L'editoriale di oggi non può non partire da quanto accaduto ieri durante una conferenza stampa a tratti surreale. Quanto fatto dagli esponenti di spicco della società non è tollerabile. Il presidente Iervolino, che non ha presenziato di persona per motivi lavorativi (non lo sapevano quando hanno stabilito la data?), è intervenuto a sorpresa a distanza tramite Skype facendo da subito una distinzione inaccettabile tra stampa locale e nazionale, rivolgendosi poi in modo poco affettuoso nei confronti di alcuni colleghi. Sarà pur vero che in passato il sottoscritto e i giornalisti di questa testata non hanno ricevuto la solidarietà necessaria per torti intollerabili (tre anni di Daspo era Lotito-Fabiani, e qualche stupido sul web ci accusava di essere "collusi"), ma questo non vuol dire non mostrare vicinanza a chi è stato attaccato semplicemente per aver rivolto qualche domanda scomoda fotografando la realtà sulla base dei dati oggettivi. Iervolino, che si era presentato con i cuori sotto la curva e la promessa di dialogare con tutti per amore della Salernitana, ha invece perso l'occasione per gettare acqua sul fuoco.
Sarebbe bastato assumersi le proprie responsabilità, ammettere di essere il principale colpevole di questo disastro sportivo e rilanciare nell'ottica del tentativo di una immediata risalita. Niente di tutto ciò. La colpa è sempre di chi ha minacciato, di chi ha scritto articoli faziosi, di quei cattivoni dei giornalisti salernitani che evidentemente aspettavano la retrocessione per sparare a zero. Per fortuna ci ha pensato Petrachi, un vero uomo di calcio che ha fatto operazione verità, a smentire il suo datore di lavoro. Quello che, tanto per far capire il livello di caos attuale, a dicembre parlava di "tomba calcistica" per i calciatori della rosa salvo ieri decantare le doti dell' "organico più forte della categoria" mentre il ds lo correggeva dicendo che "io li manderei via tutti, anche per motivi di budget credo ne resteranno in pochissimi". Anche da Milan ci saremmo aspettati il solito atteggiamento collaborativo. Lui che ha guadagnato la stima generale, ma che forse si sta già calando nei panni di futuro presidente. Nessuno è andato alla conferenza per fomentare, per aizzare gli animi, per attaccare a prescindere. Se un errore è stato fatto è quello di non aver lasciato la sala vuota quando la società ha fatto quella sgradevole distensione, dimenticando che per due anni c'è stata gran parte della stampa locale che ha steso tappeti rossi mostrandosi decisamente più "affettuosa" rispetto a quanto vedevamo con i predecessori. Loro, sì, i più vincenti della storia. La tifoseria ha detto basta.
E' vero che sono cambiati i tempi (in parte purtroppo, in parte per fortuna) rispetto al passato e difficilmente si vuole beccare un Daspo o rischiare conseguenze per motivi calcistici, tuttavia portare 500 persone in strada il 4 luglio con 35 gradi in orario lavorativo per cantare contro Iervolino e il club dovrebbe far riflettere. E c'erano tutti gli esponenti rappresentativi, tra ultras e tifoseria organizzata. C'è poi l'aspetto calcistico, purtroppo passato in secondo piano. Petrachi è una garanzia e siamo certi saprà fare del suo meglio anche con un budget incomprensibilmente ridotto. Ci chiediamo perchè i 25 milioni di euro del paracadute non siano ritenuti sufficienti per formare una rosa super in grado di lottare da subito per la A: sarebbe minimo sindacale e obbligo morale, troppo semplice dimettersi dalla carica dopo aver contribuito a scrivere una delle pagini più mortificanti della storia granata. E poi c'è Martusciello, un eterno secondo ma una brava persona. Fosse uno scarso, certo Spalletti e Sarri non lo avrebbero scelto per anni come collaboratore. La sua unica esperienza da primo si è chiusa con una retrocessione, ad Empoli, ma in conferenza stampa anche lui ha destato una buona impressione. E il fatto che garantiscano "i romani" non può che farci dormire sonni tranquilli. A loro sostegno incondizionato, si scinda la giusta contestazione nei confronti della società e l'appoggio a chi dovrà lavorare tra mille difficoltà.
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