Salto indietro nel tempo agli anni del Vestuti: l’ospite dell’episodio 08 del podcast ufficiale della Salernitana è Vincenzo Leccese, calciatore (e poi anche capitano) granata dal 1980 al 1987!
Cosa è rimasto di quegli anni '80 in Serie C?
"La storia e le origini sono sempre da ricordare. Aver sfiorato la B e mantenuto sempre la categoria è sempre una base per chi poi è venuto dopo. Il Vestuti è un simbolo per me e per tantissimi salernitani che hanno occupato con affetto e passione, rimane un'istituzione perchè è nel cuore della città. Noi calciatori eravamo un tutt'uno con i tifosi e la gente, attraversavi la città e sentivi l'umore della tifoseria in modo diretto. Il calcio come tante altre cose è cambiato, non ci sono più i calciatori bandiera, sono pochissimi i presidenti come Ferlaino, Mantovani o Iapicca o i nostri Picentino-Troisi che avevano investito in prima persona con passione. Oggi il calcio è business, è una società per azioni. In determinati concetti come l'unione di squadra o la condivisone della città, una passione e un attaccamento sono positivi per il gruppo dei calciatori e possono essere importanti quando le cose non vanno bene. Forse sono cambiate queste cose e non è positivo per un gruppo".
La Salernitana attuale sta provando a fare qualcosa di simile con la partitina del giovedì davanti ai tifosi.
"È una situazione positiva per poter cementare ancora di più il tifo, la passione e il momento storico non positivo. Quando ci sono dei problemi tutti si uniscono per risolverli e portare risultati. È una cosa da apprezzare e condividere".
Ricorda l'unico gol segnato con la Salernitana?
"Forse era in casa, una partita di Coppa Italia di Serie C. All'epoca noi difensori e terzini avevamo come compito per il 70-80% quello di annullare l'avversario e quindi difendere. Erano rare le occasioni di portarsi in avanti. Le mansioni erano più difensive che offensive".
Angolo amarcord.
"Nell'anno con Marconcini in porta, il buon Del Favero che purtroppo non c'è più, era il campionato 81/82 fu fatto il record di imbattibilità. Eravamo la terza difesa tra tutte le categorie. C'era un atteggiamento tattico piuttosto accorto. Fin quando mantieni lo 0-0 e poi fai gol è sempre importante. Se inizi a subire poi devi rincorrere".
Cosa rappresenta la Salernitana?
"Sono apprezzato e ricordato dalla gente in modo affettuoso e importante. Nel mio paese ad Agropoli, tracciavo il campo, venire a Salerno ed esserne anche capitano per tanti anni, si provano tante emozioni e c'è anche una realizzazione al di là della categoria. Abbiamo sfiorato la B alcune volte ma essere ricordato con affetto e passione dalla gente dopo tantissimi anni vale forse più di una vittoria di un campionato senza entrare però nel cuore dei tifosi. La generosità, l'attaccamento e la passione erano mie caratteristiche e questo credo abbia superato la mancanza di una vittoria".
È stato allenato da Vincenzo Margiotta, cosa le chiedeva?
"Mi chiedeva di allenarmi innanzitutto perchè per motivi di famiglia non avevo molto tempo. Persona affettuosa e paterna, un campione. Ho conosciuto anche altri campioni di epoca moderna come Burgnich, persone umili e generose nel dare consigli".
Si parlava di bandiere, la Salernitana ha ritrovato Breda che non vuole essere ricordato per il passato da calciatore.
"Lo conosco, lo stimo e lo apprezzo. Aveva grandi capacità tecniche e professionali da calciatore. Nel suo piccolo, l'aver militato per tanti anni a Salerno con grandi risultati può incidere positivamente nell'approccio quando è sulla panchina della Salernitana. Certe figure possono essere importanti in una società quando si tratta di unire anche se l'aspetto tecnico resta primordiale".
Il momento o la partita che più ricorda?
"C'è una partita così e così che ci ha fatto rimanere in Serie C e poi un'altra importantissima che ci proiettava verso la B. La prima era a Terni, una gara che valeva una stagione, pareggiando ci siamo salvati e l'adrenalina era davvero forte. Poi c'è Salernitana-Arezzo con loro che erano al primo posto e noi alle spalle, abbiamo vinto 1-0 in uno stadio gremito e ci siamo proiettati verso la B. Due grandi emozioni anche se diverse".
È il momento della top 11.
"In modo affettivo, democratico e imparziale mi rifaccio ad una formazione della Salernitana degli anni '80. Era la squadra che finì al terzo posto, la migliore di quegli anni. In B andarono Arezzo e Campobasso, pareggiammo in casa proprio col Campobasso e stavamo vincendo 1-0, io ero squalificato e stavo dietro la porta quando segnarono il gol del pareggio e perdemmo la B. In difesa Di Fruscia e Del Favero, Marconcini in porta che fu una figura molto importante, a destra ci sono io e a sinistra Mattolini. Il modulo era il 4-4-2. A destra Chirco, in attacco Zaccaro, tra le linee Chiancone, Vulpiani e Di Venere come mezzali, l'altro centrocampista era Di Lucia. Non è la formazione ideale ma quella che ricordo perchè ci ha regalato e ha regalato l'emozione vera di poter sfiorare la vittoria del campionato. Il ritiro ora viene visto come una forma punitiva, noi invece aspettavamo proprio il sabato sera per andarci perchè era una festa. Ricordo alcuni aneddoti: dovevamo pesarci e c'era Di Venere, gli dicevano di togliersi l'orologio, lui lo toglieva e se lo teneva però in mano. Quando c'è unione e condivisione dentro e fuori dal campo è importante. Quando c'è un ritiro punitivo e non c'è unione nel gruppo, ritrovarsi faccia a faccia per tre giorni con alcune persone non aiuta".
Un ricordo e una dedica alla Salernitana.
"Auguro sempre il meglio alla Salernitana Calcio, che è stata e rimane il momento migliore e più importante della mia vita calcistica. In bocca al lupo alla Salernitana e a Breda".
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