La svolta non c’è stata e nemmeno la scossa. Se n’è reso contro il presidente Iervolino ed anche il suo stuolo di fidati consiglieri. Da Paulo Sousa ad Inzaghi ben poco è cambiato. Sicuramente la media punti si è quasi triplicata da 0,37 a 0,83 ma la squadra resta sempre ultima in classifica manifestando sempre gli stessi limiti e la strada per la salvezza, sebbene le altre non corrano, resta in salita.
Difetti di costruzione palesi renderebbero complicata la vita a qualsiasi allenatore, ma Iervolino si attendeva di più dal cambio tecnico almeno sotto il punto di vista della scossa emotiva. La vittoria contro la Lazio aveva sicuramente illuso società e tifosi che il peggio fosse alle spalle. Firenze, invece, ha riportato tutti con i piedi per terra. La posizione di Inzaghi, al momento, non è a rischio, ma le prossime partite saranno decisive per lui.
Tra campionato e impegno di Coppa Italia, il calendario sarà parecchio fitto per i granata ma la società, prima dell’apertura del mercato, tirerà le somme anche sul lavoro del trainer ex Benevento. Bologna, Atalanta, Milan e Verona saranno le quattro gare, peraltro non certo tra le più semplici, in cui Inzaghi dovrà dimostrare di poter essere in grado di dare quanto necessario per raggiungere l’obiettivo della salvezza, o quanto meno per provare a lottare fino alla fine per il conseguimento del traguardo finale.
Da questo punto di vista, la società pensava che il tecnico riuscisse ad incidere maggiormente sulla testa dei calciatori, riuscendo ad assicurare grinta e motivazioni. Cosa successa, purtroppo per i colori granata, soltanto in parte, in alcuni frangenti di match. Oltre alla mancata scossa emotiva ad Inzaghi sono state sollevate obiezioni anche dalle scelte tattiche.
Fin qui l’allenatore non ha trovato ancora la quadratura del cerchio, con la difesa che continua a subire troppi gol e alcuni giocatori che sembrano non essere impiegati nel giusto modo o al momento opportuno. Dopo sei partite, ancora non si è capito quale sia la vera idea tattica del tecnico.
Se con Tchaouna, Inzaghi sembrava aver trovato una soluzione, come ad esempio nelle gare contro Sampdoria, in Coppa Italia e Sassuolo in campionato, con un tridente puro ed una difesa a quattro, c’è stata poi la repentina marcia indietro, complici gli infortuni, con la squadra che è tornata ad utilizzare il modulo di Paulo Sousa, il 3-4-2-1, quello per cui, obiettivamente male, la squadra è stata costruita.
Se con la Lazio l’idea ha funzionato con la Fiorentina decisamente meno. Anche non aver preso provvedimenti tattici dopo il tambureggiante avvio della squadra di Italiano non ha convinto la proprietà e l’intero staff dirigenziale. Bohinen e Coulibaly sono stati costretti al naufragio nel mare viola in un primo tempo che sarebbe potuto finire con uno scarto decisamente superiore. Per questo motivo, le prossime gare saranno decisive.
L’ha fatto capire anche Iervolino nel corso del Gala del Calcio Aic a Milano: “I risultati decidono tutto”. Un ultimatum posto in maniera elegante, ma l’insoddisfazione del presidente per la situazione in generale è palese. Le colpe però non sono certo solo di Inzaghi e di chi l’ha preceduto.
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