Dopo la firma del contratto di Daniele Faggiano che lo lega alla Salernitana per i prossimi due anni, viene spontaneo chiedersi se nella cartellina che gli è stata consegnata dalla società ci siano anche le stesse "regole di ingaggio" imposte ai suoi predecessori. Perché se è vero che la storia insegna, è altrettanto vero che a Salerno sembra regnare una preoccupante amnesia selettiva.

Il déjà vu di Via Allende

Riavvolgiamo il nastro: giugno 2024, Gianluca Petrachi accetta l'incarico granata con l'entusiasmo di chi pensa di poter fare la differenza. Le premesse sembravano buone, l'esperienza non mancava. Poi, puntuale come un orologio svizzero, arrivano i vincoli: prima vendere, poi comprare. Ogni tre calciatori ceduti, uno acquistato. Prestiti e svincolati come mantra quotidiano. Il risultato? Petrachi stesso ammetteva a novembre: "Mi piacerebbe però a gennaio inserire calciatori senza far conto con i vincoli", in una dichiarazione che suonava più come un grido di aiuto che come una strategia di mercato.

L'epilogo era già scritto: retrocessione in Serie C, l'ennesima caduta libera di una società che sembra non voler mai imparare dai propri errori. Prima fu il turno di De Sanctis e del secondo Sabatini, poi di Petrachi. Stessi vincoli, stesso copione, stessa accettazione, stesso finale amaro.

L'Eredità avvelenata della Salernitana

Oggi Faggiano si ritrova tra le mani un'eredità che definire "complicata" sarebbe un eufemismo. Quattordici calciatori ancora a libro paga, reduci da prestazioni tutt'altro che memorabili e con stipendi che farebbero impallidire un nababbo persiano. Guardiamo i numeri: Giulio Maggiore a 1.930,00 l'anno, Reine-Adélaïde oltre il milione, per non parlare di Sepe, Bradaric, Sambia e compagnia cantante, con un monte ingaggi che sfonda i 26 milioni di euro (se volete approfondire potete consultare gli stipendi dei nostri eroi su: salarysport.com e capology.com ).

Il paradosso è che Petrachi, nel suo primo mercato, era riuscito nell'impresa di "dirottare altrove" questi costi faraonici. Ma come i boomerang, sono tutti tornati alla base. E ora sono lì, come trofei di guerra di una gestione che ha fatto della parsimonia il proprio vessillo, salvo poi ritrovarsi con un monte ingaggi da Serie A per una squadra di Serie C.

Il coefficiente di difficoltà

Se l'anno scorso Petrachi doveva lavorare con le mani legate, quest'anno Faggiano si ritrova in una situazione ancora più grottesca. Non solo deve rispettare i soliti vincoli economici, ma deve anche trovare il modo di liberarsi di calciatori che, visti i loro stipendi e le loro ultime performance, nessuno vuole. Svincolarli costerebbe "un occhio della testa", tenerli sarebbe un suicidio sportivo ed economico.

Tra speranza e rassegnazione

Se è vero che le regole del calcio moderno impongono sostenibilità e oculatezza, è altrettanto vero che certi vincoli diventano cappi al collo quando sono troppo stringenti. Faggiano ha esperienza da vendere e la reputazione di chi sa muoversi anche in acque agitate. Ma anche lui, come i suoi predecessori, dovrà fare i conti con la geometria variabile delle promesse estive e la rigidità invernale dei bilanci.

Il nuovo direttore sportivo granata ha alle spalle una carriera di tutto rispetto: Dopo l'esperienza maturata anche in categorie superiori con Siena, Trapani, Palermo, Parma, Genoa, Sampdoria, Catania, conosce bene i meccanismi del calcio che conta. Ma la Salernitana di oggi rappresenta forse la sfida più difficile della sua carriera: ricostruire dalle macerie di una retrocessione umiliante, con un budget limitato e una rosa da smantellare completamente.

La verità dalle prime mosse: Il tempo è scaduto

La risposta arriverà presto, molto presto. Iniziare l'ennesimo precampionato senza una squadra degna di questo nome sarebbe il preludio di un altro campionato di sofferenza, stavolta in Serie C. I tifosi granata, già provati da anni di montagne russe emotive, non meritano un bis mortificante come quello dell'ultimo biennio.

Se rimarrà In C o in B lo si vedrà al termine dell'iter giudiziario che la società ha intrapreso, ma che difficilmente produrrà frutti. Se sarà terza serie, il team di Iervolino, che per ragioni geografiche dovrebbe militare nel girone C, per motivi di ordine pubblico chiederà di essere inserito nel girone B. Se ne saprà di più già l'8 luglio. La Lega potrebbe essere tentata di accettare la richiesta a parziale compensazione del danno inferto con la vicenda del rinvio e successiva modifica in corso dei playout.

Anche la collocazione geografica diventa un problema: da una parte il girone C per vicinanza territoriale, dall'altra il girone B per motivi di ordine pubblico. Perfino il sorteggio dei gironi si trasforma in un'odissea burocratica per una società che sembra destinata a complicarsi la vita anche nelle questioni più semplici.

La speranza dei tifosi è che stavolta Iervolino abbia davvero imparato la lezione: continuare a legare le mani ai propri uomini mercato equivale a pretendere di vincere una partita a scacchi muovendo solo i pedoni. Il patron ha dimostrato di saper fare impresa, ora deve dimostrare di saper fare calcio. Perché se è vero che l'ottimismo della volontà deve sempre fare i conti con il pessimismo della ragione, è altrettanto vero che in certi casi il risparmio si trasforma in spreco. E a Salerno, di lezioni amare pagate a caro prezzo, la bacheca è già fin troppo piena.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 04 luglio 2025 alle 00:00
Autore: Giovanni Santaniello
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