Nulla da fare davvero, oramai il pensiero e gli sguardi della tifoseria della Salernitana sono rivolti ovunque ma non sulle ultime partite in serie A, a cominciare dalla sfida alla Fiorentina in programma domenica allo stadio Arechi. A Salerno ci si chiede sempre più insistentemente che ne sarà del vascello battente bandiera granata una volta che anche la matematica sancirà la non più recuperabile retrocessione in cadetteria. Iervolino mediterebbe addirittura di vendere, a titolo oneroso, il club di via Allende al miglior offerente. La sensazione è che alla fine, può essere impopolare finché si vuole, l'imprenditore di Palma Campania resterà ancora in sella e ciò sarebbe più per mancanza di offerte ritenute congrue dal patron che per sua effettiva convinzione.
Il dubbio maggiore ad oggi verterebbe su che cosa realmente farà il presidente granata. Allestirà subito un organico in grado di lottare per l'immediato ritorno in serie A oppure opterà per un anno di transizione volto ad un tranquillo torneo da metà classifica o giù di lì e, soprattutto, a ripianare i sofferenti bilanci del club? Il rischio di dover vivere un anno di transizione sarebbe reale e troverebbe fondamenti nelle macerie di questa ultima annata rovinosa, tale da richiedere un reset completo o quasi della rosa, sempre oneroso e difficile da attuare trovando rapidamente competitività per il vertice. A dare man forte a detto timore concorrerebbe, altresì, la questione terreno di gioco, con la squadra che ad ora non saprebbe quante gare potrà disputare all'Arechi, per il quale si profila un restyling di lusso, e quante, invece, le giocherebbe traslocando al vicino campo sportivo Volpe, a sua volta bisognevole di un importante intervento di adeguamento.
Qualora iniziasse una eventuale trattativa per la cessione della Salernitana in altrui mani, la circostanza potrebbe benissimo indurre Iervolino a vivacchiare in attesa del suo possibile perfezionamento, non pianificando investimenti e non compiendo una vera e propria riorganizzazione con programmazione di medio lungo termine.La serie B, si sa, può trasformarsi in un bagno di sangue dal punto di vista degli esborsi economici e in un reale cimitero di club blasonati che rischierebbero, non riuscendo a risalire subito nell'olimpo del calcio italiano, di impantanarsi a lungo in un torneo ostico e quanto mai poco prevedibile nei suoi decorsi ed esiti. L'auspicio è la costruzione di una rosa importante ed altamente competitiva per riportare il cavalluccio marino laddove l'attuale proprietario l'aveva rilevata, ovvero in massima serie.
Difficile pensare, tuttavia, alle mezze misure e la storia della B insegna che molte realtà, in prevalenza del Sud Italia ma non solo, hanno dovuto provare la grande amarezza del doppio salto all'indietro retrocedendo dalla Serie A alla serie C, ora Lega Pro, in due anni consecutivi. La doppia retrocessione ha interessato realtà insospettabili, ai nastri di partenza, come il Lecce, tra il 1993 ed il 1995, il Como tra il 2002 ed il 2004, il Catania di Pulvirenti tra il 2013 ed il 2015 ed il Crotone dei fratelli Vrenna tra il 2020 ed il 2022. Il ripasso storico serva a raddrizzare le antenne e a tenere la guardia molto alta, perché la serie B che verrà dovrebbe avere un buon livello qualitativo medio e soprattutto non è storicamente torneo da mezze misure, gradendo esso più che mai gli eccessi, nel bene come nel male.
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