Il cambio di allenatore nel calcio spesso e volentieri fornisce quella scossa tanto desiderata, consentendo ad una squadra in crisi di gioco e di risultati di ritrovare quasi d'incanto spirito e qualità tecniche per riemergere dal baratro. Tanto collaudata quanto abusata è la soluzione di fare pagare dazio al tecnico in caso di carenza di risultati, che, a volte, l'operazione viene definita come l'unica possibile, non potendosi cambiare in corso tutti i calciatori e non potendosi autoesonerare i presidenti. Gli allenatori lo sanno e lo accettano, a volte meglio e a volte peggio, consapevoli che faccia parte del gioco (del calcio), ma ogni regola ha le sue eccezioni. La Salernitana, purtroppo, rappresenta, nel torneo di serie A in corso, l'unica eccezione per l'appunto, quella in cui cambiare guida tecnica non ha prodotto benefici rilevanti né sul piano del gioco né su quello dei risultati. L'Empoli è rinato con il cambio da Zanetti ad Andreazzoli, l'usato garantito e sempre pronto all'uso di Corsi, mentre un altro cavallo di ritorno, Cioffi, ha risollevato le sorti dell'Udinese partito molto male con Sottil. Niente da fare per la Salernitana di Iervolino, dove Inzaghi, subentrato a Sousa, non ha sortito lo stesso ottimo effetto del cambio da Nicola allo stesso mister portoghese dello scorso anno.

La situazione a Salerno è ben diversa da quella di Empoli e di Udine, dove esistono modelli societari storicamente collaudati e vincenti, con organizzazione capillare nei vari ruoli chiave dei club, settori giovanili e area scouting di comprovata competenza ed efficacia. In una struttura buona puoi pensare di sostituire una pedina importante, ma singola, come quella del trainer, specie laddove si riscontri che qualcosa si sia rotto a livello di rapporti con lo spogliatoio e i senatori in modo particolare. Ma chi può e deve analizzare con cura e scrupolo i motivi che possono stare dietro una grave carenza di risultati? La risposta è semplice: uomini di calcio, che mastichino le dinamiche complesse di uno spogliatoio e sappiano leggerne segnali e criticità, avendo la fermezza di prendere provvedimenti e decisioni finali, di quelle che incidono nel bene o nel male sul destino stagionale di una società. La Salernitana difetta di uomini di calcio che "capiscano di pallone", non lo si può chiedere a Iervolino e a Milan, lo si dovrebbe pretendere da De Sanctis forse, ma un direttore alle prime armi e con limiti di personalità e di conoscenze non può essere all'altezza del compito. Una cosa è farlo quando tutto gira per il meglio e i risultati cementano e coprono tutto, un'altra è riuscirci nelle difficoltà e laddove occorre raddrizzare il timone nel modo corretto. 

La Bersagliera paga questa carenza e l'incomprensibile rinuncia ad un dg o un ds di livello ed esperienza, ed all'errare si sarebbe aggiunto il perseverare, non provvedendo a tutt'oggi a tale ingaggio! Detto di questa grave lacuna di organigramma, anche altri settori importanti come la comunicazione difettano sensibilmente, basti guardare all'area comunicazione dell'ultima avversaria, il Sassuolo, dove sono ben sei gli addetti che lo curano e seguono meticolosamente. In generale dalle parti dell'Arechi si pecca in professionalità ed organizzazione dell'area sportiva e dell'area comunicazione e fatta eccezione per il top player Maurizio Milan, non parrebbero esservi professionisti di spessore all'altezza di ruoli e compiti. Ad assistere dall'esterno alle prestazioni sportive dei granata campani sorgono legittimi dubbi sul reale impatto positivo di mister Inzaghi sul gruppo squadra e sull'ambiente tutto, con senatori quali Candreva, Dia, Coulibaly e Gyomber che non stanno rendendo come potrebbero e che non paiono più di tanto coinvolti né coinvolgenti. Al di là dei singoli il gruppo appare frammentato in tanti sottogruppi, con tanti calciatori che parrebbero più attenti agli interessi individuali che a quelli della Salernitana che paga loro lo stipendio. Ma chi può dire se davvero è come ci appare o se le cause sono altre, come la scarsa concentrazione o la scarsa professionalità o semplicemente l'essere troppo scarsi in diversi elementi (che tra l'altro sono per gran parte gli stessi della scorsa rosa che fu autore di un grande girone di ritorno)? Lo può dire un vero uomo di calcio, che non si intravede ad oggi nella Salernitana.

Detto questo i principali responsabili sono e restano i calciatori della rosa e non devono leggersi come alibi per loro le considerazioni sopra esposte. I giocatori vanno in campo ed hanno il dovere di fare molto di più e meglio. A pensarci bene, però, forse un uomo di calcio o un maestro, se si preferisce, nel club di via Allende vi era e rispondeva al nome di Paulo Sousa, il quale, sebbene passibile di cartellino giallo per la vicenda Napoli, ha effettuato una pura e semplice operazione verità, facendo suonare inascoltati campanelli di allarme. Sarebbe il caso di richiamare al timone il trainer di Viseu ancora a lauto libro paga? Non è facile dirlo, bisognerebbe conoscere a fondo il rapporto con i calciatori, mentre quello con ds e società ha ben poco di misterioso e parrebbe del tutto ostativo verso questo possibile ritorno in sella del lusitano. In ogni caso questa non sarebbe una decisione che deve prendere Iervolino e men che meno Milan o de Sanctis, spetterebbe invece ad un uomo di calcio vero, ma qui si chiude il cerchio e si ritorna al principio, alla madre di tutti i problemi della Salernitana 2023/24! 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 15 novembre 2023 alle 00:00
Autore: Raffaella Sergio
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