“Il nostro sogno è quello di vedere in prima squadra alcuni prodotti del nostro settore giovanile. Stiamo parlando di un territorio ricco di talenti e di persone che sarebbero felicissime di indossare la maglia della loro squadra del cuore. Al centro del progetto c’è il vivaio” disse il presidente Marco Mezzaroma qualche tempo fa, una sorta di atto dovuto poiché nel bando pubblico emesso dal Comune nel 2011 si chiedeva ufficialmente alla società subentrante di investire risorse sul settore giovanile valorizzando i ragazzi del territorio senza disperdere il buon lavoro fatto in merito da Aniello Aliberti e Antonio Lombardi. Non sono i risultati sportivi quelli che contano: si può finire primi, sesti o ultimi, l’importante è far crescere in casa i titolari del domani. Ad oggi il piatto piange e, sotto questo aspetto, ci sarebbero davvero tanti interrogativi da porsi. Come è possibile che una realtà come Salerno, che ha lanciato calciatori che ancora oggi giocano nei massimi campionati italiani e stranieri (Villar, Molinaro, D’Ambrosio…tanto per citare i più recenti) e che aveva una fitta rete di osservatori non abbia prodotto, nemmeno nelle categorie inferiori, un solo calciatore davvero di prospettiva? Qualche nome c’era stato, ma dei vari Patella, Sabbato, Nappo, Gaeta, Cappiello Martiniello e Milani si sono perse le tracce. Altri sono stati persi e stanno facendo bene in serie C (vedi Garofalo), altri ancora hanno preferito prendere strade diverse dopo prestiti su prestiti senza mai vedere sbocchi con la maglia granata. Si sono avvicendati in panchina anche tanti allenatori, alcuni senza grossa esperienza alle spalle. Di chi è la responsabilità? Non c’è più l’alibi delle strutture, ma purtroppo il legame con la Lazio non aiuta sotto questo aspetto .Il caso Novella è quello più recente e fece infuriare la tifoseria. Seguito per mesi da Colantuono e Ventura (non gli ultimi arrivati), chiamato in causa qualche volta in serie B e stimato dagli osservatori di mezza Italia, il terzino è stato preso a titolo definitivo proprio dai biancocelesti. Poi se rendono restano lì, se non convincono (come il portiere De Matteis) tornano a Salerno. Se la passione si sta perdendo è anche per la mancata volontà di investire su tanti ragazzi tifosi della Salernitana che vorrebbero amare la propria squadra ed essere protagonisti in campo. E, guardando l’ultimo posto della Primavera, difficilmente un salernitano avrebbe fatto peggio. Se, però, alcuni vanno addirittura via e spadroneggiano nella Juventus (Pisapia, a 18 anni, incanta con la Primavera ma partì dai Piccoli Granata di Lombardi nel 2009) mentre qui si dà preferenza ai laziali non ci saranno margini di crescita e le belle parole della proprietà sono destinate a restare tali. Il direttore sportivo Angelo Fabiani, responsabile del settore giovanile, dovrebbe spiegare ai tifosi (arrabbiati anche per questo) da cosa scaturisca questo clamoroso autogol. A Roma vediamo una organizzazione completamente diversa, a Salerno c’è la stessa società con risultati purtroppo disastrosi. Perché non coinvolgere professionisti del territorio che hanno visto giovani per decenni? Ci viene in mente il professor Gaetano Zeoli, tanto per fare un esempio, ma ci sono anche tanti ragazzi competenti che potrebbero ampliare lo staff contribuendo ad una crescita fondamentale anche in prospettiva futura. Al posto di dilapidare milioni con triennali a calciatori a fine carriera e poi finiti puntualmente fuori rosa si poteva davvero fare un grande lavoro con i giovani. Un progetto che punta alla A non prescinde dalle basi. E senza vivaio non c’è futuro.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 24 febbraio 2021 alle 13:38
Autore: Luca Esposito / Twitter: @lucesp75
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