Lungi da noi spezzare lance a favore di qualcuno: chi ci legge sa che, anche a costo di risultare impopolari o in controtendenza, abbiamo sempre detto quello che pensavamo senza dar peso ai commenti sui social. Per il bene della Salernitana, non certo per accaparrarci like. E così nessuno penserà a una difesa d'ufficio nei confronti di Iervolino se affermiamo che oggi, pur con una rosa ancora incompleta e una classifica che non ci fa dormire sonni tranquilli, percepiamo che qualcosa stia effettivamente cambiando. Nessun entusiasmo nè colpo di spugna su quanto accaduto in quest'anno e mezzo obiettivamente disastroso e ricco di errori anche clamorosi, ma aver preso sette calciatori (quasi tutti italiani e conoscitori della categoria), un allenatore bravo e conoscitore della piazza come Breda, un direttore sportivo serio e con tanti agganci nel mondo del calcio, esonerando chi aveva commesso tanti errori in estate è comunque un piccolo passo in avanti, abbinato all'ottima iniziativa promozionale per la gara di domani e al no a alla cessione della società pur a cospetto di offerte concrete e rese pubbliche forse anche frettolosamente. Per stessa ammissione dei diretti interessati.
Intendiamoci: Iervolino resta l'artefice principale di questo ridimensionamento totale, non ha mantenuto tante promesse, ha portato in B la Salernitana con un'annata mortificante, l’ha ridotta all'ultimo posto in cadetteria dopo un'estate senza colpi di mercato pur con 25 milioni di euro di paracadute a disposizione ed è incomprensibile il suo distacco dalla piazza e dalla stampa locale che lo hanno accolto trionfalmente ancor prima di vederlo all'opera. Tuttavia, considerando la penuria di imprenditori realmente interessati a rilevare la Salernitana, il disinteresse della classe politica e le risorse che il patron ha a disposizione, pensare che il suo addio possa risolvere i problemi sarebbe eccessivo. Perchè basterebbe ritrovasse la metà dell'entusiasmo originario per trasformare l'insofferenza attuale in quello scatto d'orgoglio che, a detta di Breda, c'è già stato. Quell'entusiasmo perso anche a causa di qualche suo ex tesserato e dipendente che gli ha fatto buttare milioni e milioni di euro dalla finestra per calciatori modesti e del tutto inadeguati alla nostra serie A e al calcio italiano. In alcuni casi dirigenti ancora esaltati da una parte della tifoseria che, troppo spesso, palesa pregiudizi e incapacità di analizzare la situazione sulla base di dati oggettivi.
Ciò detto riteniamo sia comunque ingiusto attaccare chi ha deciso di non esserci domani. Oggi, sia chiaro, c'è bisogno anche dell'occasionale per arrivare alla salvezza e sappiamo benissimo quante partite, nella storia, siano state vinte grazie all'apporto del pubblico. Ma, al netto dei prezzi stracciati e degli omaggi per i giovani, non si respira nell'aria quel clima che solo Salerno e provincia sanno creare nei momenti topici. Tanta, troppa la delusione del popolo salernitano, quello che a Piazza della Concordia toccava il cielo con un dito ed era convinto di essere finalmente entrato in una nuova dimensione dopo decenni sui campetti sterrati della serie C. Cavani, Mertens, la salvezza del 7%, la vittoria all'Olimpico, la festa scudetto rinviata ai rivali del Napoli, Dia che ammutolisce San Siro, Candreva che fa impazzire la difesa della Roma, gli ultimi 30 secondi del match interno con l'Udinese dopo la gara d'andata vinta con Verdi al 95'. Sembrava un sogno, una favola. Pare sia passata una vita. Ora, però, c'è da salvare la categoria e Salerno ha l'obbligo di scendere in campo: non vincere oggi sarebbe deleterio, forse non abbiamo capito quanto sarebbe sportivamente parlando drammatico retrocedere per il secondo anno di fila e tornare a giocare i derby con Cavese e Casertana.
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