Tanto tuonò che piovve. Non c'è soddisfazione nel dire "lo avevamo detto", ve lo assicuriamo. Chi vi scrive ama visceralmente la Salernitana e avrebbe tanto voluto sbagliarsi ed essere categoricamente smentito dai risultati. Purtroppo, invece, stiamo commentando una sconfitta frutto non solo della palese superiorità di un avversario ostico - e fortunato - come il Torino ma anche della politica del risparmio attuata durante l'ultima sessione di mercato. Intendiamoci: Cabral è giocatore vero, Martegani ha tutto per diventarlo, Ikwuemesi ha fatto intravedere qualcosa di interessante e non conosciamo ancora Tchaouna e Legowski per esprimere un giudizio attendibile, ma tante scommesse a costo quasi zero andavano obbligatoriamente affiancate da gente d'esperienza. Troppo repentino il passaggio da sogno europeo ad autofinanziamento, troppo drastico il taglio del budget a disposizione di un direttore sportivo che ha qualità indiscusse ma che avrebbe dovuto prendere un difensore centrale forte nel gioco aereo. Quando si prende come modello la scorsa stagione non si può non ripartire dal primo dato che balza all'occhio: sessanta reti subite, molte su palla inattiva. E sarebbero state il doppio senza san Memo tra i pali.
E allora come è possibile ripartire dalla stessa retroguardia, tra l'altro con Fazio sul viale del tramonto e Bronn bocciato dal mister? Incredibile. Così come è inammissibile non ci sia un vice Bradaric dall'addio di quel Ranieri che oggi giganteggia a Firenze e che sarebbe tornato a piedi senza il no del ds. E davanti? Questo Botheim, non ce ne voglia, faticherebbe anche in cadetteria, gli altri sono punti interrogativi in attesa di vedere con quale testa Dia si sia rimesso a disposizione. La diagnosi dei dottori non lascia spazio a interpretazioni: non c'è nessuna lesione, qualcuno in Senegal ha commesso qualche errore. Cosa ci sia alla base di questa contraddizione lo lasciamo dire ai tifosi, in tanti si sono fatti la stessa idea e speriamo soltanto che ci sia sempre la buona fede a guidare le azioni di ciascuno. Di certo c'è che c'è bisogno come il pane di lui e che zero gol nelle due gare senza il centravanti certificano che, al terzo anno di A, la Salernitana dipende da due-tre, forse quattro giocatori. Ed è grave. La famosa ossatura diventa un palazzo con basi poco solide se mancano i suoi pilastri. E il tandem Dia-Lassana è mezza squadra, assenze che pesano ancora di più se, ad ora, pure Gyomber e Ochoa non sembrano performanti come pochi mesi fa. C'è poi il nodo allenatore. L'anno scorso Paulo Sousa è stato decisivo, bravissimo, incisivo, fondamentale. Quella squadra, oggi tanto osannata, con Nicola era destinata ad un lento declino. Il mister portioghese fu bravissimo a entrare nella testa dei giocatori, a motivarli, a trasformare una rosa discreta in una Salernitana quasi imbattibile che giganteggiava all'Olimpico, a San Siro e al Maradona.
Oggi è troppo evidente che l'allenatore sia cambiato, sia diverso. Se a giugno vuoi andare via e poi in conferenza sminuisci i nuovi e prevedi una falsa partenza, è inevitabile che la squadra non diventi mai gruppo, perda la propria anima e non ti segua come prima. Sousa torni ad essere Sousa, altrimenti il trascinarsi in attesa di un esonero sarebbe deleterio per la Salernitana e farebbe perdere punti già fondamentali pur essendo solo all'inizio. Ora Frosinone ed Empoli, due avversarie abbondantemente alla portata. Sei punti d'oro per risalire la china, per affrontare l'Inter in totale serenità e poi giocarsela a Monza. Siamo certi che l'Arechi darà una mano e che i ciociari, pur partiti alla grande, siano inferiori alla Bersagliera. Ma l'aspetto tecnico sarà prevalente se rivedremo l'animus pugnandi tipico del macte animo granata. Oggi i calciatori sono spenti, le esultanze sono fredde, ci sono pochissimi leader che trascinano, non si protesta dinanzi a palesi torti arbitrali e l'atteggiamento è passivo e strafottente. Ma c'è tempo per tornare a ruggire insieme ai 15mila fedelissimi dell'Arechi. C'è tempo per raddrizzare una nave partita in acque agitate ma che deve assolutamente ritrovare la rotta per gettare l'ancora nel campionato di A e restarci più a lungo possibile.
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