Si sta parlando tanto in queste ore dell'esplosione di un nuovo caso Dia. E, stavolta, non c'è giustificazione che tenga: sei un dipendente, vieni lautamente retribuito, in questo campionato hai collezionato 5 in pagella e devi metterti a disposizione dell'allenatore. In qualunque ruolo e a prescindere dal minutaggio. Del resto è soltanto l'ultimo capitolo di una storia senza lieto fine e che sancisce il passaggio da beniamino del pubblico a fuori rosa.

Uno dei principali responsabili di questa situazione è indubbiamente De Sanctis. In estate era noto a tutti che l'attaccante volesse andar via da Salerno e rinunciare a proposte economiche interessanti senza tener conto di tanti fattori è stato uno sbaglio imperdonabile. Così come dichiarare quelle cose in conferenza stampa alla vigilia della trasferta di Lecce, con tanto di messaggio in inglese per quelle società che avevano presentato un'offerta ritenuta quasi offensiva rispetto al valore del giocatore e alle aspettative del club.

Sousa, per gettare acqua sul fuoco, si limitò a parlare di un problema fisico. De Sanctis, invece, non ha lavato i panni sporchi in famiglia esponendo Dia all'attacco della tifoseria e acuendo una frattura divenuta insanabile. E se poi gli permetti di restare a casa senza seguire la squadra in trasferta, la frittata è completa. O davvero si pensa di risolvere tutto con una multa, una sorta di palliativo per chi guadagna quelle cifre?

E De Sanctis resta uno dei principali responsabili di questo disastroso campionato disputato dalla Salernitana. Uno di quelli che, si spera, parlerà a fine stagione per fornire la sua versione dei fatti e spiegare - ad esempio - come si possa non prendere un solo difensore forte pur avendo la retroguardia più battuta del campionato precedente. Con Troost Ekong che intanto vince il premio di miglior difensore della coppa d'Africa.

E ancora: Sambia blindato con un quadriennale da oltre un milione di euro, un attacco formato da Ikwuemesi e Stewart che faticherebbe in categorie inferiori, appena cinque centrocampisti a disposizione, il mancato arrivo del vice Bradaric, le pregresse partenze di gente come Djuric, Verdi, Ruggeri e Ranieri che avrebbero fatto comodissimo alla Salernitana.

Per non parlare della gestione del caso Sousa, allenatore scelto in sostituzione di Nicola (col quale non c'è mai stato un grande feeling) e che era rimasto evidentemente controvoglia. Ecco, dopo l'incontro col Napoli sarebbe stato forse il caso di sbattere i pugni sul tavolo e capire che quella storia d'amore andasse chiusa, senza trascinarsi in ricordo di quel che di bello era stato. Niente di tutto questo, anzi botta e risposta a distanza tramite giornali e una Salernitana che ha affrontato il ritiro senza un solo volto nuovo, gente fuori rosa e amichevoli rinviate per assenza di giocatori.

Ci sono poi le ciliegine sulla torta: Bonazzoli girato a una diretta concorrente garantendo il pagamento di buona parte dello stipendio, Lovato arrivato per quelle cifre dall'Atalanta nell'ambito dell'affare Ederson, la frase sulla rosa "potenzialmente più forte dell'anno scorso" mentre l'allenatore invocava sette rinforzi di spessore. E Soulè? C'è di meglio! E quando Inzaghi va a Roma dal presidente senza ds e si viene, di fatto, esonerati post Napoli (a ottobre), evidentemente si è sbagliato tanto.

C'è chi parla di scarsa empatia con lo spogliatoio, che necessitava di un sergente di ferro. Chi ricorda che la società lo ha scavalcato in alcune occasioni (come accaduto con Bonazzoli e Mazzocchi, tanto per rinfrescare la memoria), parlando lingue differenti. Chi ricorda la conferenza post Sassuolo nella quale delegittimò l'allenatore. Quel che pesa, però, è soprattutto il pessimo mercato estivo condotto, quello invernale (Crnjgoi, Nicolussi Caviglia) e l'aver ritenuto che bastasse "l'ossatura" per garantirsi la salvezza.  Quella che, senza Sousa, avrebbe avuto difficoltà a salvarsi già l'anno prima.

Sezione: Primo Piano / Data: Dom 03 marzo 2024 alle 22:00
Autore: Gaetano Ferraiuolo
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