Nelle settimane precedenti avevamo sempre esonerato il gruppo da ogni responsabilità rimarcando che aveva onorato la maglia come quasi mai era accaduto nella passata stagione. Avevamo in mente la rimonta con la Cremonese, il derby vinto in 10, il dominio di Benevento, lo spirito battagliero di Crotone, la capacità di vincere anche quando c'erano 8-9 indisponibili tra infortuni e squalifiche. Da qui scaturiva l'ottimismo pre Spezia. Mai si poteva pensare che questo spogliatoio, per quanto molto giovane, potesse fallire la partita della vita a cospetto di un avversario incerottato e senza obiettivi. Sin da quando la squadra è partita da Battipaglia abbiamo visto sguardi tesi, ma anche "distratti". Micai era scuro in volto, sul pullman c'era un silenzio assordante. E se hai un approccio del genere in una gara fondamentale dopo aver ricevuto sostegno e calore da una città intera e da gente arrivata addirittura da altre regioni per sostenerti, vuol dire che non puoi fare questo mestiere. O, comunque, che non hai il carattere e la mentalità per giocare in  B e in una piazza come Salerno.

Qualcuno dirà che per tanti era l'ultima partita prima dell'addio se le motivazioni potevano venir meno, ma un professionista onora la maglia e lo stipendio fino alla fine. Il gruppo ieri è venuto clamorosamente meno, si è sfaldato alle prime difficoltà, ha affrontato lo Spezia come peggio non poteva. Nessun contrasto duro in avvio per far capire che "qui non si passa", un errore da dilettanti sulla rete del pareggio, un secondo tempo senza mai avvicinarsi alla porta, panchinari che hanno smesso di incitare i compagni mentre Mezzaroma si sgolava in tribuna, un allenatore che ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare e che ha lasciato il campo in solitudine aggrappandosi, in sala stampa, ai soliti alibi. Si poteva perdere, sia chiaro. Ma l'amarezza deriva dall'atteggiamento. Salerno si sente tradita. E stavolta ha pienamente ragione.

Sezione: News / Data: Sab 01 agosto 2020 alle 20:00
Autore: Gaetano Ferraiuolo
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