giugno 2025 alle 21:00
Autore: Giovanni Santaniello
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